La definizione dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria recata dal citato articolo 252 è una definizione generale che abbraccia le attività professionali che architetti e ingegneri possono essere chiamati a disimpegnare nel contesto di uno dei vari livelli in cui si articola la progettazione;
ciò è chiaramente dimostrato dal riferimento non solo alla progettazione preliminare, definitiva e esecutiva ma anche alla redazione del piano di sicurezza e di coordinamento e, soprattutto, dal riferimento alle “attività tecnico-amministrative connesse alla progettazione”;
se ci si muove in quest’ordine di idee non può contestarsi che gli incarichi sub b) e c) sopra indicati rientrino nella previsione dell’articolo 252; nessun dubbio può sorgere per l’incarico sub c) come dimostra il relativo certificato di avvenuta prestazione professionale che menziona la progettazione esecutiva architettonica e strutturale e il coordinamento della sicurezza in fase progettuale e esecutiva; ma considerazioni analoghe valgono anche per l’incarico sub b) per il quale il relativo certificato menziona la revisione della progettazione esecutiva (cioè una prestazione sicuramente riconducibile all’articolo 252 citato) e la “progettazione costruttiva” che quantomeno può ricondursi alle attività tecnico-amministrative connesse alla progettazione
Premesso che il bando e il disciplinare di gara nulla disponevano in ordine alle modalità dell’apertura (in seduta pubblica o riservata) delle buste contenenti l’offerta tecnica, il Collegio ritiene che la circostanza che esse non siano state aperte in seduta pubblica abbia viziato la procedura.
Sul punto e in estrema sintesi non può che prestarsi piena adesione a quanto statuito in materia dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato richiamata dalla ricorrente secondo la quale, pur nel silenzio della legge al riguardo, nelle gare da aggiudicare con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa la “verifica dell’integrità dei plichi” non esaurisce la sua funzione nella constatazione che gli stessi non hanno subito manomissioni o alterazioni, ma è destinata a garantire che il materiale documentario trovi correttamente ingresso nella procedura di gara, giacché la pubblicità delle sedute risponde all'esigenza di tutela non solo della parità di trattamento dei concorrenti, ai quali deve essere permesso di effettuare gli opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti prodotti e di avere così la garanzia che non siano successivamente intervenute indebite alterazioni, ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza e all'imparzialità dell'azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post una volta rotti i sigilli ed aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato; pertanto, l'Amministrazione non può sottrarre alla seduta pubblica l'operazione di apertura della busta recante l'offerta tecnica disponendone lo svolgimento nella seduta riservata di valutazione del merito”.
Il Collegio è consapevole che in materia esisteva un contrasto giurisprudenziale (che è stato appunto composto dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria), che dalla pubblicazione della sentenza era trascorso (rispetto alle operazioni di gara, svoltesi nell’ottobre 2011) un limitato periodo di tempo e che le previsioni del bando e del disciplinare erano anteriori alla sentenza citata; tutto ciò però non rende legittimo l’operato della commissione e le operazioni da essa compiute.
Né può sostenersi (si veda la memoria dell’università del 4 giugno 2012) che, poichè l’obbligo di apertura delle offerte tecniche è stato solo di recente introdotto in via legislativa in via di novella dell’articolo 120, comma 2, D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 ad opera dell’articolo 12, comma 1, d.l. 7 maggio 2012, n. 52, l’operato della commissione sarebbe legittimo in quanto alla data delle operazioni di gara quell’obbligo in realtà non esisteva.
La recente novella, infatti, indipendentemente dalla conversione o meno del decreto, si è limitata a recepire, anche al fine di fare certezza, una esigenza che discende dal generale principio della trasparenza; la circostanza che il comma 3 del citato articolo 12 d.l. n. 52 del 2012 preveda che la nuova previsione dell’articolo 120 si applichi alle “procedure di affidamento per le quali non si sia ancora proceduto all'apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche alla data di entrata in vigore del presente decreto” non può essere intesa come una sanatoria legislativa delle procedure svoltesi in epoca anteriore senza il presidio della garanzia dell’apertura in seduta pubblica delle buste recanti le offerte tecniche e per le quali penda giudizio; così intesa infatti la norma susciterebbe dubbi di legittimità sia costituzionale che comunitaria.
Essa si limita a disciplinare la sua applicazione alle procedure in corso alla data di entrata in vigore, stabilendo – in coerenza al principio dell’immediata applicazione delle norme di diritto pubblico – che essa si applica alle procedure in corso nell’ambito delle quali la fase di apertura delle buste ancora non si sia esaurita. Nulla invece è disposto per procedure, quale quella che viene in rilievo nella fattispecie, che si siano da tempo interamente concluse e relativamente alle quali sia pendente un contenzioso. Queste restano disciplinate dalla normativa e dai principi generali valevoli al tempo in cui si sono svolte.
a cura di Sonia Lazzini
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