Solo la lesione di diritti comporta una responsabilità diretta del funzionario pubblico
Di Sonia Lazzini
Ecco le norme alle q uali dobbiamo riferirci
Diritti e doveri dei cittadini
Art. 28 della Costituzione
I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti.
In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici
Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato
(…)
22. Responsabilità verso i terzi
L'impiegato che, nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle leggi o dai regolamenti, cagioni ad altri un danno ingiusto ai sensi dell'art. 23 è personalmente obbligato a risarcirlo. L'azione di risarcimento nei suoi confronti può essere esercitata congiuntamente con l'azione diretta nei confronti dell'Amministrazione qualora, in base alle norme ed ai principi vigenti dell'ordinamento giuridico, sussista anche la responsabilità dello Stato. L'amministrazione che abbia risarcito il terzo del danno cagionato dal dipendente si rivale agendo contro quest'ultimo a norma degli articoli 18 e 19. Contro l'impiegato addetto alla conduzione di autoveicoli o di altri mezzi meccanici l'azione dell'Amministrazione è ammessa solo nel caso di danni arrecati per dolo o colpa grave.
23. Danno ingiusto
E' danno ingiusto, agli effetti previsti dall'art. 22, quello derivante da ogni violazione dei diritti dei terzi che l'impiegato abbia commesso per dolo o per colpa grave; restano salve le responsabilità più gravi previste dalle leggi vigenti. La responsabilità personale dell'impiegato sussiste tanto se la violazione del diritto del terzo sia cagionata dal compimento di atti od operazioni, quanto se la detta violazione consista nell'omissione o nel ritardo ingiustificato di atti od operazioni al cui compimento l'impiegato sia obbligato per legge o per regolamento.
Tratto dalla decisone numero 4135 del 5 agosto 2005 pronunciata dal Consiglio di Stato
Per quanto riguarda la dedotta assenza del requisito del danno ingiusto, il Collegio – premesso che ai sensi dell’art. 28 Cost. i dipendenti dello Stato sono direttamente e personalmente responsabili soltanto per gli atti compiuti in violazione di diritti e che, a norma dell’art. 23 del T.U.n.3/1957, per danno ingiusto di cui il pubblico dipendente può essere responsabile deve intendersi quello che determina la violazione di diritti – deve osservare che nel caso in esame il menzionato provvedimento sottoscritto in data 17.12.1996 dalla dott.ssa DP_, ha leso soltanto interessi legittimi della s.p.a. ALFA Trasporti e non costituisce, quindi, causa di danno risarcibile a norma degli artt. 22 e 23 citati (in quanto riferito, appunto, ad una condotta dell’impiegato che abbia provocato la lesione di un interesse legittimo, vantato dal terzo nei confronti della P.A.).
Pertanto, manca nel caso di cui trattasi il presupposto costituito dall’atto “commesso in violazione di diritti”, perché possa ritenersi sussistente la responsabilità della dirigente in questione ai sensi delle norme citate del T.U. n. 3/1957.
In proposito non può condividersi l’assunto del TAR, secondo cui l’atto del Ministero 17.12.1996, n.7390 avrebbe illegittimamente modificato, in senso sfavorevole all’originaria ricorrente, la posizione di concessionaria pubblica, con la conseguenza che sarebbero stati lesi i relativi specifici diritti soggettivi.
Tale assunto non tiene in adeguata considerazione, invero, l’interesse pubblico al quale l’attività dell’Amministrazione deve ispirarsi e, soprattutto, il fatto che la posizione del concessionario non può ritenersi connessa ad un diritto soggettivo, bensì ad un interesse legittimo, essendo l’impresa titolare soltanto di una concessione provvisoria, prorogabile ogni anno, e, come tale, revocabile ove la l’Amministrazione stessa lo reputi necessario, ai fini di un migliore soddisfacimento dell’interesse pubblico.
Né tiene conto la pronuncia appellata che la suddetta S.p.a. non vantava un diritto di esclusiva, secondo quanto emerge dalla sentenza in epigrafe, giacchè soltanto i concessionari dei servizi pubblici sussidiati hanno diritto di esclusiva per la linea loro concessa sulla base dell’art. 10, comma 1, della legge n.1822/1939 (richiamata dall’appellante), mentre nella specie la società anzidetta non sarebbe concessionaria di servizi sussidiati.
Pertanto, sulla base di quanto precede, deve ritenersi che il provvedimento sottoscritto il 17.12.1996 dalla dirigente dott.ssa DP_ abbia leso esclusivamente interessi legittimi e non diritti soggettivi.
B) Per quanto riguarda la inesistenza della colpa a carico dell’appellante, collegata a alla sussistenza di un pubblico interesse all’accoglimento della richiesta di modifica di orario della BETA Internazionale s.r.l., deve osservare il Collegio che nella specie il provvedimento ministeriale reso a firma della dott.ssa DP_, e poi annullato con la suddetta sentenza n.2862/1998, è stato adottato soltanto dopo che erano stati acquisiti, nel corso del relativo articolato procedimento, tutti i necessari pareri nello stesso provvedimento richiamati.
Non può ritenersi sussistente nella specie, quindi, l’asserita colpa grave, come riconosciuto, al contrario, nella sentenza impugnata.
Tale colpa grave - caratterizzata per la mancanza del rispetto della diligenza minima - non può ravvisarsi, più specificamente, nell’operato della dirigente in questione perchè il provvedimento del dicembre 1996, più volte menzionato, è stato emesso sulla base di precedenti pareri ed a seguito di apposite riunioni ministeriali, nell’ambito, quindi, di un articolato procedimento in cui sono emersi i necessari elementi volti a dimostrare nella specie la esistenza di un interesse pubblico alla modifica di orario richiesta dalla s.r.l. BETA Internazionale (in particolare: la riunione istruttoria a Verona citata nel provvedimento del 17.12.1996; il parere favorevole dell’Ufficio provinciale della Motorizzazione Civile di Roma, anch’esso citato nel provvedimento medesimo; il parere favorevole del competente Assessorato della Regione Sicilia; la circostanza, infine, anch’essa richiamata nelle premesse del contestato provvedimento del 1996, che l’autolinea Trapani-Roma, della BETA Internazionale s.r.l. e l’autolinea Agrigento-Roma, della soc. ALFA Trasporti, servivano bacini differenti e che da Trapani per Roma non vi era alcun collegamento ferroviario).
Stante la presenza di detti favorevoli presupposti all’accoglimento dell’istanza della soc. BETA relativamente alla modifica dell’orario da essa richiesta, perde rilevanza l’assunto, riguardante la clausola esistente nella concessione a favore della società ALFA Trasporti, secondo cui detta Società avrebbe avuto la facoltà di carico dei passeggeri sulla tratta Messina-Roma e il Ministero avrebbe male interpretato il significato della clausola medesima.
Peraltro, come evidenziato nella memoria della parte appellante, all’epoca dell’adozione del provvedimento in data 17.12.1996 (con il quale fu accolta la richiesta della BETA di spostare alla sera la corsa diurna Trapani- Palermo- Messina - Roma) sembrava certo il divieto di carico in capo alla società ALFA Trasporti, secondo quanto emergeva da un atto di diffida trasmesso al Ministero da detta società a seguito di una relazione effettuata da un funzionario ministeriale, sicchè alla suddetta data per il Ministero non era individuabile una sovrapposizione di linea.
Né tale colpa può derivare dal fatto che l’Amministrazione, tramite la dirigente in questione, avrebbe omesso di dare esecuzione a pronunce di organi giurisdizionali (sentenza n.2862/1998, di annullamento del provvedimento ministeriale datato 17.12.1996, passata in giudicato) nonché dal fatto che il Ministero dei trasporti avrebbe attribuito nuovamente alla stessa società il medesimo servizio notturno, non potendosi ritenere tale operato caratterizzato da negligenza o scorrettezza.
Sulla base delle considerazioni che precedono, non si è tenuto, quindi, adeguato conto nella sentenza in esame dei rilievi concernenti la insussistenza dei presupposti, siccome indicati nella sentenza delle SS.UU. della Corte di Cassazione n.500/1999, specialmente con riguardo all’elemento psicologico, non potendosi invocare il principio secondo cui la colpa della struttura pubblica sarebbe “in re ipsa” nel caso di esecuzione di un atto amministrativo illegittimo in quanto non conciliabile tale principio con quanto stabilito dall’art. 2043 c.c..
D’altra parte, anche la giurisprudenza ha ritenuto che l’imputazione della responsabilità non può avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento, in relazione alla normativa ad esso applicabile, dovendosi estendere anche alla valutazione della colpa grave, non del funzionario agente (da riferire ai parametri della negligenza ed imperizia), ma alla P.A. intesa come apparato, configurabile nel caso in cui l’adozione e l’esecuzione dell’atto illegittimo siano avvenute in violazione delle regole di buona amministrazione, di imparzialità e di correttezza.
Tale rilievo non può essere, peraltro, superato da quanto sostenuto nella sentenza in epigrafe, con una valutazione volta a ricondurre la fattispecie nell’ambito di una lesione di diritto soggettivo, atteso che nessun diritto soggettivo può ritenersi certamente leso a seguito della concessione della modifica di orari inerenti ad un servizio di linea in concessione che si presume concorrenziale.
Il TAR Lazio, del resto, nel valutare l’elemento psicologico della colpa non sembra abbia tenuto in adeguato conto la circostanza che la vicenda in questione si riferiva in concreto ad un problema di interpretazione di alcune non chiare espressioni contenute nel disciplinare di concessione e che ben potevano interpretarsi nel senso di una mancanza del diritto di carico nella tratta Messina –Roma da parte della ricorrente originaria.
Va osservato, comunque, che avendo sospeso il Consiglio di Stato la sentenza di primo grado n.2862/1998, che riconosceva la pretesa della ricorrente società, l’Amministrazione, in mancanza di un giudicato e in presenza di una sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado, non poteva che lasciare, nelle more del giudizio, la situazione inalterata e non eseguire immediatamente quanto statuito dal TAR.
Pertanto, la inesistenza di un diritto soggettivo in capo alla società ALFA Trasporti e l’inesistenza di una colpa grave in capo alla odierna appellante devono indurre alla conclusione che nella specie non sussistevano i presupposti per condannare al risarcimento la dott.ssa DP_ in conseguenza del danno preteso dalla società anzidetta, come sostenuto, appunto, nel presente appello.
4. Alla stregua delle considerazioni che precedono la Sezione , respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione, ritiene che il caso in esame non rientra, in assenza dei presupposti sopra specificati, nell’ambito di quelli che consentono un risarcimento dei danni a carico dell’odierna appellante, in solido con l’Amministrazione di appartenenza, e che quindi la sentenza impugnata debba essere riformata nella statuizione che riconosce la responsabilità della dott.ssa DP_, con condanna al risarcimento del danno in solido con l’Amministrazione di appartenenza, non essendosi verificata nella specie l’asserita lesione di diritti soggettivi attraverso un operato caratterizzato da colpa grave.
L’appello principale va, dunque, accolto sulla base delle motivazioni che precedono.
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