nessuna concreta prova, o principio di prova, sono stati forniti in giudizio al riguardo, sicché la domanda di risarcimento danni non può che essere totalmente respinta
Una volta annullata la intera gara non permane, invero, in capo alle appellanti suddette alcun interesse, nemmeno morale, alla verifica della legittimità o meno di provvedimenti che non esistono più, essendo evidente che esse non potrebbero trarre alcun giovamento dall'eventuale accoglimento del presente appello stante il venir meno dell'intera procedura di gara.
L'interesse ad agire si pone, infatti, tra le condizioni occorrenti necessariamente sia al momento della proposizione del ricorso giurisdizionale che a quello dell'adozione della decisione, con la conseguenza che la carenza sopravvenuta di tale condizione fondamentale determina l'improcedibilità dell’impugnativa
Con riferimento a dette appellanti è quindi da dichiarare improcedibile l’appello nel caso di specie, in cui, per effetto dell'adozione di ulteriori provvedimenti, ancorché non satisfattivi della pretesa fatta valere in giudizio e, quindi, non idonei a far dichiarare la cessazione della materia del contendere, risulti mutata la situazione che aveva dato luogo all'impugnazione, con conseguente sopravvenuta carenza di interesse.
Di Sonia Lazzini
Quanto all’appello incidentale proposto da Controinteressata Europe s.p.a., per la riforma della impugnata sentenza nella parte in cui ha omesso di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria formulata in primo grado e per la condanna della A.U.S.L. n. 3 di Pescara al risarcimento dei danni, va rilevato che la richiesta è basata sul sostanziale motivo che il giudizio di insufficienza qualitativa in base al quale la società era stata esclusa era in grado di pregiudicare gravemente sul mercato la sua immagine industriale e commerciale.
Appare evidente che l’autoannullamento della intera gara da parte della A.U.S.L. n. 3 di Pescara ha travolto anche detto giudizio di insufficienza qualitativa, assuntamente lesivo della sua immagine, sicché nessun danno residua in capo ad essa al riguardo per il futuro.
Quanto alle negative conseguenze che nelle more potrebbero essersi verificate osserva il Collegio che la comune ascrizione dell'illecito commesso dall'amministrazione nell'esercizio dell'attività provvedimentale allo schema della responsabilità extracontrattuale implica che incombe al ricorrente (presunto danneggiato) l'onere di dimostrare l'esistenza di un pregiudizio patrimoniale, la sua riconducibilità eziologia all'adozione del provvedimento illegittimo e la sua misura, come riconosciuto dall'indirizzo prevalente formatosi in seno alla giurisprudenza amministrativa (cfr. ex multis Cons. St., sez. V, 25 gennaio 2002, n.416).
Ne consegue che il ricorrente non può limitarsi ad addurre l'illegittimità dell'atto, valendosi, ai fini della sua quantificazione, del principio dispositivo con metodo acquisitivo e, quindi, della sufficienza dell'allegazione di un principio di prova, ma deve compiere l'ulteriore sforzo probatorio di documentare il pregiudizio patrimoniale del quale chiede il ristoro nel suo esatto ammontare (pur con i limiti ontologici dell'assolvimento di tale onere) e di provare che la rimozione del provvedimento non soddisfa, di per sé, l'interesse azionato e che residua un danno ulteriore nella sua sfera patrimoniale, non interamente reintegrato (in forma specifica) per effetto della caducazione dell'atto.
Nel caso che occupa nessuna concreta prova, o principio di prova, sono stati forniti in giudizio al riguardo, sicché la domanda di risarcimento danni non può che essere totalmente respinta
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