La revoca di provvedimenti amministrativi è, quindi, possibile non solo in base a sopravvenienze, ma anche –come nel caso che occupa- per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (c.d. jus poenitendi).
Va premesso che la pubblica amministrazione conserva anche nell’ambito specifico delle gare il potere di annullare in via di autotutela il bando e le singole operazioni di gara quando i criteri di selezione si manifestino come suscettibili di produrre effetti contrari all’interesse pubblico e siano comunque illogici. Tale potestà si fonda sul principio costituzionale di buon andamento che impegna la pubblica amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire con il solo obbligo di fornire una adeguata motivazione in ordine ai motivi che alla luce della comparazione dell’interesse pubblico con le contrapposte posizioni dei partecipanti alla gara, giustificano il provvedimento di autotutela
Sotto tale profilo l’entrata in vigore dell’art. 21 quinquies della legge n.241 del 1990 ha definitivamente risolto il problema del fondamento del potere di revoca degli atti amministrativi accogliendo una nozione ampia di revoca, prevedendo tre presupposti alternativi, che legittimano l’adozione di un provvedimento di revoca: a) per sopravvenuti motivi di pubblico interesse; b) per mutamento della situazione di fatto; c) per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
Tratto dalla decisione numero 2384 del 18 aprile 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato
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