è indubbio, ad avviso del Collegio, che anche alla luce della disciplina contenuta nel novellato comma 1 dell’art. 23 del Codice dell’amministrazione digitale («Le copie su supporto analogico di documento informatico, [...] hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale da cui sono tratte se la loro conformità all'originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato»), poiché l’impresa concorrente alla gara aveva deciso di avvalersi della possibilità di produrre una garanzia provvisoria – nel caso di specie una polizza assicurativa – in formato digitale, essa era conseguentemente tenuta ad osservare tutte le regole che stanno a presidio di tale modalità documentale che, nel nostro ordinamento, trovano oggi compiuta disciplina nel predetto Codice dell’Amministrazione digitale approvato con d. lgs. n. 82 del 2005.
E, tra tali regole, non può prescindersi dal considerare quella che consente di scegliere, nella procedimentalizzazione dell’ affidamento di contratti pubblici, tra le due opzioni fissate dalla legge: o la diretta produzione del documento informatico, ovvero la produzione di copia (ormai) su supporto analogico dello stesso. Le copie su supporto analogico sostituiscono ad ogni effetto l’originale da cui è tratto se la loro conformità all'originale in tutte le componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato: autenticazione che il Collegio non ritiene surrogabile da altre modalità, ivi compresa l’apposizione di firme autografe sul documento (che nel caso di specie sussiste).
Ad opposte conclusioni, invero, potrebbe giungersi sulla base del comma 2 del medesimo art. 23 secondo il quale la copia analogica del documento informatico ha la stessa efficacia probatoria dell'originale se la sua conformità non è espressamente disconosciuta.
Tuttavia l’applicazione di tale regola alle gare pubbliche non potrebbe prescindere dal considerare «autocertificabile» l’assunzione dell’obbligazione di garanzia da parte del garante, ciò che è costantemente escluso dalla giurisprudenza, stante la natura di scrittura privata della polizza fideiussoria.
L’invocazione, da parte del Comune, dell’esistenza di una dichiarazione di conformità della copia cartacea della polizza resa dalla Compagnia assicuratrice è priva di consistenza poiché, da una parte, la predetta dichiarazione non reca nessuna sottoscrizione e, dall’altra, è incontrovertibile che essa non promani da un «pubblico ufficiale autorizzato» come previsto dalla legge.
Ancora, anche l’addotta possibilità per la commissione di gara di procedere ad una verifica dell’autenticità della polizza non fa venir meno l’erroneità dell’operato dell’Amministrazione: si tratterebbe, seguendo tale linea interpretativa, di ritenere attribuito alla commissione di gara ( o anche alla stazione appaltante) un compito non previsto da alcuna disposizione di legge e foriero di creare nocumento alle esigenze di speditezza della procedura, indefettibili nell’ottica di una celere conclusione delle operazioni e della conseguente stipulazione del contratto cui si ispira l’ordinamento.
Calando le suesposte coordinate ricostruttive al caso di specie, poiché la controinteressata Controinteressata ha prodotto copia su supporto cartaceo (recte: analogico) della polizza generata in formato digitale e tale copia non risulta corredata dall’attestazione di conformità all’originale informatico resa da pubblico ufficiale autorizzato, la stessa avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.
Al lume delle suesposte considerazioni, assorbito ogni ulteriore motivo irrilevante ed ininfluente ai fini della presente decisione il ricorso, quanto alla domanda caducatoria ed in ragione della fondatezza del primo motivo, va accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti con lo stesso impugnati.
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