lunedì 10 dicembre 2012

diritto risarcimento violazione appalti pubblici non subordinato carattere colpevole violazione

sull’elemento soggettivo gli argomenti addotti dalla difesa della Provincia Autonoma circa la mancanza di colpa da parte della stazione appaltante, che avrebbe assunto una condotta chiaramente scusabile (v. pagine da 10 a 16 dell’atto di costituzione e replica dell’.8.3.2011) recedono di fronte alla giurisprudenza comunitaria

e, in particolare, alla sentenza CGUE, sezione III, 30.9.2010 –causa C-314/2009 –Stadt Graz, secondo cui, in materia di appalti pubblici di lavori, il diritto a ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice non può essere subordinato al carattere colpevole della violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa nazionale sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, presunzione vincibile soltanto attraverso la dimostrazione della scusabilità dell’errore (v. sent. cit. , pp. 30. e da 35. a 45., cui si rinvia ai sensi degli articoli 114, comma 3, 60 e 74 c. p. a. ).

Non pare tuttavia inutile aggiungere che il rilievo difensivo provinciale secondo cui la circostanza che l’accertamento dell’illegittimità dei provvedimenti adottati contro le ricorrenti, essendo avvenuto solo ad opera del Giudice d’appello con la sentenza n. 4533/10, e non nelle precedenti fasi cautelari e di merito di primo grado, sarebbe idoneo di per sé a escludere la colpevolezza dell’Amministrazione, non persuade il Collegio. Infatti, non sembra possa valere a escludere la colpa la circostanza che il giudice di primo grado abbia dato ragione all’Amministrazione con decisione riformata in grado d’appello, non apparendo ragionevole dare risalto, ai fini risarcitori, a un fatto successivo a quello che ha generato l’illecito giacché, aderendo a quest’ultima tesi, la colpa potrebbe essere ravvisata solo se il privato ottenesse ragione in entrambi i gradi del giudizio, finendo così il procedimento di primo grado per assumere importanza decisiva. Come fondatamente osservano le ricorrenti, se si accogliesse l’argomentazione della Provincia sul punto si giungerebbe all’inaccettabile risultato per cui una sentenza di primo grado riformata in modo integrale in appello continuerebbe in qualche modo a produrre degli effetti destinati a prevalere, all’atto pratico, sull’accertamento contenuto nella sentenza d’appello;
b –sul “quantum”- sull’entità del danno da lucro cessante, da riconoscersi in relazione all’utile economico che sarebbe derivato alle ricorrenti dalla esecuzione dei lavori; ribadito che l’aggiudicazione non è stata disposta a favore delle ricorrenti proprio a causa dell’illegittimità dell’azione amministrativa, si ritiene condivisibile –anche in mancanza di una contestazione specifica da parte dell’Amministrazione, che si è limitata a una critica generica e a rilevare che le ricorrenti non avrebbero comprovato di avere immobilizzato i mezzi d’opera- il conteggio eseguito dalle ricorrenti medesime sulla base degli allegati al fasc. ric. (si vedano, in particolare, i documenti n. 5 e n. 6), da cui risulta una percentuale di utile di impresa, per quanto riguarda la componente Zimmerhofer (ora RICORRENTE), pari al 7,62 % dell’offerta economica presentata all’atto della partecipazione alla gara (l’offerta era di € 6.743.541), e pari quindi a € 393.105; per quanto attiene alla componente Gaetano Ricorrente 2, l’utile risulta invece pari al 6,5 % rispetto alla offerta economica presentata, e quindi è di € 73.032, 64, per complessivi € 466.137,64. La prova del possibile utile c’è e appare attendibile, senza che si debba fare luogo ad alcuna detrazione equitativa secondo quanto indicato dalla difesa provinciale, che ha richiamato la tecnica del decimo rideterminato, in via equitativa, nella misura del 50 %, parametrandolo alla offerta della impresa e proponendo di suddividere il mancato utile così ottenuto per il numero dei partecipanti (otto, in questo caso), secondo una tecnica seguita dalla giurisprudenza per le fattispecie di danno da perdita di chance. In realtà, nel caso in questione viene in rilievo il risarcimento corrispondente all’utile economico che sarebbe derivato dalla esecuzione dei lavori, dato che le ricorrenti risultavano prime nella graduatoria.
Vanno invece impiegati criteri equitativi per quantificare il cosiddetto danno curriculare richiesto dalle ricorrenti (v. pag. 19 ric.). Ci si riferisce al ristoro del pregiudizio economico connesso alla impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico collegato alla esecuzione del lavoro o del servizio. L’impiego di criteri equitativi induce a riconoscere anche questa voce di danno nella misura del 10 % dell’utile economico, per un ammontare, quindi, di € 46.613, 7. Poiché il danno curriculare si concretizza nel nocumento alla immagine sociale della impresa, con riferimento all’aspetto del radicamento nel territorio (cfr. , sul punto, Cons. St. , VI, n. 2751/08), risulta evidente la contiguità con il danno alla immagine “derivante dalla perdita di prestigio nell’ambito del mercato altoatesino legata alla mancata esecuzione dei lavori”, danno quantificato dalle ricorrenti, in maniera forfettaria, nella misura di € 50.000, Ciò. induce il Collegio a respingere la specifica domanda risarcitoria formulata sul punto dalle ricorrenti.
Va soggiunto che, trattandosi di debito di valore, alle ricorrenti spetta anche la rivalutazione monetaria dal giorno della stipulazione del contratto da parte dell’impresa dichiarata illegittimamente aggiudicataria fino alla pubblicazione della presente sentenza, a decorrere dalla quale, in forza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta.
Sulla somma totale, calcolata secondo le indicazioni di cui sopra, vanno invece computati gli interessi legali dalla data del deposito della presente sentenza sino all'effettivo soddisfo (giurisprudenza pacifica, il che esime da citazioni particolari).
In conclusione, il ricorso va accolto come da motivazione e, per l’effetto, la Provincia Autonoma di Bolzano va condannata al risarcimento dei danni nella misura sopra indicata, oltre agli accessori


a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla decisione  numero 661 del  7 febbraio  2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

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