Una volta ricostruito l’istituto in questione in termini di sanzione civile indiretta non v’è dubbio che la previsione di cui all’articolo 114, comma 4, lett. e) c.p.a. possa (e debba) trovare applicazione, al ricorrere di tutti gli altri presupposti previsti dalla legge, anche al caso di inadempimento delle obbligazioni pecuniarie.
Non si tratta infatti di stabilire se l’ulteriore somma di denaro irrogata ex articolo 114, comma 4, lett. e) c.p.a. costituisca un indebito arricchimento del creditore ma di applicare una ‘sanzione civile indiretta’ in aggiunta ai tradizionali meccanismi di tutela del creditore rimasto insoddisfatto.
Alla luce delle considerazioni sino a qui esposte, reputando il Collegio che nel caso di specie si ravvisano tutte le condizioni per fare applicazione della norma più volte richiamata, la sentenza appellata – che, con dovizia di argomenti, ha aderito ad un orientamento espresso da alcuni TAR ma contrario all’indirizzo del Consiglio di Stato (Cons. St., IV, 31 maggio 2012 n. 3272 e prima Cons. St., V, 20 dicembre 2011, n. 6688; ma anche Cons. St., VI, 6 agosto 2012 n. 4523; Cons. St., V, 11 giugno 2012 n. 3397) – deve essere riformata per la parte in cui ha escluso l’applicazione del pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato.
Il Consiglio ritiene infatti che sussistano i presupposti stabiliti dall'art. 114 cit. per l'applicazione della sanzione e in particolare:
a) la richiesta dell'applicazione delle sanzioni pecuniarie in questione è stata ritualmente ed espressamente formulata;
b) non emergono profili di manifesta iniquità all'emanazione di una siffatta condanna, risultando - al contrario - che l'attività adempitiva richiesta non presenti profili di particolare complessità;
c) non si reputano esistenti, a differenza di quanto sostenuto nelle difese della parte appellata, ulteriori ragioni ostative che potrebbero militare nel senso di impedire una siffatta pronuncia di condanna.
Conseguentemente
a) l’amministrazione, oltre a dare doverosamente corso a quanto stabilito nella sentenza di primo grado impugnata, dovrà corrispondere una somma pari allo 0,5% di quanto dovuto per ogni mese, o frazione di mese pari o superiore a quindici giorni, di ulteriore ritardo rispetto al termine di giorni sessanta previsto nella parte dispositiva della sentenza appellata (in termini Cons. St., IV, 31 maggio 2012 n. 3272);
b) agli adempimenti di competenza dell’amministrazione provvederà, in via sostitutiva, e con oneri a carico dell’amministrazione intimata, il commissario "ad acta" già designato dalla sentenza impugnata.
a cura di Sonia Lazzini
Nessun commento:
Posta un commento