martedì 15 novembre 2011

Riconosciuto il risarcimento del danno ingiusto per illegittima scelta della trattativa privata per unicità del servizio

Nella concreta vicenda sussistono, oltre all’elemento dell’ingiustizia del danno, anche le altre condizioni integratrici di un’obbligazione risarcitoria a carico del Comune

Il danno che rileva nella vicenda va individuato nella mancata possibilità per la ricorrente di partecipare ad una gara per l’affidamento della commessa in questione

La giurisprudenza ha in più occasioni sottolineato (cfr. ad es. C.d.S., VI, 9 marzo 2007 n. 1114 e 9 giugno 2008 n. 2751) che al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo non è richiesto un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa dell’Amministrazione.

Questi può limitarsi ad allegare l'illegittimità dell'atto, potendosi ben fare applicazione, al fine della prova della sussistenza dell'elemento soggettivo, delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui all'art. 2727 del codice civile.

Spetta a quel punto all'Amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, che è configurabile, in particolare, in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma di formulazione incerta, di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, o di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata (cfr., tra le tante, C.d.S., IV, 12 febbraio 2010, n. 785; V, 20 luglio 2009, n. 4527).

Nel caso di specie non è dato riscontrare la presenza di alcuno dei predetti fattori giustificativi. Può ritenersi quindi integrata la prova dell'elemento soggettivo dell’illecito.

E’ peraltro decisivo in proposito rammentare che la Corte di Giustizia dell’U.E. ha recentemente chiarito che la direttiva 89/665 deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un'amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione: e questo anche nel caso in cui l'applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all'amministrazione, nonché sull'impossibilità per quest'ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata (Corte giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010, proc. C-314/09).

Passaggio tratto dalla  decisione numero 5837 del 2 novembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato


La procedura in discussione, inoltre, risulta vieppiù scorretta per il fatto che, come ha già ben detto il TAR, dagli elementi forniti dalle attuali appellanti il servizio da loro offerto risulterebbe di volta in volta preferibile, più affidabile, più idoneo, ma non già oggettivamente "unico", come invece richiede la norma di cui occorre fare rigorosa applicazione. Del resto, questa Sezione, nel riferirsi in altro frangente e settore di mercato alle presunte inadeguatezze tecniche dell’offerta alternativa di possibili concorrenti, ha osservato, in una fattispecie concreta non molto diversa dalla presente, che le stesse avrebbero potuto al più “costituire oggetto di considerazione in sede di predisposizione dei criteri di valutazione delle offerte all'interno di una regolare procedura di gara;” ma non avrebbero rilevato per i fini giustificativi per i quali tali inadeguatezze erano state invece addotte, non essendo esse comunque “in grado di configurare quelle esorbitanti difficoltà tecniche di uso o di manutenzione che, uniche, consentono il ricorso all'affidamento diretto della fornitura” (C.d.S., V, 24 aprile 2009, n. 2600).

In definitiva, il ricorso alla procedura negoziata senza bando di gara si conferma nel caso in esame come frutto di una scelta viziata, fondata su un’istruttoria del tutto carente; la stessa espressione delle esigenze dell'Amministrazione è avvenuta non già identificando (oltre a quello del “risparmio energetico”) dei precisi interessi pubblici, ma immedesimando senz’altro l’oggetto dell’interesse pubblico nelle sembianze del prodotto offerto dalle appellanti, nel cui stampo il primo è stato aprioristicamente versato. In altre parole, il Comune, in luogo di individuare dapprima l’oggetto della prestazione da acquisire, e indi, all’esito di un percorso istruttorio, l’azienda ed il processo produttivo in ipotesi risultato il solo a poterla rendere, è pervenuto tout court alle radicali conclusioni indicate.

Né vale invocare il precedente giurisprudenziale (C.d.S., VI, 28 gennaio 2011 n. 642) che ha ritenuto corretta l’interpretazione di quell’Amministrazione che, pur “ben conscia della circostanza che altri offerenti, in futuro, potrebbero crearne uno similare, ha considerato "unico" il prodotto che, in quel momento”, si presentava pronto all'uso, senza necessità di adeguamenti, modifiche ed ulteriori incrementi ed adattamenti. Ciò per la semplice quanto assorbente ragione che nel caso concreto, per quanto si è visto, esisteva già al momento, sul mercato, la possibilità di rinvenire servizi di concorrenti tra i quali instaurare un regolare confronto con l’offerta aziendale che è stata invece privilegiata.


Resta da definire l’ammontare del risarcimento dovuto all’originaria ricorrente sulla base di un corretto governo del principio di causalità.
Il danno che rileva nella vicenda va individuato nella mancata possibilità per la ricorrente di partecipare ad una gara per l’affidamento della commessa in questione.
La Sezione ritiene che non possa essere messa in discussione l’esistenza di un nesso di causalità tra i provvedimenti illegittimi che hanno sostanziato l’esaminata trattativa privata tra il Comune e ricorrente, e la lesione conseguentemente registratasi nella sfera giuridica della originaria ricorrente, uno dei pochi soggetti attivi nello stesso mercato interessato.
Conviene allora subito ricordare che in tema di illegittimo ricorso alla trattativa privata la giurisprudenza insegna quanto segue.
Nel caso di affidamento di un appalto a trattativa privata, anziché mediante pubblica gara, proprio perché non c'è stata gara, non è possibile una valutazione prognostica e virtuale sull'esito di una procedura comparativa mai svolta. Non è possibile prevedere, in particolare, quali e quante offerte sarebbero state presentate, quale offerta avrebbe presentato l'impresa che chiede il risarcimento, e se tale offerta sarebbe stata, o meno, vittoriosa. Quando ad un operatore è preclusa in radice la partecipazione ad una gara, onde non è possibile dimostrare, ex post, né la certezza della sua vittoria, né la certezza della non vittoria, la sola situazione soggettiva tutelabile è la chance, e cioè l’astratta possibilità di un esito favorevole (C.d.S., VI, 18 dicembre 2001, n. 6281).
Il risarcimento per perdita di chance, secondo i principi, può avvenire, in astratto, in forma specifica oppure per equivalente.
La prima forma di riparazione, che in via generale consiste nella riammissione in gara del concorrente escluso, ovvero nella ripetizione della procedura, nel particolare caso dell’illegittimo affidamento di una commessa mediante trattativa privata consiste nell’indizione di una pubblica gara per il conferimento del medesimo appalto. La praticabilità di una simile soluzione (la cui caratteristica è che la chance di successo viene tutelata in forma reale) nella fattispecie concreta è però esclusa, a cagione della tardività dell’impugnativa proposta da Controinteressata One.
Per la tutela risarcitoria di quest’ultimo operatore non resta perciò che il rimedio del risarcimento per equivalente.
Questa forma di riparazione prevede che il risarcimento venga quantificato con la tecnica della determinazione dell'utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara o concorso (C.d.S., VI, 18 dicembre 2001, n. 6281; 8 maggio 2002, n. 2485), e rapportato al prezzo pattuito in concreto per la complessiva commessa convenuta, essendo questo l'unico elemento utilizzabile in assenza di una procedura di gara (C.d.S., IV, 6 ottobre 2004, n. 6491).

La società richiedente invoca la liquidazione forfetaria ed automatica del lucro cessante in applicazione del criterio del 10% del prezzo, ai sensi dell' art. 345, legge n. 2248 del 1865 All. F.
Il relativo criterio, come è noto, è stato messo in discussione dalla più recente giurisprudenza di questo Consiglio (V, n. 2967\2008; VI, n. 3144 del 2009 e n. 8646 del 2010), per il rischio che il risarcimento dei danni si riveli, per l'imprenditore, più favorevole dell'impiego del capitale, con la conseguente distorsione per cui il ricorrente non avrebbe più interesse a provare in modo puntuale il danno subìto quanto al lucro cessante, perché presumibilmente otterrebbe meno di quanto la liquidazione forfetaria gli consentirebbe (CDS, V, n. 2967\2008; VI, 21 maggio 2009 n. 3144).
Nella fattispecie, tuttavia, la Sezione reputa in via eccezionale giustificato il ricorso a tale tecnica di quantificazione del danno, in considerazione tanto del basso livello di concorrenza esistente nel settore interessato, quanto dell’esigenza di conservare un’adeguata effettività alla prestazione risarcitoria.
Per le ragioni che sono state esposte negli ultimi due paragrafi, peraltro, la detta misura del dieci per cento del valore del contratto deve essere ridotta ad un quinto, per poter rispecchiare il numero dei probabili partecipanti all’ipotetica gara, e andrebbe indi ulteriormente ridotta in considerazione della tardività dell’azione impugnatoria proposta dall’avente diritto.
11c Al tempo stesso, però, occorre tenere conto della necessità di ristorare l’originaria ricorrente, come da domanda, non solo per la perdita di chance dipendente dal mancato espletamento della gara per il singolo affidamento, ma anche a titolo di danno curricolare.
Sotto questo profilo la giurisprudenza insegna, difatti, che l’interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un'impresa, va ben oltre l'interesse all'esecuzione della singola opera in sé, e ai relativi ricavi diretti. Ciò in quanto alla mancata esecuzione di un'opera appaltata si ricollegano indiretti nocumenti all'immagine della società ed al suo radicamento nel mercato; per non dire del potenziamento di imprese concorrenti che operino nel medesimo settore di mercato e in modo illegittimo si siano rese aggiudicatarie.
Per tali ragioni è reputato quindi risarcibile, nei congrui casi, anche il c.d. danno curriculare, che costituisce una specificazione del danno per perdita di chance, e consiste nel pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del proprio "curriculum" professionale, per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto sfumato a causa del comportamento illegittimo dell’Amministrazione, laddove l’aggiornamento curricolare perduto avrebbe fatto conseguire all’impresa un vantaggio economicamente valutabile, poiché ne avrebbe accresciuto la capacità di competere sul mercato e, quindi, la possibilità di aggiudicarsi ulteriori commesse.
L'impresa ingiustamente privata dell'esecuzione di un appalto può pertanto rivendicare, a titolo di lucro cessante, anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell'incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare (C.d.S., VI, 9 giugno 2008, n. 2751; 18 marzo 2011, n. 1681).
12 In conclusione, tenendo quindi conto sia dei fattori visti nei paragrafi 11a e 11b che del danno curricolare, il Comune di Ugento dovrà corrispondere alla Controinteressata One a fini risarcitori un importo complessivo che si determina, equitativamente ed onnicomprensivamente, nella misura del 3 % dell’importo del contratto sottoscritto con ricorrente.

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