lunedì 10 ottobre 2011

Il rup non può valutare un’offerta anomala senza il supporto della commissione

competenza della commissione di gara a svolgere la valutazione di anomalia: l’esplicita attribuzione di tale potere alla commissione di gara , tramite il responsabile del procedimento, viene fatta dall’art. 121, commi 2 e 10, del d.P.R. n. 207 del 5 ottobre 2010.

Tuttavia, anche in un contesto non del tutto univoco, questo Consiglio, seguendo un ordine argomentativo a cui la Sezione ritiene di aderire, aveva già evidenziato come sia addirittura suscettibile di annullamento l’evento contrario, ossia quello della verifica condotta direttamente dal responsabile del procedimento senza alcun apporto della commissione di valutazione

e ciò sulla considerazione che “attraverso la valutazione dell'anomalia, infatti, viene posta in essere una concreta attività valutativa dei contenuti dell'offerta non di carattere comparativo, ma pur sempre preordinata ad indagare sugli specifici contenuti dell'offerta stessa, sulla sua affidabilità e sulla piena rispondenza, a questo stesso fine, delle giustificazioni addotte originariamente o di quelle integrative eventualmente richieste” (Consiglio di Stato, sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4584).

Di fronte a tali considerazioni puntuali, il giudizio della commissione di gara pare ampiamente condivisibile, dovendosi confermare, come ha evidenziato il giudice di prime cure, come conclusivamente risulti “uno scostamento nella valorizzazione economica complessiva rispetto a quanto dichiarato in sede di offerta (736.388 mentre nelle prime giustificazioni era di 733.212.) e nella indicazione del costo delle indagini geognostiche che scende da 286.000 euro a 267.700”.

La correttezza procedurale e la rispondenza tra valutazioni operate dalla commissione con i profili istruttori rendono ragione dell’inaffidabilità dell’offerta ai sensi dell’art 88 comma 7 del d.lgs. 163 del 2006. Il giudizio operato dalla commissione e dal giudice di prime cure deve quindi essere condiviso, con rigetto del motivo di ricorso

Passaggio tratto dalla decisione numero 5491  del 6 ottobre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato


Con il terzo complesso motivo di censura, si lamenta error in iudicando, falsa applicazione e violazione degli artt. 86, 87 e 88 del D.Lgs. 163 del 2006 e della lex specialis, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti.

Secondo la difesa, il T.A.R. non avrebbe tenuto conto della documentazione prodotta in sede di giustificazione dell’anomalia, evitando di valutare in concreto la corrispondenza tra quanto provato in sede di gara e quanto ritenuto dalla commissione.

4.1. - La censura non ha pregio.

Va premesso che, nella sentenza gravata, il T.A.R., premessa una ricostruzione dell’orientamento giurisprudenziale in merito ai limiti del giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala quale fatto di discrezionalità tecnica mirante ad un giudizio di natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme, si è soffermato sia sulle questioni procedimentali che sul contenuto della decisione della commissione, ricordando come il fine del sindacato giurisdizionale miri a verificare, nei limiti della domanda, la correttezza del procedimento e la ragionevolezza delle scelte conclusive.

In grado di appello, le censure si sono appuntate su questo secondo aspetto, che andrà quindi ora considerato.

L’appellante evidenzia come nella stima del costo industriale della sua offerta si fosse potuta giovare di una serie di circostanze favorevoli (particolari condizioni logistiche, profonda conoscenza del progetto, esperienza maturata, esecuzione tramite un’unica società). Lamenta quindi come il giudizio del T.A.R. si sia soffermato unicamente sul tema della sottostima dei costi industriali attinenti al personale, dove peraltro non vi è stata alcuna considerazione sulla loro compatibilità.

La doglianza però non trova riscontro agli atti del giudizio.

Dall’esame della documentazione, emerge, infatti, come il giudizio della Commissione, seppure fondatosi sul rilievo generale dei costi industriali troppo bassi, ha differenziato tra le diverse voci ed in particolare, come emerge dal verbale del 15 febbraio 2010, ha considerato non provate le affermazioni sul recupero di costi tramite altre attività più redditizie effettuate in tempi diversi, o come costo per la commercializzazione operativa dei prodotti. Si tratta quindi di considerazioni derivanti dalla stessa documentazione prodotta dall’appellante, e non possono essere considerati, come si fa nell’atto di appello, estrapolazioni fuori contesto, in quanto evidenziano la ratio delle ragioni della riduzione dei costi, come ben sottolineato dal T.A.R., richiamando i chiarimenti forniti il 3 dicembre 2009.

Del pari, l’ampio motivo di appello in relazione alla giustificazione dei costi per il personale si pone in contrasto con i fatti istruttori in sede di gara, dove la commissione aveva fatto espresso riferimento, in specie nel verbale della seduta del 15 febbraio 2010, a specifiche voci comprese in tale ambito e non giustificate (le spese per trasferte e premi dei consulenti; la modestia dei compensi a questi spettanti; il mancato controllo dei contratti di consulenza non protocollati) oltre che ad altre voci che collocavano all’esterno dell’impresa lo svolgimento, e consequenzialmente la responsabilità, di alcune attività di indagine.

Di fronte a tali considerazioni puntuali, il giudizio della commissione di gara pare ampiamente condivisibile, dovendosi confermare, come ha evidenziato il giudice di prime cure, come conclusivamente risulti “uno scostamento nella valorizzazione economica complessiva rispetto a quanto dichiarato in sede di offerta (736.388 mentre nelle prime giustificazioni era di 733.212.) e nella indicazione del costo delle indagini geognostiche che scende da 286.000 euro a 267.700”.

La correttezza procedurale e la rispondenza tra valutazioni operate dalla commissione con i profili istruttori rendono ragione dell’inaffidabilità dell’offerta ai sensi dell’art 88 comma 7 del d.lgs. 163 del 2006. Il giudizio operato dalla commissione e dal giudice di prime cure deve quindi essere condiviso, con rigetto del motivo di ricorso.

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