La cosiddetta associazione per cooptazione è essenzialmente finalizzata a consentire l’ingresso nel mercato degli appalti pubblici di soggetti di modeste dimensioni e costituisce pur sempre, dal punto di vista strutturale e formale, una peculiare figura di associazione temporanea di imprese (cfr., in questo senso, Cons. Stato, sez. VI, 18 settembre 2009 n. 5626).
L’impresa cooptata, una volta designata nella fase dell’offerta (ed in ciò risiede la più evidente differenza con l’istituto del subappalto, nel quale viceversa il concorrente non è tenuto ad indicare preventivamente l’identità del subappaltatore), diviene parte integrante del raggruppamento temporaneo d’imprese, anche ai fini dell’assolvimento degli oneri di compilazione dell’offerta imposti dal bando di gara e dell’assoggettamento alla verifica del possesso dei requisiti morali di cui all’art. 38 del Codice.
In questo senso depone la stessa formulazione letterale dell’art. 95 del D.P.R. n. 554 del 1999 (oggi, dell’art. 92 del D.P.R. n. 207 del 2010), che con la locuzione “associare altre imprese” ovvero “raggruppare altre imprese” delinea una vicenda di tipo associativo, che si perfeziona fin dal momento della presentazione dell’offerta, rispetto alla quale non può ritenersi che l’impresa cooptata rimanga estranea alla stregua di un’impresa subappaltatrice.
Si è osservato, al riguardo, che la fattispecie è caratterizzata dai seguenti elementi:
- il soggetto associante (impresa singola o a.t.i.), che deve avere di per sé tutti i requisiti e le qualificazioni necessarie a concorrere;
- l’impresa associata minore (cooptata), che può possedere una qualificazione anche per categorie e classifiche diverse da quelle richieste dal bando;
- la necessità che i lavori eseguiti dalla cooptata non superino il 20% dell’importo complessivo dell’appalto;
- l’obbligo, per la cooptata, di coprire con le classifiche relative alle qualificazioni possedute l’intero importo dei lavori che essa eseguirà.
Tale regime, rimasto sostanzialmente invariato con l’entrata in vigore dell’art. 92 del D.P.R. n. 207 del 2010, costituisce un’eccezione alla disciplina dettata per le a.t.i. di tipo orizzontale e verticale solo relativamente al possesso dei requisisti speciali di qualificazione, ma non consente di derogare alla necessaria verifica in capo alla cooptata del possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38 del Codice.
Che la cooptata debba soddisfare tutti i requisiti soggettivi elencati dal citato art. 38, del resto, discende anche dal fatto che deve trattarsi di impresa in possesso della qualificazione SOA, benché riferita a categorie e classifiche diverse, qualificazione che nel nostro ordinamento presuppone come è noto, ai sensi dell’art. 40, terzo comma, del Codice, il possesso dei requisiti di carattere generale, tra i quali vi è senza dubbio la regolarità contributiva accertata tramite il d.u.r.c. (sul possesso dei requisiti generali da parte dell’impresa cooptata: A.V.C.P., parere n. 27 del 22 luglio 2010, ove si conclude in modo condivisibile nel senso che l’accertamento di irregolarità contributive gravi e definitive a carico dell’impresa cooptata produce la conseguenza dell’esclusione dell’intero raggruppamento temporaneo d’imprese).
Non convince, in proposito, la tesi contraria di parte ricorrente, che richiama precedenti giurisprudenziali apparentemente difformi, nei quali in realtà è stato affrontato il diverso problema della concreta qualificazione dell’accordo concluso tra le imprese partecipanti (è la questione affrontata da Cons. Stato, sez. V, 16 settembre 2011 n. 5187, nonché da Cons. Stato, sez. VI, 13 gennaio 2012 n. 11: in entrambe, le affermazioni di portata generale sull’istituto della cooptazione assumono, a ben vedere, il carattere di “obiter dicta” rispetto alla questione della qualificazione giuridica da attribuire alla forma di partecipazione alla gara dei concorrenti risultati aggiudicatari, in difetto di apposita ed espressa dichiarazione di cooptazione), senza risolvere la questione che qui viene in rilievo, riguardante il necessario possesso da parte dell’impresa cooptata dei requisiti morali di affidabilità ai sensi dell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, pena la mancata ammissione dell’intero raggruppamento.
Discende da quanto detto che il disciplinare di gara, correttamente interpretato secondo la sua formulazione testuale ed alla luce dei principi in materia di cooptazione negli appalti pubblici di lavori, obbligava anche l’impresa cooptata, a pena d’esclusione, a dichiarare il rispetto degli obblighi previdenziali ed assicurativi ed a dimostrare, per tutto il corso della procedura ed ai fini della stipula del contratto, l’assenza di inadempimenti gravi e definitivi
Non avendo a ciò ottemperato la ALFA s.p.a., la stazione appaltante ha legittimamente escluso l’a.t.i. ricorrente.
L’infondatezza degli esaminati motivi di impugnazione e la legittimità del provvedimento di esclusione comporta, quale conseguenza, che vanno respinte tutte le ulteriori domande di annullamento (escussione della cauzione provvisoria, segnalazione all’Autorità di vigilanza, aggiudicazione all’a.t.i. seconda classificata) e la domanda risarcitoria
a cura di Sonia Lazzini
Nessun commento:
Posta un commento