Come è ben noto, la responsabilità aquiliana si configura al ricorrere di tre elementi: un comportamento colposo, l’evento di danno, il nesso di causalità tra condotta ed evento.
Nel caso della responsabilità della pubblica amministrazione, con specifico riferimento all’elemento psicologico, se per un verso, come rilevato correttamente dall’amministrazione resistente, non è sufficiente l’illegittimità dell’atto a far emergere la colpa della p.a., per altro verso, tale illegittimità, secondo la giurisprudenza più recente, ne costituisce un indice presuntivo.
Sulla scorta di tale indirizzo, il tratto distintivo tra il regime della responsabilità della Pubblica amministrazione per danno arrecato a privati a seguito di attività illegittima rispetto al paradigma generale contemplato all'art. 2043 c.c. è che nel primo non è richiesto alla parte lesa un particolare sforzo probatorio per dimostrare la colpa dell'Amministrazione in quanto, pur non essendo configurabile una generalizzata presunzione di colpa di quest'ultima, in mancanza di un’espressa previsione normativa, possono operare regole di comune esperienza e la presunzione semplice di cui all'art. 2727 c.c. desunta dalla singola fattispecie.
Secondo il Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa, il privato può invocare l'illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o anche allegare circostanze ulteriori, idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile, con la conseguenza che a questo punto spetterà alla Pubblica amministrazione dimostrare che si è trattato invece di un errore scusabile, conseguente a contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, alla formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, alla complessità del fatto, all'influenza determinante di altri soggetti, all'illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata (Cons. Stato sez. V 31 gennaio 2012 n.482).
Passaggio tratto dalla sentenza numero 767 del 19 luglio 2012 pronunciata dal calabria, catanzaro
Nel caso di specie l’amministrazione resistente non ha allegato fatti e circostanze in grado di confutare la presunzione di colpa che opera con la dedotta illegittimità del provvedimento di esclusione del ricorrente dalla gara, accertata e dichiarata nel procedimento giustiziale dinanzi al Presidente della Repubblica.
L’onere probatorio a carico dell’amministrazione, in effetti, presentava tutte le caratteristiche di una probatio diabolica attesa la palese condotta imprudente del Comune resistente che riteneva di disattendere il parere chiesto al Consiglio dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici sulla questione della regolarità contributiva con riferimento ai lavori oggetto della gara nel caso di specie.
In conclusione, l’ente comunale, con il provvedimento di esclusione del ricorrente dalla gara, violando una norma di legge sulla cui portata non erano sorti contrasti giurisprudenziali, disattendendo il parere del Consiglio dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, ha tenuto un comportamento contrassegnato da colpa grave.
Sussiste, infine, nella fattispecie, il diretto collegamento tra l'illegittimità posta in essere dal Comune resistente e la pretesa rivolta al conseguimento del bene della vita (l'aggiudicazione della gara) che rende risarcibile la lesione subita dall'interesse pretensivo rimasto insoddisfatto.
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