Va premesso che, circa la natura della responsabilità della pubblica amministrazione per i danni causati per effetto dell’esercizio illegittimo dell’attività amministrativa, la qualificazione che qui appare preferibile è – in considerazione della circostanza che sono state violate norme generali dell’azione amministrativa, piuttosto che regole poste dalla lex specialis della gara - quella della responsabilità aquiliana, in ragione della maggiore coerenza della struttura, oltre che delle regole di accertamento, dell'illecito extracontrattuale con i caratteri oggettivi della condotta amministrativa lesiva, per dette ragioni, di interessi legittimi e con le connesse esigenze di tutela (cfr. Cons. Stato, VI, 20 gennaio 2009, n. 242; IV, 3 marzo 2009, n. 1206; V, 20 ottobre 2008 n. 5124; IV, 29 luglio 2008 n. 3723; VI, 19 giugno 2008 n. 3059; IV, 10 agosto 2007, n. 4401; VI, 23 giugno 2006 n. 3981; 9 novembre 2006 n. 6607; 9 marzo 2007 n. 1114; IV, 6 luglio 2004 n. 5012; 10 agosto 2004 n. 5500), in specie in caso di annullamento dell’aggiudicazione di un pubblico appalto (Cons. Stato, VI, 3 aprile 2007, n. 1513).
Viene infatti in rilievo non tanto la violazione delle specifiche regole di correttezza o di condotta valevoli solo tra le parti ormai in concreto contatto a tutela della reciproca posizione, quanto, prima ancora, la violazione di norme imperative o di principi generali valevoli di loro ed erga omnes, espressivi di regole generali di comportamento dell’amministrazione pubblica poste dalla legge a tutela indifferenziata di interessi pubblici e in genere di tutti i particolari, indipendentemente e prima della concretezza del singolo rapporto instaurato con la domanda di partecipazione ad un procedimento: vale a dire, prima delle regole specifiche e relative del singolo rapporto procedimentale, rileva la violazione del precetto, generale e assoluto, del neminem laedere.
Questa violazione è sufficiente a qualificare coma ingiusto, a termini dell’art. 2043 Cod. civ., il danno patito dalla società, senza dover invocare la più intensa (ad es. per durata del termine di prescrizione o per onere della prova circa la colpa) tutela risarcitoria, propria dei rapporti relativi (ex art. 1218 Cod. civ.), come sarebbe se la fonte dell’illegittimità fosse la violazione delle norme della singola gara.
Un tale tipo di violazione può, al contempo, esser causa non solo dell’illegittimità degli atti o dei provvedimenti relativi al procedimento amministrativo di scelta del contraente, ma anche dell’ingiustizia del conseguente danno patito da chi ha subito la lesione del proprio interesse pretensivo all’aggiudicazione di una gara, con la conseguenza di una possibile responsabilità, appunto extracontrattuale, dell’amministrazione.
a cura di Sonia Lazzini
Passaggio tratto dalla decisione numero 5168 del 16 settembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato
Nel caso in esame è conclamata, per quanto detto in fatto e definita dal giudicato di annullamento, l’illegittimità del provvedimento di esclusione della ricorrente dalla gara d’appalto indicata. E’ altresì acclarato che tale esclusione è stata disposta mediante una violazione grave delle regole partecipative poste in base alla normativa comunitaria e nazionale sui contratti pubblici, giacché il conferimento del mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una delle imprese riunite doveva ritenersi elemento sufficiente (ai sensi dell’art. 23 d.lgs. 17 marzo 1995, n. 158 di attuazione delle direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE sulle procedure di appalti nei settori esclusi) a garantire la partecipazione alla gara del costituendo organismo plurisoggettivo, senza che in contrario valesse la riserva di costituzione dell’associazione soltanto in caso di aggiudicazione (Cons. Stato, VI, 9 maggio 2006 n. 2556).
Sul piano dell’imputabilità della violazione va ribadito, anche sulla base dei richiamati precedenti giurisprudenziali, che – nonostante la natura extracontrattuale della responsabilità dell’amministrazione - non è richiesto al danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo l’adempimento ad un particolare onere probatorio circa la colpa dell’amministrazione medesima. Infatti, anche se non è configurabile una qualche generalizzata presunzione di colpa dell'amministrazione per questo tipo di danni, valgono comunque, nell’atteggiarsi del caso concreto, le regole di comune esperienza e la presunzione semplice, di cui all'art. 2727 Cod. civ., desumibile dalla singola fattispecie.
L’illegittimità del provvedimento, in questo quadro,rappresenta un possibile indice presuntivo di quella colpa; così come altre circostanze, che risultino idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile. Di fronte a siffatte evenienze, spetta allora all’amministrazione eccepire e dimostrare che si è trattato di errore scusabile, come ad esempio può essere in caso di oggettiva incertezza circa la portata di una norma, specie se da poco entrata in vigore, o di particolare complessità dei fatti, o di influenza determinante di comportamenti altrui, o di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata.
Nel caso qui in esame, l’Amministrazione non sembra poter invocare una giustificazione utile ad elidere la colpa che può essere desunta dall’evidenza della regola fondamentale che ha violato in danno dell’interessata e l’inerente grave negligenza imputabile alla stazione appaltante. Tanto conduce a ritenere sussistente l’elemento della colpa.
Nessun commento:
Posta un commento