mercoledì 5 settembre 2012

non costituisce un diritto fondamentale della persona quello al godimento del tempo libero.

Assai originale – e in qualche modo nuova – è la sentenza 27 aprile 2011, n. 9422 (rv. 6179980), nella quale la Terza Sezione Civile ha stabilito che non costituisce un diritto fondamentale della persona quello al godimento del tempo libero.
Il caso che ha dato luogo alla pronuncia non è di grande rilevanza da un punto di vista economico, ma pure è significativo della concretezza dei problemi con i quali si misura la domanda di giustizia dei cittadini: si trattava, infatti, di una domanda di risarcimento danni proposta da un privato nei confronti della società Telecom per l’illegittima sospensione di linee telefoniche urbane per la durata di due giorni. Tanto il tribunale quanto la corte d’appello avevano accolto la domanda risarcitoria conseguente al riconoscimento dell’illegittimità della sospensione, ma senza riconoscere «il preteso danno per perdita del tempo libero». Dal complesso della motivazione si deduce che l’ulteriore domanda risarcitoria (respinta) si fondava sul presunto danno conseguente al tempo trascorso nello svolgimento delle pratiche burocratiche necessarie per il ripristino delle linee, a causa delle conseguenti inevitabili code (quattro ore di tempo libero da calcolare come ore di straordinario).
La Corte, nel rigettare il ricorso, trae lo spunto per soffermarsi sul delicato ed interessante aspetto della qualificazione giuridica del c.d. diritto al tempo libero. Rileva la sentenza in questione che «i diritti inviolabili dalla valenza costituzionale sono quelli non solo positivizzati, ma anche quelli che emergono dai documenti sovranazionali, quali interpretati dai giudici nella loro attività ermeneutica. Si tratta di diritti o interessi che l’ordinamento non solo riconosce, ma garantisce e tutela con efficacia
erga omnes, proprio perché fondanti la persona umana, che presenta una sua dignità, la quale fa da presupposto ineludibile per il loro esercizio e la loro attuazione». Nella specie, però, in tale categoria non può farsi rientrare anche il diritto al tempo libero, «e ciò per la semplice ragione che il suo esercizio è rimesso alla esclusiva autodeterminazione della persona, che è libera di scegliere tra l’impegno instancabile nel lavoro e il dedicarsi, invece, a realizzare il suo tempo libero da lavoro e da ogni occupazione»; la caratteristica tipica dei diritti inviolabili, invece, è proprio quella di essere diritti irretrattabili della persona. D’altra parte – prosegue la sentenza – né la Carta costituzionale né le Carte fondamentali dell’Unione europea riconoscono l’esistenza di un simile
diritto, il che costituisce un elemento ulteriore, anche se di per sé non decisivo, ai fini dell’impossibilità di accogliere una simile pretesa risarcitoria.
Il precedente autorevole cui la sentenza n. 9422 esplicitamente si richiama è quello della nota pronuncia delle Sezioni Unite 11 novembre 2008, n. 26972 (rv. 605493), la quale – nell’ammettere la possibilità di un risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti – ha stabilito che tra le condizioni necessarie per la risarcibilità deve esserci anche quella della non futilità del danno stesso, il quale non può consistere in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità.

tratto da
CO R T E S U P R E M A D I C A S S A Z I O N E
U
F F I C I O D E L M A S S I M A R I O

RASSEGNA DELLA
GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITA
____________
L
A GIURISPRUDENZA DELLE SEZIONI CIVILI
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(2011)
Roma

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