a fronte di una richiesta di 200.500,00 euro, l’importo del danno emergente risarcibile può equitativamente determinarsi, ex art. 1226 c.c., in misura di 20.000 euro
quanto alla quantificazione del danno risarcibile, la ricorrente deposita in giudizio fatture di acquisto di n. 3 apparecchiature (n.1 macchina lavacarrelli, n. 1 macchina imbustatrice, n. 1 linea da stiro) da utilizzare per l’espletamento del servizio in esame, acquistate tra il 25 settembre e il 6 ottobre 2011, quindi dopo l’intervenuta aggiudicazione provvisoria e prima del ritiro degli atti di gara (14 ottobre 2011) per un totale di 200.500,00 euro.
Trattasi di beni, secondo lo stesso capitolato speciale d’appalto depositato in giudizio, indubbiamente funzionali all’erogazione dello specifico servizio oggetto della gara, in assenza sul punto di qualsiasi contestazione da parte dell’Azienda sanitaria.
Sempre ai fini della determinazione del quantum del danno emergente, vanno poi tenuti in considerazione i seguenti ulteriori elementi. E’ ragionevolmente presumibile che la ricorrente potrà utilizzare comunque le apparecchiature acquistate per l’espletamento di altri servizi, così come cederle in proprietà o in uso ad altri soggetti, circostanza di per sé idonea a consentire, in via equitativa, una riduzione del danno emergente risarcibile pari al 30 % delle spese documentate; sul punto, la ricorrente non fornisce la prova circa il nesso eziologico tra condotta illecita e danno lamentato, non dimostrando la strumentalità dei beni acquistati all’espletamento del servizio di che trattasi, pur potendosi tale circostanza agevolmente presumere ex art. 2769 c.c. sulla base del periodo temporale di acquisto. Deve poi tenersi conto della stessa “debolezza” dell’aspettativa dell’aggiudicatario provvisorio, così come del concorso di colpa (art. 1227 c. 1 c.c.) alla causazione del danno, potendo egli attendere l’aggiudicazione definitiva prima di procedere all’effettuazione delle suddette spese: tali significativi elementi fanno ritenere equa, ex art. 1226 c.c., una ulteriore riduzione del danno emergente risarcibile di una ulteriore percentuale del 60 % rispetto alle spese documentate.
In considerazione di tutti i suesposti elementi, l’importo del danno emergente risarcibile può equitativamente determinarsi, ex art. 1226 c.c., in misura di 20.000 euro.
Non risarcibile è invece il lamentato danno da lucro cessante (interesse contrattuale negativo) limitandosi la ricorrente ad offrire elementi esclusivamente indiziari delle occasioni di guadagno medio tempore perdute, indicando all’uopo varie gare d’appalto indette da altre Amministrazioni nell’arco temporale di espletamento della gara, a cui la ricorrente non avrebbe potuto partecipare. Come noto, in tema di responsabilità civile della P.A. se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile l'obbligo di allegare circostanze di fatto precise; sicché, quando il soggetto onerato della allegazione e della prova dei fatti non vi adempie, non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del pregiudizio subito, né può essere invocata una consulenza tecnica d'ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell' onere probatorio da parte del privato (ex multis T.A.R. Sicilia Catania Sez. II, 21 marzo 2012, n. 709; Consiglio di Stato sez. V 27 aprile 2012 n. 2449; id. sez. V, 28 febbraio 2011, n.1271).
Nella fattispecie, anche secondo il più favorevole criterio del “più probabile che non” (ex plurimis Cassazione civ. sez. III 18 giugno 2012, n. 9927) risulta carente l’indispensabile nesso di consequenzialità diretta tra il comportamento scorretto dell’Amministrazione e la mancata aggiudicazione (anche in termini di chance) in favore della ricorrente delle gare bandite nell’arco temporale di riferimento, dipendendo essa da molteplici fattori, tra cui il possesso dei requisiti prescritti e il numero dei partecipanti alle gare stesse, autonomamente idonei sotto il profilo causale a determinare l’impossibilità di stipulazione.
4.3. Conclusivamente il risarcimento complessivamente dovuto dall’Amministrazione resistente ammonta pertanto a 20.000,00 (ventimila//00) euro. Su detta somma compete la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, trattandosi di debito di valore, con decorrenza dal 14 ottobre 2011 (data della revoca della gara) fino alla data di deposito della presente decisione; sulla somma così rivalutata si computeranno gli interessi legali calcolati esclusivamente dalla data di deposito della presente decisione fino all'effettivo soddisfo (cfr. in questo senso Consiglio di Stato, sez, VI, 21 maggio 2009, n. 3144).
4.4. Deve infine conseguentemente respingersi la domanda di condanna dell’Amministrazione alla corresponsione dell’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies legge 241/90 in ipotesi di revoca legittima degli atti “ad efficacia durevole”, in quanto espressamente subordinata al mancato accoglimento della domanda risarcitoria; per altro, la tutela indennitaria in questione è nella fattispecie inconfigurabile, poiché l’aggiudicazione provvisoria, con le sue caratteristiche di provvisorietà ed instabilità, non può rientrare nella categoria degli “atti ad efficacia durevole”, caratteristica questa da riconoscere solo all’aggiudicazione definitiva (in questi esatti termini Consiglio di Stato sez. III 11 luglio 2012, n. 4116; id. sez. V 5 aprile 2012, n. 2007).
a cura di Sonia Lazzini
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