Il principio della integrazione documentale è anzitutto sancito in via generale dall’art. 6 comma 1 lettera b) della L. n. 241 del 1990. L’art. 46 costituisce inoltre attuazione della corrispondente disposizione contenuta nella Direttiva 2004/18/CE.
devono considerarsi illegittime le impugnate disposizioni del disciplinare di gara laddove non prevedono la possibilità - nelle more della procedura di rinnovo del contratto con la società di attestazione - di provare anche con la produzione del certificato di qualità aziendale il possesso dei relativi requisiti, salva la successiva acquisizione dell’attestazione SOA in sede di regolarizzazione ex art. 46 d.lg. 12 aprile 2006 n. 163.
La ratio va ricercata nella esigenza di assicurare la massima partecipazione alle gare di appalto, evitando che l’esito delle stesse possa essere alterato da carenze di ordine meramente formale nella documentazione comprovante il possesso dei requisiti dei partecipanti.
Il legislatore del Codice, non ha affatto inteso assegnare alle amministrazioni aggiudicatrici una facoltà, bensì ha elevato a principio generale un modo di procedere, volto a far prevalere, entro certi limiti, la sostanza sulla forma.
In tale ottica l’art. 46 del Codice dei Contratti, è espressione, nel settore degli appalti pubblici, dei principi che sovrintendono l’istruttoria procedimentale, consacrati nell’art. 6 della L. 241 del 1990.
La disposizione deve essere intesa nel senso che l’Amministrazione deve disporre la regolarizzazione quando gli atti, tempestivamente depositati, contengano elementi che possano costituire un indizio e rendano, come è palese nel caso oggetto della presente vicenda controversa, ragionevole ritenere sussistenti i requisiti di partecipazione.
Passaggio tratto dalla sentenza numero 58 del 14 settembre del 2011 pronunciata dal Tar Valle d’Aosta,
Pertanto l’Amministrazione doveva ricorrere, in presenza come nella specie, di una tempestiva produzione del certificato di qualità aziendale in corso di validità (requisito sostanziale) alla richiesta di chiarimenti e all’eventuale regolarizzazione documentale di cui all’art. 46 del d.l. d.lg. 12 aprile 2006 n. 163, al fine di accertare le motivazioni della mancata produzione dell’attestazione SOA circa la provenienza del certificato da soggetto accreditato (requisito puramente formale) e di consentire allorché fosse accertato, come comprovato in questa sede, che la stessa dipendeva dalla pendenza della procedura di rinnovo del contratto con la SOA , la produzione successiva dell’attestazione SOA.
Come ritenuto infatti dalla giurisprudenza “in sede di applicazione dell'art. 46, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 (in base al quale, nei limiti previsti dagli artt. da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati), che ha il delicato compito di contemperare i principi talvolta in antitesi come quello del favor partecipationis e quello della par condicio fra i concorrenti, il punto di equilibrio deve essere trovato nella distinzione fra il concetto di regolarizzazione (sempre possibile) e quello di integrazione documentale (non ammissibile, costituendo un'attività che si risolverebbe in una lesione della parità di trattamento fra i partecipanti (T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 09 ottobre 2009 , n. 1537).
A tal riguardo deve ritenersi che laddove la documentazione - come nella specie afferisca ad un presupposto formale – ed il requisito sostanziale sia provato al momento della scadenza del termine per la presentazione delle offerte - si verta in tema di regolarizzazione e non di integrazione documentale, con la conseguenza che non appare ravvisabile la violazione della par condicio dei partecipa
“Quindi, quando il documento è già stato presentato in sede di gara, anche se parzialmente, è consentita la sua regolarizzazione se, come nel caso di specie, la violazione è squisitamente formale ed il rimedio, in concreto, non altera la par condicio tra i concorrenti.
Tale impostazione, discende direttamente dalla applicazione di due principi tradizionalmente fissati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia: quello di proporzionalità e quello del dovere dell’Amministrazione di ascoltare i privati prima di assumere decisioni.
E’ fuor di dubbio che l’esclusione dalla gara per dubbi in ordine alla effettiva sussistenza di un requisito in capo ad un partecipante, determina un forte scostamento del provvedimento amministrativo rispetto alla scopo della fase di qualificazione alla gara pubblica. Quando la ditta partecipante incorre in un errore nell’allegazione di un certificato o, in ogni caso, quando il contenuto di un documento non soddisfa appieno le necessità istruttorie dell’Amministrazione, il principio generale è che questi aspetti devono essere oggetto di chiarimenti ed integrazioni. Ciò in quanto quell’operatore economico potrebbe risultare in concreto il migliore contraente per soddisfare le necessità per cui è stata bandita la gara.
La combinazione del principio di proporzionalità con quello del dovere di introdurre nel processo decisionale pubblico le manifestazioni di interesse dei privati, determinano che l’esclusione dalla gara per motivi di carattere squisitamente formale deve costituire eccezione e non regola. Essa deve essere disposta solo quando appare chiaro che consentire al concorrente utili chiarimenti ai fini di un più completo accertamento dei fatti da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice, determinerebbe una lesione della par condicio tra i concorrenti (Tar Sardegna sent. n. 01537 del 09/10/2009 cit.).
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