domenica 23 ottobre 2011

Il giudice può indagare sui requisiti autodichiarati in sede di offerta

La “ratio” dell'art. 46 del d.lgs. n. 163/2006 è ravvisabile nell'esigenza di assicurare la massima partecipazione alle gare di appalto

(al fine di evitare che l'esito delle stesse possa essere alterato da carenze di ordine meramente formale nella documentazione comprovante il possesso dei requisiti dei partecipanti), in un'ottica intesa al contemperamento di principi talvolta in antitesi, come quello del "favor partecipationis" e quello della "par condicio" tra i concorrenti


Detta disposizione va, quindi, intesa nel senso che l'Amministrazione deve disporre la regolarizzazione quando gli atti, tempestivamente depositati, contengano elementi che possano costituire un indizio e rendano ragionevole ritenere sussistenti i requisiti di partecipazione

in sostanza, quando il documento è già stato presentato in sede di gara, anche se parzialmente, è consentita la sua regolarizzazione se la violazione è squisitamente formale ed il rimedio, in concreto, non altera la "par condicio" tra i concorrenti, secondo i principi di proporzionalità e del dovere dell'Amministrazione di ascoltare i privati prima di assumere decisioni.

Differente da detta attività amministrativa volta alla regolarizzazione degli atti è quella giurisdizionale volta, tramite istruttoria o acquisizione di atti, a verificare la fondatezza o meno delle censure mosse all’operato della Amministrazione, esperibile quando il giudicante ritenga di dover attivare i suoi poteri d'ufficio al superiore fine di decidere, solo dopo però che le parti abbiano delineato il tema del contendere.

Il Giudice può, dunque, approfondire aspetti che non appaiano convincenti o che siano controversi, ma la cui emersione sia avvenuta già nel procedimento, mentre egli non deve finire per integrare la mancante istruttoria.

Nel caso che occupa l’istruttoria svolta dal Giudice di primo grado e la accettata produzione documentale non appare, in base all’esame degli atti, volta ad operare una non consentita regolarizzazione degli atti che avrebbero dovuto essere prodotti in sede di gara, ma solo ad attivare i suoi poteri istruttori in ordine a aspetti processuali controversi, già emersi nel corso del procedimento, ed in riferimento a requisiti già auto dichiarati in sede di presentazione delle offerte.

Passaggio tratto dalla decisione numero 5639 del 21 ottobre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

Il principio che ravvisa nel rispetto puntuale delle formalità prescritte dalla "lex specialis" un efficace presidio a garanzia della "par condicio" tra i partecipanti può, invero, essere oggetto di temperamenti, perché del formalismo procedurale che sorregge il sistema delle gare d'appalto va scongiurata un'applicazione acritica e meramente meccanica che contraddica, alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto, la fondamentale ed immanente esigenza di ragionevolezza dell'attività amministrativa, finendo così per porsi in contrasto con le stesse finalità di tutela alle quali sono preordinati i generali canoni applicativi delle regole della contrattualistica pubblica.

Nel caso che occupa la “ratio” della richiesta dimostrazione dello svolgimento della attività di cui trattasi non può che identificarsi nella esigenza della stazione appaltante di assicurarsi del possesso di adeguate capacità tecniche da parte dei concorrenti, che può ritenersi pienamente provato dal pregresso svolgimento di costruzione di opere richiedenti speciali studi tecnici.

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