lunedì 13 agosto 2012

il rifiuto a prendere in consegna le aree di cantiere è causa di escussione provvisoria

La mancata presa in carico delle aree di cantiere e dei lavori comporta l'annullamento dell'aggiudicazione e l'incameramento della cauzione provvisoria

la presunta non cantierabilità delle opere – significata dalla società ricorrente sia nelle comunicazioni intercorse con l’azienda resistente a giustificazione dell’indisponibilità a prendere in consegna i lavori, sia nei propri scritti difensivi – è rimasta in ogni caso indimostrata
La revoca dell’aggiudicazione, non può essere considerata un provvedimento imprevedibile o inaspettato, perché fondata sulla preventiva contestazione di un fatto giuridico – l’inadempimento all’obbligo di prendere in consegna i lavori – che l’art. 129, comma 7 del DPR 554/99 (applicabile ratione temporis alla fattispecie) individua(va) come condizione sufficiente per l’attivazione del potere di autotutela direttamente incidente sul rapporto instaurato tra le parti con l’aggiudicazione definitiva,

prevedendosi che “qualora l'appaltatore non si presenti nel giorno stabilito, il direttore dei lavori fissa una nuova data. La decorrenza del termine contrattuale resta comunque quella della data della prima convocazione. Qualora sia inutilmente trascorso il termine assegnato dal direttore dei lavori, la stazione appaltante ha facoltà di risolvere il contratto e di incamerare la cauzione”.

il rifiuto della società ricorrente a prendere in consegna le aree di cantiere, astrattamente riconducibile al principio di cui all'art. 1460 c.c., secondo cui “inadimplenti non est adimplendum”, non risulta supportato dalla prova dell’inadempimento della stazione appaltante, essendosi valutata come inconsistente, e quindi meramente dilatoria, la censura di presunta non cantierabilità dei lavori.
A ciò va aggiunta l’urgenza che connotava il programma dei lavori, chiaramente espressa nel disciplinare d’oneri e nelle successive comunicazioni della stazione appaltante, che ha conseguentemente dispiegato i propri effetti sui provvedimenti con cui si è inteso rimediare alla registrata situazione di inerzia


Passaggio tratto dalla sentenza numero 1833 del 28 giugno 2012 pronunciata dal Tar Lombardia, Milano
- tra la revoca dell’aggiudicazione e la risoluzione (o meglio, la caducazione) del rapporto contrattuale non sussiste un’autonomia logico-giuridica, bensì un rapporto di stretta connessione che costituisce il risultato dell’elaborazione perfezionatasi dapprima nell’ordinamento comunitario con l’emanazione della c.d. seconda direttiva ricorsi (n. 2007/66/CE), e poi, in sede di recepimento, nell’ordinamento nazionale;
- la stazione appaltante, a consuntivo della riscontrata indisponibilità della società ricorrente – che si è infine rivelata un sostanziale rifiuto – a prendere in consegna le aree di cantiere, non poteva che applicare la disposizione di cui all’art. 129, comma 7 del D.P.R. n. 554/99 per definire l’insorta pendenza e precostituirsi la possibilità di avviare una nuova procedura di affidamento dei lavori;
- occorre valutare la correttezza dell’esercizio del potere di autotutela, con particolare riferimento alla gravità dell’inadempimento della ricorrente in rapporto al provvedimento di caducazione del rapporto contrattuale. Sul punto, il Collegio ritiene utile richiamare il criterio guida riproposto, recentemente, dalla Corte di Cassazione, secondo cui la gravità dell’inadempimento deve essere accertata non solo in relazione alla sua entità oggettiva, ma anche con riguardo all’interesse che l’altra parte (nel caso di specie, la stazione appaltante) intendeva realizzare e sulla base, quindi, di un metodo che “consenta di coordinare il giudizio sull'elemento oggettivo della mancata prestazione, nel quadro dell'economia generale del contratto, con gli elementi soggettivi, investendo le modalità e le circostanze del concreto svolgimento del rapporto” (cfr. Corte di Cassazione, sez. II, 6 marzo 2012, n. 3477);
- la stazione appaltante, con la diffida ad adempiere del 29.9.2008, ha dissipato ogni elemento di dubbio sulla (presunta) non cantierabilità dell’opera ed ha fissato il termine per adempiere al 2.10.2008, preannunciando quali sarebbero stati i provvedimenti conseguenti;
- la previsione di un termine tassativo di decorrenza della consegna delle aree di cantiere (fissato all’1.7.2008 e poi successivamente prorogato sino al 2.10.2008), non disgiunta dalla preventivata durata dei lavori (14 mesi), costituisce un chiaro sintomo dell’interesse della stazione appaltante al sollecito avvio dell’opera e quindi avvalora la legittimità della propria condotta;
- la circostanza che l’Azienda Trasporti Milanesi S.p.A. abbia più volte procrastinato il termine di consegna non può essere intesa come un indice di contraddittorietà dell’azione amministrativa, quanto, piuttosto, come una concreta attuazione del principio di buona fede contrattuale, specificata negli obblighi di salvaguardia e conservazione del rapporto (quantunque, si è detto, il contratto non fosse stato ancora stipulato), che non determinava, al contrario di quanto assume la società ricorrente, nessun sovvertimento del prioritario interesse della stazione appaltante alla sollecita realizzazione dell’opera;
- la presunta non cantierabilità delle opere – significata dalla società ricorrente sia nelle comunicazioni intercorse con l’azienda resistente a giustificazione dell’indisponibilità a prendere in consegna i lavori, sia nei propri scritti difensivi – è rimasta in ogni caso indimostrata, non già soltanto a seguito di quanto precisato con la richiamata diffida ad adempiere del 29.9.2008, ma anche considerando che dopo la revoca dell’aggiudicazione la stazione appaltante ha proceduto ad affidarli ad altra impresa, né risultando mai espressi, da parte del direttore dei lavori, valutazioni o giudizi tecnici (anche in chiave meramente dubitativa) che potessero dare senso a tale presunzione.
Al contrario, risulta che il direttore dei lavori ha verbalizzato in data 1.9.2008 che la società ricorrente aveva comunicato l’impossibilità di presenziare alla consegna, tanto che lo stesso l’aveva poi invitata a trasmettere una “giustificazione scritta”;
- il potere di apprezzamento dell’inadempimento contrattuale a fini della revoca sanzionatoria dell’aggiudicazione, che viene in evidenza nella fattispecie, è strutturalmente diverso dal potere di valutazione dei presupposti della revoca ex art. 21 quinquies della legge n. 241/90, perché nel primo caso non viene in evidenza una valutazione di opportunità, bensì una verifica sull’inadempimento, sia pure con diverse e possibili graduazioni della sua rilevanza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2010, n. 4534).

A cura di Sonia Lazzini

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