lunedì 19 dicembre 2011

la richiesta di tutela risarcitoria in forma specifica si esplica e realizza appunto con la domanda di caducazione del contratto d’appalto concluso in attuazione della gara svoltasi con procedura illegittima

La richiesta formulata dalla società interessata ( qualificabile come domanda di subentro ) mira ad ottenere l’aggiudicazione in suo favore della gara di cui si tratta, una volta ch’è passata in giudicato la pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione a suo tempo disposta dall’Amministrazione in favore del Consorzio anch’esso qui appellato.
Tale nuova attività amministrativa presuppone l'accertamento della inefficacia del contratto, dipendente dall'annullamento della aggiudicazione ( Cons. St., III, 11 marzo 2011, n. 1570 ).
In questa prospettiva, la domanda di conseguire l’aggiudicazione ed il contratto, che la ricorrente ha formulato con chiarezza già nel ricorso di primo grado ( sì che infondata si rivela l’eccezione formulata dall’Avvocatura Generale dello Stato nel senso della sua proposizione per la prima volta in appello ), si configura (rientrando pacificamente nei poteri del Giudice quello di qualificare l’azione proposta) come richiesta di risarcimento in forma specifica ( ex art. 124 c.p.a. ), proponibile nel processo di ottemperanza ai sensi dell’art. 112, comma 4, c.p.a.
Si tratta allora di una domanda ammissibile in sede di ottemperanza, perché diretta a definire una delle possibili modalità di attuazione del giudicato, anche quando, come appunto accade in fatto nella fattispecie e come sul punto esattamente rilevato dal T.A.R., “alcun’espressa domanda” ( non potendosi certo considerare tale la allora sottolineata deduzione, svolta nella qualità di precedente gestore del servizio, di voler impedire la stipula del contratto di appalto con il soggetto risultato aggiudicatario ai fini del proseguimento in regime di prorogatio del rapporto ormai esaurito ) era stata in tal senso avanzata nel giudizio di cognizione.
L’accoglimento di tale domanda presuppone tuttavia, come già accennato, a norma dell’art. 124 citato, la dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, comma 1 e 122 c.p.a.; in difetto della stessa, invero, il contratto deve ritenersi valido ed efficace pur in presenza di annullamento dell’aggiudicazione.
Infatti, dopo l'entrata in vigore delle disposizioni attuative della direttiva comunitaria 2007/66/CE, ora trasfuse negli artt. 121 e 122 del codice del processo amministrativo, in caso di annullamento giudiziale dell'aggiudicazione di una pubblica gara, spetta al giudice amministrativo il potere di decidere discrezionalmente ( anche nei casi di violazioni gravi ) se mantenere o meno l'efficacia del contratto nel frattempo stipulato; il che significa che l'inefficacia non è conseguenza automatica dell'annullamento dell'aggiudicazione, che determina solo il sorgere del potere in capo al giudice di valutare se il contratto debba o meno continuare a produrre effetti.
La privazione degli effetti del contratto in conseguenza dell'annullamento dell'aggiudicazione è dunque oggetto di una pronuncia giurisdizionale tipica.
5. – Orbene, precisato che ( a differenza di quanto con uno dei profili di impugnazione sostiene l’appellante ) la fattispecie all’esame è regolata dalla disciplina innovata dal recepimento della direttiva ricorsi 2007/66/CE ( giacché il d. lgs. 20 marzo 2010, n. 53, in quanto norma processuale, in difetto di diversa previsione transitoria, regola tutti gli atti successivi alla sua entrata in vigore, intervenuta il 27 aprile 2010, radicando la giurisdizione del giudice amministrativo sulla sorte del contratto anche per appalti come nella specie aggiudicati anteriormente e trovando applicazione anche in relazione ai giudizii, quale quello a quo, in corso a tale data: Cons. St., VI, 15 giugno 2010, n. 3759 ), che la relativa pronuncia del T.A.R. ( n. 3425/2010, di cui qui si chiede l’esecuzione ) ha omesso ( senza esser stata sul punto fatta oggetto di appello incidentale da parte vincitrice ) qualsiasi riferimento esplicito alla efficacia ed alla sorte del contratto e che dunque è sicuramente incompatibile con il contenuto motivazionale e dispositivo della sentenza stessa la prospettazione di un effetto caducante del contratto promanante dall’annullamento dell’aggiudicazione con la stessa inequivocabilmente disposto, occorre qui dirimere la questione se l’inefficacia del contratto, quale condizione logica necessaria ed imprescindibile del risarcimento in forma specifica legittimamente ( come s’è visto ) perseguibile in sede di ottemperanza, possa essere dichiarata, su domanda dell’interessato, dal giudice dell’esecuzione in sede di individuazione delle misure di attuazione del giudicato ritenute più opportune per la soddisfazione dell’interesse del ricorrente che ivi abbia proposto domanda di tutela in forma specifica, o se invece, come ritenuto dal T.A.R. con la sentenza impugnata, tale potere debba intendersi riservato al Giudice di cognizione.
Ritiene in proposito la Sezione che, una volta che il legislatore stesso ha espressamente attribuito al giudice dell’ottemperanza anche la cognizione della pretesa a conseguire l’aggiudicazione dell’appalto in termini di risarcimento in forma specifica, non possa dubitarsi che la cognizione dello stesso si estenda in tal caso anche all’accertamento costitutivo della relativa condizione, data dall’inefficacia del contratto a séguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, disposto nella precedente fase di cognizione; tanto perché la richiesta di tutela risarcitoria in forma specifica si esplica e realizza appunto con la domanda di caducazione del contratto d’appalto concluso in attuazione della gara svoltasi con procedura illegittima ( Cass., n. 2906/2010 ).
Invero, nella materia di cui si tratta, il giudizio amministrativo di ottemperanza mira, con l’individuazione delle misure attuative del giudicato, alla reintegra effettiva del bene della vita in concreto protetto dagli interessi legittimi riconosciuti come lesi nella sentenza di cognizione, che ha pronunciato sulla domanda di annullamento dell’affidamento dell’appalto; ed attiene appunto a tale reintegra la domanda del concorrente, pretermesso dal contratto illecitamente, di essere reintegrato nella sua posizione, con la privazione di effetti del contratto eventualmente stipulato tra l’Amministrazione aggiudicatrice con il concorrente alla gara scelto in modo illegittimo.
Del resto, il giudizio di ottemperanza si caratterizza ( anche ) per essere giurisdizione di mérito ( v. art. 134, comma 1, lett. a), c.p.a. ), alla quale dunque ben possono essere ricondotti gli incisivi poteri attribuiti al Giudice dall’art. 122 c.p.a. in ordine alla valutazione, all’opportunità ed alla convenienza di mantenere l’efficacia del contratto ovvero di porla nel nulla, eventualmente anche con effetto retroattivo.
Né osta ad una siffatta ricostruzione interpretativa la lettera dell’art. 122 cit. laddove affida tale potere al giudice che annulla l’aggiudicazione, dal momento che l’annullamento dell’aggiudicazione e la privazione degli effetti del contratto sono strettamente interconnessi, derivano da una fattispecie unitaria e sono entrambi oggetto di una cognizione piena e diretta del giudice amministrativo, che, tenuto conto del carattere tipicamente misto dei poteri del giudice dell’ottemperanza ( di cognizione e di esecuzione ) e del logico continuum in cui si pongono l’uno rispetto all’altro il giudizio di cognizione e quello di ottemperanza ( che ha ad oggetto la verifica di conformità dei comportamenti dovuti a seguito dei precetti contenuti nella sentenza passata in cosa giudicata ), consente di individuare come giudice dell’annullamento dell’aggiudicazione ( da intendersi allora come giudice del rapporto tra fase di evidenza pubblica e stipula del contratto di appalto ) anche il giudice dell’ottemperanza chiamato a pronunciarsi sul subentro del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione quale ipotesi sostanziale di risarcimento.
D’altronde, la privazione degli effetti del contratto è disposta sulla base di determinati presupposti, in esito ad un’indagine che riguarda specifiche condizioni stabilite dalle proposizioni normative ed involge considerazioni di opportunità, che si affiancano alle ragioni dell’annullamento del titolo costituito dall’aggiudicazione, cui sicuramente si estendono i poteri cognitivi classici del giudice dell’ottemperanza, sì da poterlo anche per tal verso ricomprendere nella nozione di giudice dell’annullamento.
In ogni caso, ipotizzare che l’ammissibilità di una domanda di conseguimento dell’aggiudicazione e del contratto in fase esecutiva possa ritenersi subordinata all’accertamento della relativa “condizione” ( la dichiarazione di inefficacia del contratto ) riservato alla fase di cognizione, significherebbe comprimere irragionevolmente la soddisfazione delle posizioni soggettive a tutela delle quali si è agito in giudizio, in contrasto con il principio di effettività delle azioni esercitate, cui sono con tutta evidenza ispirate le vedute norme del codice del processo amministrativo sull’esecuzione in forma specifica nella materia dei contratti pubblici e, più in generale, sulla proponibilità dell’azione risarcitòria nella sede dell’ottemperanza.
6. – Tanto premesso, il Collegio ritiene che la domanda di reintegrazione in forma specifica avanzata dall’appellante col ricorso di primo grado ed in questa sede ribadita, possa essere accolta, sussistendo i presupposti per la dichiarazione di inefficacia del contratto ex art. 122 c.p.a. ( non rientrando la fattispecie nell’ipotesi di annullamento dell’aggiudicazione per gravi violazioni ex art. 121, comma 1, c.p.a. ), dal momento che il vizio dell’aggiudicazione non comporta l’obbligo per la stazione appaltante di rinnovare la gara ma lo scorrimento della graduatoria, nella quale la ricorrente si è classificata seconda, con offerta peraltro successivamente valutata come non anomala dall’Amministrazione; a tale dichiarazione non ostano poi né la natura dell’appalto ( di servizii, nel quale classicamente un appaltatore può sostituirsi all’altro nella esecuzione delle prestazioni di capitolato senza particolari disfunzioni, peraltro in nessun modo emerse nelle difese delle resistenti ), né lo stato di esecuzione del contratto, la cui durata triennale verrà a scadere, secondo le non contestate deduzioni dell’appellante, nel febbraio 2013.
Il conseguente subentro nella esecuzione dello stesso da parte della ricorrente è interamente satisfattivo dei danni correlabili alla quota di servizii ( residui ), che essa andrà a eseguire.
Relativamente alla quota di servizii già eseguiti da parte della controinteressatata nulla è da statuirsi circa un eventuale risarcimento per equivalente, non avendo la ricorrente proposto alcuna domanda in tal senso.
Valutati gli interessi delle parti e bilanciati gli stessi con l'interesse pubblico, si ritiene giusto dichiarare l'inefficacia del contratto di appalto a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di ricezione della comunicazione in via amministrativa (o, se anteriore, a quello di notifica) della presente decisione, con obbligo per l’Amministrazione di procedere, entro detto termine, alla stipula di contratto di appalto con l’odierna appellante con scadenza uguale a quella del contratto dichiarato inefficace, previa aggiudicazione in favore della stessa e previa verifica dell’insussistenza a carico dell’aggiudicatario di ogni eventuale impedimento alla stipula.

Consiglio  di Stato con la decisione numero 6638 del 19 dicembre 2011

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