in tema di gare di appalto pubblico, anche se all'istituto dell'avvalimento deve ormai essere riconosciuta portata generale, resta salva, tuttavia, l'infungibilità dei requisiti ex artt. 38 e 39 del codice dei contratti, in quanto requisiti di tipo soggettivo, intrinsecamente legati al soggetto e alla sua idoneità a porsi come valido e affidabile contraente per l'Amministrazione.
Si deve, infatti, rilevare che l’avvalimento, istituto di iniziale elaborazione della giurisprudenza comunitaria (sentenza Ballast Nedam Groep I, ricavata dall'interpretazione dell'art. 26, lett. e, direttiva n. 71/305/CEE, nonché C. Giust. CE, sez. V, 14 aprile 1994, C-389/92, C. giust. CE, sez. III, 18 dicembre 1997, C-5/97 e C. Giust. CE, sez. V, 2 dicembre 1999, C-176/98, Holst Italia S.p.A. c. Comune di Cagliari), è fondato sulla necessità di potenziare la libertà di concorrenza delle imprese, essendo lo stesso funzionale a rimuovere ogni ostacolo al suo libero esercizio in ambito Comunitario e idoneo a garantire la massima partecipazione alle procedure di gara e, nel contempo, la par condicio dei concorrenti.
La disciplina dell'art. 49 del Codice Appalti, in coerenza con la giurisprudenza e la normativa comunitaria, non pone alcuna limitazione all'avvalimento, stabilendo che un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi, purché vi sia, in positivo, un’adeguata prova della disponibilità dei requisiti prestati, dimostrando all’Amministrazione aggiudicatrice che l’impresa concorrente disporrà dei mezzi necessari.
Fanno eccezione a questa portata generale dell’istituto i requisiti strettamente personali, come quelli di carattere generale ai sensi dell’art. 38 del Codice appalti (cd. requisiti di idoneità morale), così come quelli soggettivi di carattere personale, individuati nell’art. 39 del medesimo Codice (cd. requisiti professionali).
Tali requisiti, infatti, non sono attinenti all’impresa e ai mezzi di cui essa dispone e non sono intesi a garantire l’obiettiva qualità dell'adempimento; essi, invece, sono relativi alla mera e soggettiva idoneità (professionale) del concorrente (quindi non dell’impresa ma dell’imprenditore) a partecipare alla gara d’appalto e ad essere, quindi, contraente con la Pubblica Amministrazione.
Pertanto, secondo il Collegio, è per una ragione logica, prima ancora che giuridica, che devono ritenersi insuscettibili di avvalimento i requisiti di cui agli artt. 38 e 39 del Codice degli appalti, trattandosi, si ribadisce, di requisiti di onorabilità, moralità e professionalità intrinsecamente legati al soggetto concorrente alla gara e alla sua idoneità a porsi come valido e affidabile contraente per l'Amministrazione.
Peraltro, osserva il Collegio, poiché nell’avvalimento l’operazione economica complessiva si compone di un contratto tra impresa ausiliata ed impresa ausiliaria, di una dichiarazione di impegno dell’impresa ausiliaria e di un contratto di appalto, manifestandosi, dunque, quale collegamento negoziale composto da un susseguirsi di schemi contrattuali inscindibilmente connessi, è evidente che l’oggetto dell’impegno negoziale dell’impresa ausiliata con cui essa trasferisce il requisito mancante in capo all’impresa partecipante, deve essere non solo lecito e determinato (o determinabile), ma anche possibile ex art. 1346 c.c.
In presenza di requisiti strettamente personali, dunque, l’oggetto di un eventuale contratto di avvalimento non può ritenersi giuridicamente possibile, in quanto non deducibile quale prestazione ai sensi degli art. 1173 e 1321 c.c.
Il Collegio osserva, peraltro, che in astratto gli schemi contrattuali che compongono l’operazione economica delineata dal citato art. 49 possono avere ad oggetto sia requisiti materiali (mezzi, attrezzature, forza lavoro), sia requisiti immateriali (capacità economica-finanziaria, fatturato, attestazione SOA e, secondo un filone prevalente nella giurisprudenza di questo Consiglio, anche le certificazioni di qualità).
Nell’ipotesi di conferimento di requisiti materiali l’impresa avvalsa si priva (nei limiti delle prestazioni necessarie ad eseguire il contratto da affidare con gara) effettivamente dei mezzi prestati a favore dell’impresa concorrente; nell’ipotesi, invece, in cui si conferiscano (rectius: si prestino) requisiti immateriali si dovrà comunque confezionare un contratto idoneo a determinare una sorta di “traditio simbolica” di tali requisiti dall’impresa ausiliaria a quella ausiliata partecipante alla gara d’appalto (ad es., ricorrendo all’affitto di azienda o di ramo di azienda).
Il tratto comune è rappresentato, come detto, dal fatto che il prestito dei requisiti riguarda i requisiti dell’impresa e non quelli dell’imprenditore, che sono insuscettibili di trasferimento anche in forma simbolica, trattandosi di requisiti soggettivamente indefettibili di cui il possessore non può, neppure in modo circostanziato e eposodico, privarsi e, di conseguenza, non possono nemmeno essere dedotti quali oggetto di “possibile” prestazione contrattuale, come si deve ribadire.
Peraltro, si deve aggiungere ad abundantiam che anche il d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione e attuazione del Codice dei contratti pubblici) conferma tale interpretazione: l’art. 88, comma 5, dedicato al contratto di avvalimento in gara e alla qualificazione mediante avvalimento, prevede espressamente, infatti, che l’impresa ausiliata per conseguire la qualificazione di cui all’art. 50 del codice, deve possedere i requisiti di cui all’art. 78 in proprio.
I requisiti di cui all’art. 78 che l’impresa deve possedere in proprio sono i requisiti d’ordine generale che, ai sensi del comma 1 del predetto articolo, sono quelli previsti dagli articoli 38, comma 1, e 39 commi 1 e 2, del Codice appalti.
a cura di Sonia Lazzini
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