Avviso giurisprudenziale, che il Collegio condivide, ha affermato di recente che la richiesta di accertamento del danno “da ritardo” - ovvero del danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento legittimo e favorevole, dopo l’annullamento di un precedente atto illegittimo sfavorevole -, se da un lato deve essere ricondotta al danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, per l’ontologica natura delle posizioni fatte valere, dall’altro, in ossequio al principio dell’atipicità dell’illecito civile, costituisce una fattispecie sui generis, di natura del tutto specifica e peculiare, che deve essere ricondotta all’art. 2043 c.c. per l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità.
Consegue che l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possono, in linea di principio, presumersi iuris tantum, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo nell’adozione del provvedimento amministrativo favorevole, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda (cfr. C.d.S., sez. V^, n. 4237 del 30 giugno 2009).
Orbene, facendo applicazione nel caso in esame di tale avviso, deve escludersi, sotto il profilo del danno emergente, che l’attuale appellata abbia diritto al pagamento di somme corrispondenti alle spese sopportate per la partecipazione alla gara, potendosi riconoscere un tale titolo soltanto allorquando il candidato venga escluso dalla gara di appalto, ma non anche quando questi abbia partecipato alla gara stessa e faccia questione, poi risolta per lui favorevolmente, di collocazione nella graduatoria finale, ai fini dell’aggiudicazione
Infatti, i costi di partecipazione alla gara rilevano come danno emergente solo qualora l’impresa subisca una illegittima esclusione, perché in tal caso viene in rilievo il diritto soggettivo del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili e addirittura illegittime (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV^, n. 3340 del 2008 e sez. VI^, n. 4435 del 2002).
Allo stesso titolo deve essere escluso, in riforma di quanto in proposito ritenuto dal primo Giudice, che l’attuale appellata possa vedersi riconosciute somme erogate per l’assunzione di personale prima che fosse rilasciata la concessione, essendo evidente che nessun imprenditore dà corso alla provvista delle risorse umane necessarie prima che abbia acquisito la certezza dell’ottenimento del titolo utile ad esercitare l’attività programmata. Nella specie, la condizione necessaria era ed è collegata quanto meno all’acquisizione di una posizione utile in graduatoria che è però intervenuta soltanto per effetto del decreto direttoriale del 24 marzo 2003 ed è stata poi rinunziata con la dichiarazione del 14 aprile 2003
Consegue alle ragioni espresse nei capi di motivazione che precedono che, sussistendo specifica responsabilità da ritardo in capo all’Amministrazione ed essendo le motivazioni rassegnate dal TAR per la quantificazione del danno non idonee a giustificare nel caso in esame i criteri di liquidazione individuati, può essere riconosciuto alla ricorrente soltanto una somma che, determinata in via equitativa, la ristori del danno colpevolmente arrecatogli dall’Amministrazione per l’ingiustificato ritardo con il quale soltanto dopo molti mesi la stessa Amministrazione ha riconosciuto, anche formalmente, ciò che aveva già riconosciuto molti mesi prima, sostanzialmente, attraverso atti comunque alla stessa imputabili, come ricavabile dal giudicato formatosi su altra sentenza dello stesso TAR Lazio (n. 6564 del 2002) concernente la prima delle graduatorie qui considerate.
Tratto dalla decisione numero 2675 del 4 maggio 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato
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