il silenzio dell’amministrazione su una istanza ad essa rivolta è sempre censurabile,
posto che dalla amministrazione stessa ci si deve attendere un comportamento conforme agli interessi pubblici alla cui cura essa è deputata e che in nessuna occasione un comportamento inerte di fronte ad istanze volte alla conclusione di procedimenti amministrativi non ultimati può dirsi conforme alla cura dell’interesse pubblico
E’giurisprudenza consolidata in materia, quella secondo cui il dovere di provvedere può scaturire non solo da puntuali previsioni legislative o regolamentari ma anche dalla peculiarità della fattispecie, nella quale ragioni di giustizia o equità impongano l'adozione di provvedimenti o comunque lo svolgimento di un'attività amministrativa, alla stregua dei principi posti in via generale dall'art. 97 della Costituzione (Cons. Stato, Sez. VI, 5 marzo 1986 n. 237; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 25 giugno 1992 n. 321).
La giurisprudenza ha anzi espresso l'avviso che, dopo la legge sul procedimento, l'obbligo per la pubblica amministrazione di fornire una risposta all'istanza del cittadino discenda dalla semplice presentazione della stessa, e non richieda più neanche la sussistenza di una specifica situazione legittimante (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 10 marzo 1997, n. 10).
Ciò in quanto le norme richiamate hanno definitivamente sancito l'intrinseca illegittimità del silenzio rifiuto, riconnettendolo ad una situazione, per così dire, di lesione sintomatica dell'interesse legittimo procedimentale di colui che avrebbe dovuto comunque essere destinatario di una pronuncia, non importa se positiva, negativa o interlocutoria da parte dell'autorità adita (T.A.R. Lazio, II Sez., 23 novembre 1993, n. 1440).
Tratto dalla sentenza numero 329 dell’ 8 aprile 2011 pronunciata dal Tar Sardegna, Cagliari
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