Sull’ “an” e sul “quantum” del risarcimento del danno per equivalente.
l’affidamento dell’attività di progettazione agli appellanti è stato negato esclusivamente a causa della illegittima, mancata esclusione della controinteressata dalla procedura,
e che deve perciò ritenersi raggiunta la prova positiva della certezza dell’aggiudicazione agli appellanti, la dimostrazione del danno subito dagli appellanti medesimi è “in re ipsa”
Essa riguarda in via esclusiva il profilo del lucro cessante, da riconoscersi in relazione al mancato utile derivato agli appellanti dalla impossibilità di conseguire i ricavi direttamente connessi alla esecuzione della attività di progettazione.
gli argomenti addotti dalla difesa civica sulla scusabilità dell’errore nel quale è incorso il seggio di gara recedono di fronte alla sentenza CGUE -sezione III, 30.9.2010 -causa C314/2009 -Stadt Graz, secondo cui, in materia di appalti pubblici di lavori (ma con statuizione come detto estensibile alle attività di progettazione, vista la “eadem ratio”), il diritto di ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un'amministrazione aggiudicatrice non può essere subordinato al carattere colpevole della violazione, anche nel caso in cui l'applicazione della normativa nazionale sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all'amministrazione suddetta, presunzione vincibile attraverso la dimostrazione della scusabilità dell'errore (v. sent. cit., pp. 30. e da 35. a 45. , cui si rinvia ai sensi degli articoli 60, 74 e 88, comma 2, lett. d) del c. p. a. ; sulla non necessità di accertare la componente soggettiva dell’illecito alla stregua della sentenza “Stadt Graz” si vedano, di recente, le sentenze di questa Sezione nn. 661/12, 6127/11 e 1193/11, quest’ultima in tema non di lavori ma di fornitura di ausili sanitari).
Le considerazioni suesposte esonerano perciò il Collegio dal ripercorrere l’iter argomentativo imperniato sulla inescusabilità della condotta del Comune.
decisione numero 3314 del 5 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato
Occorre soggiungere che a differenza di quanto sostiene la difesa del Comune il nesso causale sussiste atteso che se il RTP SOTEC fosse stato escluso dalla procedura (come il TAR e il Consiglio di Stato, in sentenza, avevano stabilito che dovesse avvenire, avendo la misura cautelare del Giudice amministrativo natura ed effetti interinali, ed essendo destinata a essere assorbita dalla sentenza di merito), l’incarico di progettazione sarebbe stato attribuito all’ATP PCA.
Sull’ “an” e sul “quantum” del risarcimento del danno per equivalente.
Sull’ “an”, ribadito che l’affidamento dell’attività di progettazione agli appellanti è stato negato esclusivamente a causa della illegittima, mancata esclusione del RTP SOTEC dalla procedura, e che deve perciò ritenersi raggiunta la prova positiva della certezza dell’aggiudicazione agli appellanti, la dimostrazione del danno subito dagli appellanti medesimi è “in re ipsa”.
Essa riguarda in via esclusiva il profilo del lucro cessante, da riconoscersi in relazione al mancato utile derivato agli appellanti dalla impossibilità di conseguire i ricavi direttamente connessi alla esecuzione della attività di progettazione.
Sin da ora va precisato che si ritiene che agli appellanti spetti anche il risarcimento del cosiddetto “danno curriculare”.
Quanto all’utile economico che sarebbe derivato agli appellanti dalla esecuzione della attività di progettazione, la “perizia di stima del danno” arch. Filippi, depositata in giudizio il 28.12.2011, richiama, a pagina 2, le statistiche elaborate dalla Agenzia delle Entrate in base ai dati degli studi di settore relativi alle società e ai professionisti operanti nel campo delle prestazioni professionali di ingegneri e architetti. Dai dati messi a disposizione dall’Agenzia si rileva che nel settore interessato, su scala nazionale, l’utile sarebbe rappresentato da una percentuale variabile tra il 40% e il 60% dei ricavi. Il mancato utile netto dei ricorrenti / appellanti viene stimato, in via cautelativa, nella percentuale minima “pari al 40% dell’importo corrisposto ai progettisti”.
Il Collegio ritiene eccessiva la quantificazione del mancato utile indicata in perizia.
In primo luogo è verosimile che, sul piano statistico, i dati forniti dall’Agenzia delle Entrate con riferimento alle prestazioni professionali di ingegneri e architetti –dati che, considerando numerose variabili idonee a influenzare il risultato economico del professionista, valgono come mere ipotesi probabilistiche- riguardino, in misura predominante, contrattazioni tra privati, contrattazioni che non soggiacciono alle regole proprie delle procedure pubbliche e che possono quindi consentire margini di guadagno superiori rispetto a queste ultime.
In secondo luogo, se appare ragionevole ipotizzare che in tema di prestazioni di opere dell’ingegno, con specifico riguardo alle attività del progettista, il rapporto tra costi e ricavi possa essere diverso rispetto a quanto avviene per gli appalti di lavori pubblici, giacchè nei lavori pubblici incidono in modo sensibile i costi delle materie prime, del cantiere, per la manodopera e per l’acquisto o il noleggio di macchinari, mentre l’attività di progettazione, come avviene per ogni prestazione d’opera intellettuale, è affidata in via prevalente al lavoro intellettuale del progettista, non va però sottaciuto che la giurisprudenza, nel determinare il risarcimento del danno da lucro cessante in materia di lavori pubblici (ma anche di attività di progettazione : v. Cons. St. , VI, nn. 115/12 e 1774/03) applica, di regola, il cosiddetto “criterio del decimo” limitando il risarcimento per equivalente alla misura massima del 10% del prezzo offerto.
In questo contesto, il Collegio stima equo determinare il mancato utile nella misura della metà di quanto specificato nella perizia di parte, vale a dire nella misura del 20% del prezzo indicato nella offerta economica del RTP PCA.
Poiché nella perizia il mancato guadagno è ragguagliato non solo all’incarico di progettazione dell’intervento e al coordinamento della sicurezza, ma anche a “integrazioni di onorari” per attività ulteriori, deliberate a partire dal 18.12.2003 e che esulano dall’oggetto specifico della procedura, occorre precisare che la determinazione del mancato guadagno dovrà essere parametrata in via esclusiva alla offerta economica presentata dal RTP PCA nella procedura che si è conclusa nella seduta del 18.10.2002.
Occorre inoltre puntualizzare –v. “supra”, p. 3.2., “in finem”, e 4.1.- che nel quantificare le somme da versare agli appellanti si terrà conto del fatto che il giudizio è stato proposto solo da tre dei cinque partecipanti alla procedura, non avendo proposto ricorso gli offerenti RICORRENTE 2 e RICORRENTE 5. Stando alla perizia, sul punto non contestata dalla difesa comunale (v. pag. 8), gli appellanti vantavano nel complesso una percentuale del 65% sull’importo dei compensi, data dalla somma delle rispettive percentuali parziali. La quantificazione del danno dovrà pertanto essere proporzionalmente ridotta sulla base del riparto “pro quota” indicato nella perizia.
4.3.2.2. - Vanno impiegati criteri equitativi per quantificare il cosiddetto danno curriculare richiesto dagli appellanti (v. pag. 20 ric. app.) .
Ci si riferisce al ristoro del pregiudizio economico connesso alla impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico collegato alla esecuzione della attività di progettazione. L’impiego di criteri equitativi induce a riconoscere questa voce di danno nella misura del 10 % dell’utile economico (detto altrimenti, nel 2% del prezzo offerto). Poiché il danno curriculare si concretizza nel nocumento alla immagine sociale della impresa, o del professionista, con riferimento all’aspetto del radicamento nel territorio (cfr. , sul punto, Cons. St. , VI, n. 2751/08), risulta evidente la contiguità con quello che in perizia viene qualificato come “danno per il mancato ritorno di immagine”.
4.3.2.3.- Non sono invece liquidabili le spese e i costi sostenuti dal RTP PCA per la preparazione dell’offerta e più in generale della documentazione di gara (v. pag. 4 perizia). La partecipazione alla gara implica infatti oneri che, almeno di regola, restano a carico del soggetto che abbia inteso prendere parte a una procedura di selezione, e ciò sia nel caso di aggiudicazione, sia nella ipotesi di mancata aggiudicazione : le spese di partecipazione alla gara sono il “prezzo dell’acquisto di una opportunità di guadagno” (così Cons. St. , V, 541/12 e 808/10, p. 17.3. ; v. anche IV, n. 6485 del 2010, § 44, cui si rinvia ai sensi degli articoli 60, 74 e 88, comma 2, lett. d) del cod. proc. amm.).
4.3.2.4. - Non è riconoscibile nemmeno il pregiudizio economico sofferto per la gestione della gara, incluso quello connesso alla assistenza e alla consulenza legale e alle spese di difesa giudiziale, con riguardo al giudizio impugnatorio terminato con la sentenza Cons. St. , V, n. 1805/05. In sede di liquidazione del risarcimento del danno per mancata aggiudicazione non è, infatti, ravvisabile una responsabilità delle parti per spese legali e per danni processuali atteso che, per quanto riguarda in particolare le spese legali si tratta di danni successivi all’aggiudicazione, come tali non riconoscibili. In materia di spese processuali trova inoltre applicazione non la disciplina dell’illecito aquiliano dettata dall’art. 2043 cod. civ. , ma la disciplina di cui agli articoli 90 e seguenti c. p. c. , disposizioni applicabili anche nei giudizi amministrativi (conf. Cons. St. , V, 541/12, 6873/09 e IV, 3340/08; v. anche CdS, VI, n. 2751/08, cui si rinvia ex c. p. a. ) . Le spese per reperire la documentazione necessaria per “la procedura di ricorso” (v. pag. 5 perizia), in quanto propedeutiche rispetto alle spese propriamente legali, vanno assoggettate al “regolamento” appena stabilito per quest’ultima tipologia di spese.
4.3.2.5.- Va soggiunto che, trattandosi di debito di valore, agli appellanti spetta anche la rivalutazione monetaria dal giorno della stipulazione del contratto da parte della società dichiarata illegittimamente aggiudicataria fino alla pubblicazione della presente sentenza, a decorrere dalla quale, in forza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta.
Sulla somma totale, calcolata secondo le indicazioni fatte sopra, vanno invece computati gli interessi legali dalla data del deposito della presente sentenza sino all'effettivo soddisfo (giurisprudenza pacifica, il che esime da citazioni particolari).
In conclusione, il ricorso in appello va accolto come da motivazione e, per l'effetto, il Comune di Torino va condannata al risarcimento dei danni nella misura sopra indicata, oltre agli accessori.
A cura di Sonia Lazzini
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