ogni danno che sia conseguenza immediata e diretta della violazione di norme in tema di appalti pubblici puo’, per ciò solo, definirsi ingiusto e, come tale, meritevole di adeguato ristoro
L’ordinamento comunitario dimostra che ciò che rileva é l’ingiustizia del danno e non l’elemento della colpevolezza; ciò determina ipso facto la creazione di un diritto amministrativo comune a tutti gli Stati membri nel quale i principi che si elaborano a livello comunitario, in applicazione dei Trattati, trovano humus negli ordinamenti interni, e costituiscono una sorta di sussunzione unificante di regole riscontrabili in tali ordinamenti.
In questo processo di astrazione è inevitabile che i principi di diritto interno vengano sostituiti da principi caratterizzati da più larga acquisizione, poiché il ravvicinamento e l'armonizzazione normativa premia il principio maggiormente condiviso, come è quello della responsabilità piena della P.A. senza aree di franchigia.
Peraltro, l'assenza, nella disciplina comunitaria degli appalti, di qualsivoglia riferimento ad un'indagine in ordine all'elemento soggettivo della responsabilità, lungi dall'essere una dimenticanza, si spiega ponendo mente al fatto che, di norma, la via del risarcimento per equivalente viene percorsa qualora risulti preclusa quella della tutela in forma specifica; la reintegrazione in forma specifica rappresenta, peraltro, in ambito amministrativo l'obiettivo tendenzialmente primario da perseguire e il risarcimento per equivalente costituisce invece una misura residuale, di norma subordinata all'impossibilità parziale o totale di giungere alla correzione del potere amministrativo, come dimostra, d’altra parte, anche la vicenda giurisprudenziale e normativa relativa alla dichiarazione di inefficacia del contratto d’appalto, come da ultimo risolta per effetto del d. lgs. n. 53-2010, le cui previsioni sono confluite nel Codice del processo amministrativo agli artt. 121 e ss.
In tal modo, dunque, il ricorrente che non ottiene direttamente il bene della vita a cui aspira, ossia la riedizione della gara o l'aggiudicazione definiva può aspirare alla monetizzazione del pregiudizio subito; se, tuttavia, anche tale ultima via di ristoro venisse resa impraticabile o assolutamente impervia, il privato rischierebbe di restare sprovvisto di qualsiasi forma di tutela.
Quanto prefigurato è esattamente ciò che accade qualora una normativa nazionale subordini il risarcimento del danno al positivo riscontro della colpa della stazione appaltante.
D’altra parte, anche in applicazione del metodo della natura delle cose, proposto da autorevole dottrina come criterio di armonizzazione comunitaria nella disciplina sugli appalti, è la normativa sulla responsabilità che deve modellarsi sulla natura della cosa, nel caso sull'esistenza del danno, non è la normativa che può individuare i presupposti per la risarcibilità del danno, poiché è il danno, come fattore oggettivamente esistente, infatti, che deve legittimare il risarcimento; ciò porta a ritenere che ogni danno che sia conseguenza immediata e diretta della violazione di norme in tema di appalti pubblici possa, per ciò solo, definirsi ingiusto e, come tale, meritevole di adeguato ristoro.
a cura di Sonia Lazzini
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