domenica 20 novembre 2011

Non vi è escussione della cauzione in caso di omessa verifica dell’incidenza dei reati sulla moralità professionale

illegittimi sia l’annullamento di aggiudicazione che la  conseguente escussione della cauzione provvisoria

la Stazione appaltante, una volta accertata la presenza di precedenti penali ascritti ai rappresentanti legali. avrebbe dovuto adeguatamente motivare sulla incidenza o meno di questi reati sulla "moralità professionale" dei legali rappresentanti

nella fattispecie e come correttamente rilevato dalla parte ricorrente, l'Amministrazione non poteva limitarsi all’osservazione che “fra le condanne non dichiarate (…) risultano anche reati in materia ambientale, di illecita gestione di rifiuti e di violazione delle disposizioni in materia di tutela delle acque (che potrebbero incidere sulla moralità professionale)”, ma avrebbe dovuto esercitare il descritto potere discrezionale conferitole dalla legge e espressamente valutare l'incidenza in concreto delle condanne sul piano dell'affidamento professionale dell'impresa interessata e solo nel caso di un esito negativo di tale esame, procedere all'esclusione della società concorrente e, nella specie, aggiudicataria della selezione

la valutazione dell’incidenza del reato sulla "moralità professionale" del rappresentante legale e per esso della ditta concorrente deve essere fatta concretamente a seguito di una accurata verifica ed istruttoria e, dall’altro lato, che non può assumere rilevanza autonoma, ai fini dell'esclusione della ditta dalla gara, la mancata indicazione di un precedente penale che non incida sulla "moralità professionale" del rappresentante legale e per esso della ditta concorrente

l’ orientamento cosiddetto “sostanzialista” rispetta anche l'art. 46 del Codice dei contratti, secondo cui l'Amministrazione non può escludere dalla gara il concorrente che abbia reso una dichiarazione incompleta, onerando la stazione appaltante del compito di invitare i concorrenti alla integrazione documentale ovvero a fornire chiarimenti su aspetti dubbi che potrebbero comportare l'esclusione dalla selezione e ciò quale diretta proiezione del principio comunitario della massima partecipazione alle gare pubbliche

a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla sentenza 352 del 14 novembre 2011 pronunciata dal Tar Trentino Alto Adige, Provincia Autonoma di Bolzano

In altri termini, non basta, per applicare correttamente l'art. 38, comma 1, lett. c), che sia commesso un qualunque reato contro lo Stato (ovvero contro altre Pubbliche amministrazioni, ovviamente), ma tale reato deve essere ‘grave’ e la stazione appaltante deve illustrare nel provvedimento che lo applica i motivi logici che l'hanno indotta a tale conclusione nonché a quella di identificare il reato come comunque incidente sulla moralità professionale dell'imprenditore. In argomento si è osservato, da più parti, che la mancanza di parametri fissi e predeterminati e la genericità della prescrizione normativa lascia un ampio spazio di valutazione discrezionale alla stazione appaltante, e consente alla stessa margini di flessibilità operativa al fine di un equo apprezzamento delle singole concrete fattispecie, con considerazione di tutti gli elementi delle stesse che possono incidere sulla fiducia contrattuale, quali, a titolo esemplificativo, l'elemento psicologico, la gravità del fatto, il tempo trascorso dalla condanna, le eventuali recidive et similia.

È chiaro, infatti, che la norma attribuisce, in mancanza di apposita specificazione delle norme incriminatici di parte speciale, un ampio margine di apprezzamento alle Amministrazioni appaltanti, cui spetta decidere quali imprese escludere dalle procedure di affidamento degli appalti, in conseguenza di fatti costituenti reato (anche di non rilevante entità, come dimostra il richiamo all'istituto dell'applicazione della pena su richiesta) che siano da esse ritenuti indici di inaffidabilità morale o professionale; deve essere condiviso, infatti, il rilievo in base al quale il concetto di (im)moralità professionale presuppone la realizzazione di un fatto di reato idoneo a manifestare una radicale e sicura contraddizione coi principi deontologici della professione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 1 marzo 2003 n. 1145 e 25 novembre 2002 n. 6482.

Nonché, in particolare, Cons. Stato, Sez. V, 18 ottobre 2001 n. 5517, che ha ritenuto legittima la scelta dell'Amministrazione appaltante di non escludere da una gara d'appalto il concorrente condannato con decreto penale per un reato contravvenzionale omissivo e di pericolo, a struttura normalmente colposa, quale quello previsto dall'art. 677 c.p. - omissioni di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina - ove dalla condotta per la quale è stato condannato non emergano elementi particolarmente sintomatici di una scarsa moralità professionale). Se si eccettuano i reati relativi a condotte delittuose individuate dalla normativa antimafia, in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, la verifica dell'incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell'impresa sulla moralità professionale della stessa attiene all'esercizio del potere discrezionale della P.A. e deve essere valutata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell'appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. V, n. 6482 del 2002 cit. e n. 5517 del 2001 cit.) 9. - Invero, la stessa indeterminatezza del concetto di moralità professionale a cui è legato l'effetto espulsivo comporta necessariamente l'esercizio, da parte dell'Amministrazione aggiudicante, di un potere discrezionale di valutazione dei reati ascritti agli interessati.

Ciò tanto più se si considera che, nell'ipotesi di cui all'art. 444 c.p.p., l'applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento) non comporta necessariamente l'affermazione della responsabilità del reo. Da ciò consegue, altresì, che non è sufficiente l'accertamento in capo al soggetto interessato di una condanna penale, giacché il dettato normativo è tutto volto a richiedere una concreta valutazione da parte dell'Amministrazione per la verifica - attraverso un apprezzamento discrezionale che deve essere adeguatamente motivato - dell'incidenza della condanna sul vincolo fiduciario, da instaurare attraverso il contratto con l'Amministrazione stessa e senza che tale apprezzamento possa ritenersi compiuto, per implicito, attraverso la semplice enunciazione delle fattispecie di reato alle quali si riferisce la condanna. Inoltre, quando si deve valutare l'affidabilità o la moralità professionale di un soggetto non può prescindersi anche dalla considerazione della sua professionalità per come nel tempo si è manifestata. Ne discende, pertanto, che i margini di insindacabilità attribuiti all'esercizio del potere discrezionale dell'Amministrazione appaltante di valutare una condanna penale, ai fini dell'esclusione di un concorrente da una gara d'appalto, non consentono, comunque, al pubblico committente di prescindere dal dare contezza di avere effettuato la suddetta disamina e dal rendere conoscibili gli elementi posti alla base dell'eventuale definitiva determinazione espulsiva (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 aprile 2003 n. 2129).”

(…)

La fondatezza dei motivi di ricorso nei limiti di cui in motivazione, in particolare di quello attinente alla interpretazione della lex specialis e alla mancata indagine da parte dell'Amministrazione in ordine alla incidenza dei precedenti penali sul tipo di contratto da stipularsi determina l'accoglimento del ricorso e, per l'effetto, l'annullamento della determinazione n. 395 dd. 14.3.2011, con la quale l’ATI Ricorrente è stata esclusa dalla gara, è stata annullata l'aggiudicazione definitiva in favore della medesima, è stata disposta l'aggiudicazione definitiva in favore della Controinteressata 2 Controinteressata s.p.a. nonchè disposto l’incameramento della cauzione provvisoria, impedendosi ogni ulteriore efficacia dell'atto.


Nessun commento:

Posta un commento