lunedì 2 luglio 2012

il denegare il rilascio dell’autorizzazione richiesta non può essere ascritto a colpa

l’illegittimità del provvedimento esclude la scusabilità dell’errore, secondo gli ordinari principi che ravvisano la colpa giustappunto nella violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline, salvo che l’Amministrazione, sulla quale grava l’onere della prova, non dimostri che l’errore non poteva essere evitato usando l’ordinaria diligenza.


Caso tipico di scusabilità dell’errore è poi, secondo lo stesso orientamento, il contrasto giurisprudenziale in ordine all’interpretazione della normativa da applicare.
Osserva il Collegio come tale circostanza esimente palesemente ricorreva al momento dell’adozione del provvedimento impugnato.
Le parti, anzi, concordano sul fatto che all’epoca della presentazione dell’istanza di rilascio di autorizzazione commerciale per il commercio di articoli funerari in sede fissa secondo l’orientamento giurisprudenziale allora assolutamente pacifico la presenza, nel territorio comunale, di altre imprese in grado di assicurare il servizio fosse ostativa al rilascio di nuove autorizzazioni, ed il fatto è stato recepito anche dal primo giudice.

Sulla base di tale presupposto il Collegio afferma che l’errore compiuto dall’Amministrazione nel denegare il rilascio dell’autorizzazione richiesta non possa essere ascritto a colpa.

L’appellata sostiene che la colpa dell’Amministrazione sussiste sotto il diverso profilo, relativo all’accertamento delle imprese operanti sul territorio comunale.
La censura è stata espressamente respinta dal Tribunale amministrativo ed assorbita dal giudice di appello nel corso del primo giudizio il quale, quindi, si è concluso senza che si formasse un giudicato sul punto.


Si pone quindi il dubbio se l’argomentazione possa essere riproposta nel presente giudizio.
Il Collegio ritiene che il dubbio debba essere risolto in senso affermativo.
Come già sottolineato il giudice di appello non si è pronunciato sul punto, pur espressamente portato alla sua attenzione, avendolo assorbito a seguito dell’accoglimento della principale argomentazione.
Sulla questione non si è quindi formato giudicato in quanto la pronuncia del primo giudice è stata contestata, ed il giudice di appello non l’ha definita.
Afferma quindi il Collegio che la parte appellata è legittimata a proporla nell’ambito del giudizio relativo al risarcimento del danno, anche in applicazione del principio, recepito dall’art. 30 del codice del processo amministrativo, dell’indipendenza dell’azione risarcitoria da quella impugnatoria.

La questione è peraltro infondata in quanto la parte appellata non ha, sostanzialmente, prodotto alcun principio di prova a suo sostegno mentre concreti elementi in senso contrario possono essere ricavati dalla relazione predisposta dal consulente nominato dal primo giudice per la liquidazione del risarcimento, dalla quale risulta che l’impresa in questione ha emesso fatture per importi notevoli, ed anzi di ciò il consulente ritiene si debba tenere conto al fine di quantificare il risarcimento.

Tutto ciò premesso, osserva il Collegio che se non può essere riconosciuta la colpa del Comune nell’adottare il provvedimento impugnato, deve anche essere rilevato che il rapporto è rimasto controverso per oltre dieci anni.


Tratto dalla decisione numero 3735 del 26 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

Nessun commento:

Posta un commento