Secondo la norma invocata, in caso di revoca di un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere all’indennizzo dei pregiudizi che la revoca comporta in danno dei soggetti direttamente interessati.
Si tratta di una misura indennitaria volta a compensare il pregiudizio che il privato viene a soffrire in relazione al legittimo esercizio del potere di ritiro di un provvedimento inopportuno, costitutivo di un rapporto dal quale il privato medesimo trae concreta utilità.
Nel caso in esame, non può dirsi ricorrano tali condizioni.
Il promotore assume, oltre al rischio economico, anche quello amministrativo ed è fisiologicamente esposto al dovere permanente dell’amministrazione di verifica della reale fattibilità del progetto da esso presentato; qualora, poi, gli approfondimenti del caso conducano a ravvisare un impedimento prima rimasto occulto, e si imponga un conseguente arresto, anche definitivo, del procedimento, questo non integra un atto di ritiro della iniziale valutazione di interesse pubblico con riferimento al progetto, in quanto il nuovo atto si colloca su un piano del tutto distinto rispetto al precedente, limitandosi a prendere atto dell’esistenza dell’impedimento emerso (C.d.S., sez. V, 7 aprile 2011, n. 2154).
Tanto basta per concludere per il rigetto del ricorso.
Può, peraltro, aggiungersi che, per quanto riguarda le motivazioni collegate alla lamentata inattività (la “colpevole assenza”) del promotore, il provvedimento di revoca assume piuttosto la valenza di un atto sanzionatorio o di decadenza, estraneo alla sfera di applicabilità dell’art. 21 quinquies della l. 241/90 (cfr. C.d.S., sez. V, 17 settembre 2008, n. 4424). Né potrebbero ravvisarsi i presupposti per l’indennizzo previsto per lo speciale caso di annullamento di ufficio ex art. 1, co. 136, della l. 30 dicembre 2004, n. 311 - che, però, non costituisce titolo della domanda di parte ricorrente -, poiché esso spetta soltanto nel caso di annullamento di “provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati”.
Tratto dalla sentenza numero 3274 del 21 giugno 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli
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