mercoledì 7 settembre 2011

il Consiglio di Stato, contrariamente al Tar, legittima la richiesta di cauzioni comprensive del futuro servizio in house

PROCEDURA DI GARA PER SELEZIONE DI UN SOCIO PRIVATO:la base d’asta non può essere ridotta nell’importo pari al mero valore delle quote delle quali si prevedeva la cessione.

Trattandosi invero di gara a doppio oggetto, dove la cessione delle quote è funzionale all’affidamento di una concessione di servizi dall’oggetto predeterminato (secondo i criteri che presidiano le gare per la scelta del socio privato di società a partecipazione pubblica: Cons. Stato,. VI, 23 settembre 2008, n. 4603), la base d’asta va considerata nell’intero e ben rilevante ammontare del servizio gestito dalla GAMMA s.r.l., servizio che si esercita su tutti i siti “olimpici”, poiché l’entrata del socio privato e del suo apporto anche finanziario è, nella prospettiva dell’Amministrazione procedente, appunto funzionale alla più adeguata gestione del servizio medesimo, complessivamente e inscindibilmente inteso.


Passaggio tratto dalla decisione numero 4999 del 5 settembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

NEL COMMENTO ANCHE LA CONTESTATA SENTENZA DI PRIMO GRADO_ sentenza numero 1292 dell’ 1 marzo 2010 emessa dal Tar Piemonte, Torino




Una volta assodato che l’omissione del deposito cauzionale provvisorio nelle modalità richieste non assume rilevanza dirimente, essendo sufficiente a fondare l’esclusione della ricorrente in primo grado l’omissione della fideiussione quale cauzione definitiva, si deve passare ad esaminare la legittimità della clausola (art. 6.2 e art. 20 dello schema di convenzione) che tale obbligo impone, ritenuta illegittima dal primo giudice per sproporzione dell’ammontare dell’importo richiesto a quest’ultimo titolo rispetto alla base d’asta e, quindi, per violazione dell’art. 113 d.lgs. n. 163 del 2006, che contiene l’ammontare della cauzione definitiva nella misura del 10 per cento dell’importo contrattuale.


Va innanzitutto osservato che, come assume l’appellante, la base d’asta non può essere ridotta, come ha fatto la sentenza, nell’importo pari al mero valore delle quote delle quali si prevedeva la cessione. Trattandosi invero di gara a doppio oggetto, dove la cessione delle quote è funzionale all’affidamento di una concessione di servizi dall’oggetto predeterminato (secondo i criteri che presidiano le gare per la scelta del socio privato di società a partecipazione pubblica: Cons. Stato,. VI, 23 settembre 2008, n. 4603), la base d’asta va considerata nell’intero e ben rilevante ammontare del servizio gestito dalla GAMMA s.r.l., servizio che si esercita su tutti i siti “olimpici”, poiché l’entrata del socio privato e del suo apporto anche finanziario è, nella prospettiva dell’Amministrazione procedente, appunto funzionale alla più adeguata gestione del servizio medesimo, complessivamente e inscindibilmente inteso.


Già sotto questo primo profilo la sentenza merita la censura dedotta con l’appello. A ciò si deve aggiungere la considerazione che, comunque, come sopra si è detto, nessun impegno è stato prodotto dalla Lingotto Fiere a titolo di cauzione definitiva, neppure nell’importo ridotto preteso con il ricorso, corrispondente alla proporzione indicata nell’art. 113 cit. e che, soprattutto, difetta del tutto l’indicazione di un fideiussore che si rendesse garante delle obbligazioni contrattuali.

Tale considerazione rende del tutto superflua l’indagine sulla corrispondenza della misura della cauzione richiesta all’art. 113, oltre che sulla applicabilità stessa di tale norma al caso di specie (e va, a questo proposito, riconosciuto che, alla luce della descrizione dell’oggetto della gara contenuta nel punto II.1.1 del bando, la fattispecie rientra nell’ambito della concessione di servizi di cui all’art. 30 d.lgs.n.163 del 2006).

Ecco la riformata sentenza di primo grado
sentenza numero 1292 dell’ 1 marzo 2010 emessa dal Tar Piemonte, Torino

è dunque fondata la doglianza di violazione del tetto del 2% per avere la P.A. richiesto di produrre una garanzia provvisoria di misura pari al 4,76% dell’importo a base di gara.

Non v’è margine di incertezza e dubbio nell’imperatività del riportato disposto codicistico, conseguendone che a fronte di una base di gara di 2.100.000 euro, poteva essere richiesta la produzione di una cauzione provvisoria pari a soli € 42.000, che costituiscono il 2% della base d’asta, ammissibile a norma del codice dei contratti.

Si prospetta pertanto ingiustamente gravatoria la richiesta di una garanzia provvisoria pari ad oltre il doppio del cennato limite del 2%.


Con il quarto motivo, che conviene trattare ora , per la sua assonanza con quello appena vagliato, la ricorrente censura sempre l’art. 6.1 della lettera di invito per contrasto con le medesime appena esaminate norme di fonte primaria ma stavolta sotto il profilo della violazione del limite del 2% fissato dall’art. 75 del Codice. Lamenta al riguardo che la procedura di gara aveva un importo a base d’asta di soli € 2.100.000 ma veniva richiesta una cauzione provvisoria di € 100.000, che sono pari al 4,76% della base di gara, ossia a più del doppio di quanto richiesto dalla legge in materia di appalti.
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?

le censure si prestano ad essere positivamente considerate e vanno accolte.
Intanto, come già spiegato con l’Ordinanza cautelare n. 947/2009, il parametro normativo cui la Sezione farà riferimento, e che è rappresentato dagli artt. 75 e 113 del codice dei contratti, è reso direttamente applicabile alla gara per cui è controversia dalla stessa lex specialis.
Invero, il punto 6.2 della lettera di invito stabilisce che la scheda tecnica secondo la quale poteva essere presentata la cauzione definitiva – scheda, peraltro, contemplata dal D.M. n. 123/2004 attuativo delle norme sulle garanzie nelle gare pubbliche poi trasfuse nell’art. 113 del Codice – avrebbe dovuto essere “opportunamente integrata con le modifiche apportate dal D.lgs. n. 163/2006 e s.m.i”.
Siffatta formula e locuzione di rinvio costituisce un chiaro e indiscutibile richiamo delle disposizioni dell’art. 113 del Codice dei contratti. Ne consegue la sicura applicabilità alla gara sia di quest’ultima norma che dell’art. 75 del Codice dedicato alla cauzione provvisoria.
Orbene, con specifico riguardo alla prime delle riassunte censure, indirizzata contro la misura della cauzione provvisoria, rammenta il Collegio che l’art. 75, comma 1 del d.lgs. n. 163/2006, di cui fondatamente la ricorrente deduce l’infrazione, stabilisce che “l'offerta è corredata da una garanzia, pari al due per cento del prezzo base indicato nel bando o nell'invito”.
Non v’è margine di incertezza e dubbio nell’imperatività del riportato disposto codicistico, conseguendone che a fronte di una base di gara di 2.100.000 euro, poteva essere richiesta la produzione di una cauzione provvisoria pari a soli € 42.000, che costituiscono il 2% della base d’asta, ammissibile a norma del codice dei contratti.
Si prospetta pertanto ingiustamente gravatoria la richiesta di una garanzia provvisoria pari ad oltre il doppio del cennato limite del 2%.
A parere del Collegio è dunque fondata la doglianza di violazione del tetto del 2% per avere la P.A. richiesto di produrre una garanzia provvisoria di misura pari al 4,76% dell’importo a base di gara.

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Illegittimamente, dunque, a parere della Sezione, la cauzione definitiva è stata richiesta in un importo così sproporzionato rispetto a quello a base della competizione

Si è più sopra illustrata la ragione di applicabilità diretta del’art. 113 del d.lgs.163/2006 alla gara all’esame. Basti qui solo riportare il disposto dell’art. 113, comma 1 del Codice, a termini del quale “l'esecutore del contratto è obbligato a costituire una garanzia fideiussoria del 10 per cento dell'importo contrattuale”.

Nella narrativa in fatto la deducente lamenta di non essersi riuscita a procurare nei soli 15 giorni lavorativi che la celerità impressa dalla Fondazione al procedimento censurato aveva imposto, l’impegno di un fideiussore a rilasciare una cauzione definitiva di ben 10 milioni di euro.


Con il motivo A.2.1 la censura di sproporzione dell’importo della garanzia e di difetto di motivazione, veicolata anche dalla dedotta violazione del’art. 113 del d.lgs. n. 163/2006, è diretta contro quella definitiva, che è stata richiesta in 10 milioni di euro a fronte di una base d’asta di soli 2 milioni e 100.000. Per la deducente la cauzione definitiva non può comunque superare il 10% dell’importo di gara.
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?

le censure si prestano ad essere positivamente considerate e vanno accolte.
Intanto, come già spiegato con l’Ordinanza cautelare n. 947/2009, il parametro normativo cui la Sezione farà riferimento, e che è rappresentato dagli artt. 75 e 113 del codice dei contratti, è reso direttamente applicabile alla gara per cui è controversia dalla stessa lex specialis.
Invero, il punto 6.2 della lettera di invito stabilisce che la scheda tecnica secondo la quale poteva essere presentata la cauzione definitiva – scheda, peraltro, contemplata dal D.M. n. 123/2004 attuativo delle norme sulle garanzie nelle gare pubbliche poi trasfuse nell’art. 113 del Codice – avrebbe dovuto essere “opportunamente integrata con le modifiche apportate dal D.lgs. n. 163/2006 e s.m.i”.
Siffatta formula e locuzione di rinvio costituisce un chiaro e indiscutibile richiamo delle disposizioni dell’art. 113 del Codice dei contratti. Ne consegue la sicura applicabilità alla gara sia di quest’ultima norma che dell’art. 75 del Codice dedicato alla cauzione provvisoria.
Del pari fondata è la più rilevante e consistente censura, svolta al motivo A.2.1, nel quale la deducente lamenta che la cauzione definitiva è stata richiesta in 10 milioni di euro a fronte di una base d’asta di soli 2 milioni e 100.000. Per la deducente la cauzione definitiva non può comunque superare il 10% dell’importo di gara ed è violato l’art. 113 del codice che contempla detta ultima misura percentuale.
Si è più sopra illustrata la ragione di applicabilità diretta del’art. 113 del d.lgs.163/2006 alla gara all’esame. Basti qui solo riportare il disposto dell’art. 113, comma 1 del Codice, a termini del quale “l'esecutore del contratto è obbligato a costituire una garanzia fideiussoria del 10 per cento dell'importo contrattuale”.
Nella narrativa in fatto la deducente lamenta di non essersi riuscita a procurare nei soli 15 giorni lavorativi che la celerità impressa dalla Fondazione al procedimento censurato aveva imposto, l’impegno di un fideiussore a rilasciare una cauzione definitiva di ben 10 milioni di euro.
Pare dunque al Collegio evidente che se l’importo della stessa fosse stato legittimamente contenuto in 210.000 euro, ossia nel consentito 10% di quello contrattuale, presumibilmente la ricorrente si sarebbe procacciata l’impegno la cui omissione ha costituito una delle ragioni della sua impugnata esclusione.
Dal che discende anche la pregnanza e la persistenza dell’interesse a ricorrere della Lingotto Fiere, che il Tribunale deve sempre d’ufficio acclarare fino al momento della decisione della causa.
Illegittimamente, dunque, a parere della Sezione, la cauzione definitiva è stata richiesta in un importo così sproporzionato rispetto a quello a base della competizione.

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