occorre chiedersi se, in presenza di una dichiarazione difforme, sia legittima l’impugnata esclusione.
La soluzione al quesito è negativa, in ragione di quanto disposto dall’art. 46, comma 1 bis, del codice dei contratti pubblici, che, nell’enucleare il principio di tassatività delle cause di esclusione, stabilisce che «la stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente Codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti …; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle».
Con tale norma il legislatore ha inteso limitare l’applicazione della sanzione espulsiva ai soli casi previsti dalla legge (comprendendo in tale locuzione sia il codice dei contratti pubblici, che altre leggi ed il regolamento attuativo del codice stesso); l’applicazione dell’esclusione dalle procedure di gara è quindi limitata ai casi espressamente previsti da dette fonti normative, ed impedisce alle Stazioni appaltanti di stabilirne ulteriori, a pena di nullità (in termini, tra le tante, T.A.R. Toscana, Sez. I, 6 settembre 2012, n. 1536).
L’applicazione dell’art. 46 comporta che possono essere esclusi solamente i soggetti che versano in una delle situazioni di esclusione previste dall’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006; tra queste, come detto, non rientra la mancata dichiarazione del certificato generale del casellario giudiziale e del certificato dei carichi pendenti.
3. - Si potrebbe obiettare a questo punto che non è stata peraltro impugnata la lettera di invito-lex specialis della gara, nella parte in cui, illegittimamente, impone la dichiarazione da ultimo indicata a pena di esclusione.
A questo riguardo occorre peraltro precisare che la già ricordata previsione dell’art. 46, comma 1 bis, del codice dei contratti pubblici dispone la nullità delle prescrizioni “ulteriori” del bando e delle lettere di invito poste a pena di esclusione; ne consegue che, a termini dell’art. 31 del cod. proc. amm., la nullità dell’atto (presupposto rispetto a quello oggetto di gravame) può essere rilevata d’ufficio dal giudice (in termini T.A.R. Umbria, 31 ottobre 2012, n. 464, nonché T.A.R. Lazio, Sez. II bis, 17 settembre 2012, n. 7812).
a cura di Sonia Lazzini
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