giovedì 14 giugno 2012

danno da ritardo e applicazione artt 2043, 2697 e 1227 cc

in tema di responsabilità civile della P.A. l'art. 30, comma 3, CPA (d.lgs. n. 104/2010) pur non richiamando espressamente l'art. 1227, comma 2, c.c. ne recepisce in sostanza il principio informatore


la richiesta di accertamento del danno da ritardo ovvero del danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento favorevole, se da un lato deve essere ricondotta al danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, per l'ontologica natura delle posizioni fatte valere, dall'altro, in ossequio al principio dell'atipicità dell'illecito civile, costituisce una fattispecie sui generis, di natura del tutto specifica e peculiare, che deve essere ricondotta nell’alveo dell'art. 2043 c.c. per l'identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità.


Di conseguenza, l'ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possono, in linea di principio, presumersi iuris tantum, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo nell'adozione del provvedimento amministrativo favorevole, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda (così Cons. St., sez. IV, 4 maggio 2011, n. 2675).

In particolare, occorre verificare la sussistenza sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante).

In particolare, quanto alla prova del danno, il Collegio osserva che l’erogazione del finanziamento, avvenuta una tantum ossia per la singola iniziativa, se è vero che ha comportato un ritardo nella messa a dimora delle colture (mentre, quanto alla realizzazione del fabbricato rurale non viene indicata alcuna voce di danno) e quindi nella percezione del reddito ad essa connesso, purtuttavia tale reddito, in egual misura, si è prodotto successivamente alla erogazione del finanziamento, sicchè l’unico fattore incidente sull’eventuale danno consiste nel tempo.

In sostanza, la messa a dimora delle colture si è comunque verificata e allo stesso modo il reddito da esse prodotto, sia pur in un momento successivo, sicchè il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che l’impiego del capitale derivante dal reddito prodotto in un dato momento storico sarebbe stato più fruttuoso rispetto a quello prodotto successivamente ( tale prova non risulta affatto fornita).

In ogni caso, non sussiste neppure l’elemento soggettivo del dolo o della colpa.

A tal proposito, il Collegio osserva, in via generale, che nella materia delle agevolazioni pubbliche, il provvedimento definitivo sulla domanda di agevolazioni consegue a complessi accertamenti e verifiche volti a verificare la sussistenza dei presupposti di ammissibilità della domanda.


Tratto dalla sentenza numero 1053 del 7 giugno 2012 pronunciata dal Tar Puglia, Lecce

Peraltro, assume rilevanza sostanziale, ai fini dell’esclusione del diritto al risarcimento dei danni per il prospettato ritardo, la mancata proposizione, da parte della ricorrente, del giudizio di ottemperanza alla sentenza n.4158/2008; difatti detta omissione, oltre che rilevante ai sensi dell’art. 1227 c.c. assume connotazione sostanziale ai sensi dell’art. 30 del c.p.a il quale “esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”.

In proposito, è stato affermato che ” in tema di responsabilità civile della P.A. l'art. 30, comma 3, CPA (d.lgs. n. 104/2010) pur non richiamando espressamente l'art. 1227, comma 2, c.c. ne recepisce in sostanza il principio informatore allorché afferma che l'omessa attivazione da parte dell'interessato degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell'esclusione o della riduzione del danno evitabile con l'ordinaria diligenza, in una logica che vede l'omessa impugnazione dell'atto lesivo non più come preclusione del rito, ma come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio della sussistenza e consistenza del pregiudizio risarcibile” ( C.d.S. Sez. VI, sent. n. 1525 del 19-03-2012).

Ciò impedisce al Collegio di ritenere sussistente,da un lato, il presupposto soggettivo della colpa,dall’altro la esistenza di un danno risarcibile.

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