sabato 25 giugno 2011

Inefficacia del contratto e risarcimento per equivalente del lucro cessante per la parte di contratto già eseguita

Deve essere premesso che il Collegio ritiene in toto condivisibile la prospettazione del TAR circa la sussistenza della giurisdizione sulla domanda di annullamento del contratto sottoscritto dalla stazione appaltante con l’aggiudicatario, atteso che, nelle more del giudizio, è stato emanato prima il d.lgs. n. 53/2010 e poi il c.p.a., agli artt. 119 e 120, che la hanno prevista espressamente, e circa la dichiarazione di inefficacia; occorre verificare la correttezza delle statuizioni di primo grado in ordine alla quantificazione del risarcimento, quantificazione che include anche i costi del subentro e che, quindi, sotto questo profilo, non determinano alcun vizio di ultrapetizione o difetto di giurisdizione come afferma invece l’appellante incidentale con l’anzidetto atto di appello incidentale autonomo.

Secondo il Collegio, il criterio di quantificazione del danno, da ricondursi ai poteri equitativi i materia riconosciuti al giudice ai sensi dell’art. 1226 c.c., è corretto e risponde agli orientamenti della giurisprudenza di questo Consiglio in punto risarcimento danni derivanti dagli appalti pubblici.

Infatti, quando l'impresa partecipante ad una gara pubblica ottiene il risarcimento del danno per mancata aggiudicazione, ovvero anche per la semplice perdita della possibilità di aggiudicazione, non sussistono i presupposti per il risarcimento per equivalente dei costi di partecipazione alla gara, atteso che mediante il risarcimento non può farsi conseguire all'impresa un beneficio maggiore di quello che deriverebbe dall'aggiudicazione (Consiglio di Stato , sez. IV, 7 settembre 2010, n. 6485).

Inoltre, sempre secondo tale orientamento da cui il Collegio non ritiene di doversi discostare, agli effetti della quantificazione del danno per lucro cessante, che l'impresa partecipante a gara pubblica assume di aver ingiustamente sofferto per effetto dell'illegittima mancata aggiudicazione dell'appalto, occorre che essa fornisca la prova rigorosa della percentuale d'utile che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria, prova desumibile dall'esibizione dell'offerta economica da essa presentata al seggio di gara, non costituendo il criterio del 10% del prezzo a base d'asta un criterio automatico, ma solo presuntivo.

Pertanto, l'ammontare del risarcimento nella componente del lucro cessante può essere determinato in via equitativa nella misura del 10% dell'importo dell'offerta, solo se e in quanto l'impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare — in quanto apprestati ed approntati in previsione dell'appalto da aggiudicare — mezzi e maestranze per l'esecuzione di altri contratti; al contrario, quando tale dimostrazione non sia stata offerta, dovendosi peraltro ragionevolmente ritenere che l'impresa possa avere riutilizzato, come detto sopra, mezzi e manodopera per lo svolgimento di altre attività imprenditoriali, così limitando la perdita di utilità, il danno va liquidato riducendo detta percentuale in via equitativa.

Perciò, applicando tali criteri, immuni dalle censure che l’appellante incidentale propone, è stato riconosciuto alla ricorrente in primo grado, in via equitativa, il risarcimento del danno per equivalente per la mancata aggiudicazione del servizio per il periodo dal genn. 2008 al genn. 2011 nella misura forfetaria di euro 715.000,00.

Quanto alle spese di subentro, la relativa statuizione del TAR si limita soltanto ad evidenziare, condivisibilmente, che il subentrante non potrà porre a carico della stazione appaltante alcun onere ulteriore, rispetto alla propria offerta seconda classificata, collegato in via diretta o indiretta alla vicenda del subentro in corso di contratto, poiché, in tal guisa operando, verrebbe meno la certezza dell’offerta e la par condicio rispetto agli altri concorrenti.

Ove invece la ricorrente dichiarasse formalmente di rinunciare al subentro, poichè il contratto con l’ATI H., comunque, è dichiarato inefficace dal 10 genn. 2011 la stazione appaltante dovrebbe valutare l’opportunità di indire una nuova gara entro tale data, nel rispetto dei principi di legalità e di buon andamento che ne devono evidentemente connotare anche l’attività discrezionale.

Nessun rilievo di ultrapetizione, pertanto, può porsi rispetto a tale statuizione che si limita ad asserire principi giuridici del tutto condivisibili condizionanti in ogni procedura di gara il cd. subentro nel contratto del secondo classificato.

6. Ciò determina il rigetto dell’appello, la conferma della sentenza impugnata e il rigetto dell’appello incidentale autonomo.

passaggio tratto dalla decisione numero 3670 del 20 giugno 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

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