In adesione al prevalente orientamento giurisprudenziale (cfr., di recente, C.d.S., sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144), il criterio del 10%, se pure è in grado di fondare una presunzione su quello che normal-mente è l’utile che una impresa trae dall’esecuzione di un appalto, non può, tuttavia, essere oggetto di applicazione automatica e indifferen-ziata.
Come pure affermato dalla giurisprudenza (cfr. C.d.S., sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967), il criterio del 10%, pur evocato come criterio residuale in una logica equitativa, conduce di regola al risultato che il risarcimento dei danni è per l’imprenditore ben più favorevole dell’impiego del capitale.
In tal modo il ricorrente non ha più interesse a provare in modo puntuale il danno subito, perche presumibilmente otterrebbe di meno.
In sostanza, il lucro cessante da mancata aggiudicazione può es-sere risarcito per intero se e in quanto l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi, mentre, quando tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l’impresa possa avere ragionevol-mente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri, analoghi servizi, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di uti-lità, con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile.
Si tratta, appunto, di un’applicazione del principio dell’”aliunde perceptum”, in base al quale, onde evitare che, a seguito del risarci-mento il danneggiato possa trovarsi in una situazione addirittura mi-gliore rispetto a quella in cui si sarebbe trovato in assenza dell’illecito, va detratto dall’importo dovuto a titolo risarcitorio, quanto da lui per-cepito grazie allo svolgimento di diverse attività lucrative, nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l’appalto in contestazione.
Quanto all’onere della prova dell’assenza dell’aliunde perceptum esso grava non sull’Amministrazione, ma sull’impresa.
Tale ripartizione dell’onere probatorio, che ha sollevato in dot-trina alcune perplessità (come anche osservato in questa sede dalla difesa dell’appellante, si è sostenuto che l’aliunde perceptum verrebbe in considerazione come fatto impeditivo del diritto al risarcimento del danno e non come fatto costitutivo, con la conseguenza che la relativa prova dovrebbe gravare sulla stazione appaltante e non sul privato), muove, tuttavia, dalla presunzione, a sua volta fondata sull’id quod plerumque accidit, secondo cui l’imprenditore, (specie se in forma societaria), in quanto soggetto che esercita professionalmente un’atti-vità economia organizzata finalizzata alla produzione di utili, normal-mente non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un ap-palto, ma si procura prestazioni contrattuali alternative dalla cui ese-cuzione trae utili,
In sede di quantificazione del danno, pertanto, spetterà all’im-presa dimostrare, anche mediante l’esibizione all’Amministrazione di libri contabili, di non aver eseguito, nel periodo che sarebbe stata im-pegnata dall’appalto in questione, altre attività lucrative incompatibili con quella per la cui mancata esecuzione chiede il risarcimento del danno.
Nella specie, tale prova è mancata, posto che l’impresa appellan-te si è limitata, anche in questa sede, ad affermare genericamente di non avere in concreto reimpiegato mezzi e manodopera in lavori di-versi.
passaggio tratto dalla decisione numero 854 del 16 novembre 2011 del pronunciata dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione siciliana
L’appellante ha reiterato la richiesta di ottenere il risarcimento anche per altre voci di danno: perdita di migliori chance lavorative, riduzione della S.O.A. nella categoria OG1 della classifica VI, danno emergente in relazione ai costi inutilmente sostenuti per partecipare alla gara, nonché quelle successive, comprensive delle spese giudizia-li, sostenute per ottenere l’annullamento dell’illegittima aggiudicazio-ne della gara.
Il Collegio è dell’avviso che siffatta richiesta non possa essere accolta perché non è stata data o comunque non è stata fornita suffi-ciente dimostrazione del danno subito.
Un discorso a parte va fatto per i costi di partecipazione alla ga-ra. Il Collegio ritiene, infatti, che, nel caso in cui l’impresa ottenga il risarcimento del danno per mancata aggiudicazione (o per la perdita della possibilità di aggiudicazione), non vi sono i presupposti per il risarcimento dei costi stessi, posto che mediante il risarcimento non può farsi conseguire all’impresa un beneficio maggiore di quello che deriverebbe dall’aggiudicazione (così, di recente, C.d.S., sez. VI, 18 marzo 2011, n. 1681).
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