venerdì 26 ottobre 2012

la perdita chance va rapportata in percentuale utile conseguibile in ipotesi aggiudicazione

In caso di annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione di una gara può invero essere riconosciuto il risarcimento del danno per perdita di “chance” anche quando non è possibile acquisire certezza della vittoria della impresa che ha ottenuto l’annullamento.

Quest’ultima, anche se non è nella possibilità di dimostrare che in assenza delle illegittimità riscontrate si sarebbe aggiudicata la gara, subisce comunque un danno, avendo perso la possibilità, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione (la “chance”), di aggiudicarsi la gara.
Detto danno, sulla cui ascrivibilità al negligente comportamento della stazione appaltante nel caso di specie non possono esservi dubbi, come pure con riguardo alla sussistenza del nesso causale, deve intendersi limitato al ristoro della perdita di ”chance” (mancato utile) , atteso che, per le ragioni che saranno di seguito esposte, non spetta anche il rimborso delle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative svolte in vista della conclusione del contratto (danno emergente).

Quanto alla perdita di “chance”, è configurabile nel caso che occupa la sussistenza di danno risarcibile, perché nonostante la statuizione di illegittimità dell’aggiudicazione di cui trattasi, è certa, per il periodo in cui il contratto ha avuto esecuzione, la impossibilità di adozione di atti conformativi idonei a comportare il pieno ripristino della “chance” del concorrente.
La perdita di “chance” va innanzi tutto rapportata in termini percentuali all'utile conseguibile in ipotesi di aggiudicazione della gara ed esecuzione dell'appalto: utile che, può individuarsi in quello dichiarato dalla impresa all’atto della presentazione della offerta o desumibile dal tenore complessivo di essa; in difetto di tali elementi, quanto al caso di specie, appare equa una misura dell’8% rispetto all’importo posto a base d’asta, ribassato in base alla offerta.
Tale quantificazione va poi congruamente ridotta, sia perché non può essere che riferita solo al lasso temporale corrispondente al periodo di servizio già svolto, sia perché si tratta di risarcire una mera chance di aggiudicazione, ed è quindi da dividere per il numero dei partecipanti ammessi alla gara (tre), sia perché la parte appellante non ha dimostrato di essere stata nell'impossibilità di utilizzare, durante il tempo di esecuzione del servizio per cui è giudizio, mezzi e maestranze per l'espletamento di altri e diversi servizi.
A quest’ultimo proposito il mancato utile spetta al ricorrente solo se dimostra di non aver potuto utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della aggiudicazione; in difetto di tale dimostrazione, che compete comunque al concorrente fornire, è da ritenere che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi e da qui la decurtazione di una misura a titolo di “aliunde perceptum vel percipiendum” (cfr. Consiglio di Stato VI, 21 settmbre 2010, n. 7004).
Di conseguenza la somma da corrispondere va ulteriormente ridotta, in misura pari alla metà per la cennata mancata prova .
Spetta infine alla appellante un ulteriore 1 % dell'importo posto a base d'asta, ribassato dall'offerta presentata, ed anche esso rapportato in misura percentuale corrispondente al periodo di efficacia del contratto, a titolo di perdita di chance per danno curriculare, di cui pure l’appellante ha domandato il ristoro.
7.5.- Quanto al danno emergente si osserva che esso, consistente nelle spese sostenute per la partecipazione alla gara di cui trattasi, non è risarcibile in favore dell'impresa che lamenti la mancata aggiudicazione dell'appalto (o anche la sola perdita della relativa chance).
La partecipazione alle gare pubbliche di appalto comporta infatti per le imprese costi che, di norma, restano a carico delle medesime sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione.
Con riguardo a detti costi di partecipazione alla gara, nel caso in cui l'impresa ottenga il risarcimento del lucro cessante per mancata aggiudicazione (o per la perdita della possibilità di aggiudicazione) non vi sono i presupposti per il risarcimento, atteso che mediante esso non può farsi conseguire all'impresa un beneficio maggiore di quello che deriverebbe dall'aggiudicazione (Consiglio Stato, sez. VI, 18 marzo 2011, n. 1681).
7.6.- Le considerazioni sopra effettuate escludono infine la possibilità di accoglimento della richiesta di risarcimento in via equitativa, ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del pregiudizio subìto.
7.7.- Sulle somme dovute per lucro cessante spettano gli interessi e la rivalutazione, come per legge.
7.8.- Ai fini della relativa concreta quantificazione del riconosciuto risarcimento può applicarsi il disposto di cui all'art. 34, comma 4, c.p.a., in base al quale, in caso di condanna pecuniaria, il Giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall'accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l'adempimento degli obblighi ineseguiti.
Il Comune di Sassuolo è quindi tenuto a proporre alla parte appellante il pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento danni, quantificata secondo i criteri sopra indicati, entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione, se anteriore, della presente sentenza, decorso inutilmente il quale detta parte potrà proporre ricorso per ottemperanza.

a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla decisione  numero 5293 del 17 ottobre   2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

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