Non va condiviso l’assunto della sentenza del T.A.R. secondo il quale le associazioni di volontariato non possono partecipare a gare per l’affidamento di pubblici appalti.
La stessa Corte di giustizia CE ha al riguardo affermato che l'assenza del fine di lucro non esclude che le associazioni di volontariato esercitino un'attività economica e costituiscano imprese, ai sensi delle disposizioni del trattato relative alla concorrenza (cfr. Corte giust. CE, sez. III, 29 novembre 2007 C-119/06).
Quanto, in particolare, alle associazioni di volontariato, ad esse non è precluso partecipare agli appalti, ove si consideri che la legge quadro sul volontariato, nell’elencare le entrate di tali associazioni, menziona anche quelle derivanti da attività commerciali o produttive svolte a latere, con ciò riconoscendo la capacità di svolgere attività di impresa.
La giurisprudenza di questo Consesso ha più volte affermato che dette associazioni possono essere ammesse alle gare pubbliche quali “imprese sociali”, alle quali il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 155, ha riconosciuto la legittimazione ad esercitare in via stabile e principale un'attività economica organizzata per la produzione e lo scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità d'interesse generale, anche se non lucrativa. (Cons. St., Sez. VI, n. 387 del 23 gennaio 2013; n. 185 del 25 gennaio 2008; n. 3897 del 16 giugno 2009; Sez. III, n. 5882 del 20 novembre 2012; Sez. V, n. 1128 del 25 febbraio 2009).
L'assenza dello scopo di lucro non esclude, quindi, che tali soggetti possano esercitare un'attività economica e che, dunque, siano ritenuti "operatorieconomici", potendo soddisfare i necessari requisiti per essere qualificati come "imprenditori", "fornitori" o "prestatoridi servizi.
Invero, secondo l'art. 1, par. 8, della direttiva n. 2004/18/CE, i termini "imprenditore", "fornitore" e "prestatore di servizi" designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offrano sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi. Conformemente, ai sensi degli artt. 3, commi 19 e 22, e 34, comma 1, lett. a), del codice dei contratti approvato con d.lgs. n. 163 del 2006, l'imprenditore, fornitore o prestatore di servizi (tutti rientranti nella definizione di "operatore economico") sono "una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità giuridica (...), che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi" e sono abilitati e partecipare alla procedure di evidenza pubblica (cfr. Cons. St., Sez. III, n. 5882 del 23 gennaio 2013; Sez. V, n. 5815 del 18 agosto 2010; n. 5956 del 26 agosto 2010).
E’ stato, inoltre, osservato che l’art. 5 della legge n. 266 del 1991, nell’indicare le risorse economiche delle ONLUS, menziona anche le “entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali”, con ciò dimostrando di riconoscere la capacità di dette organizzazioni a svolgere attività commerciali e produttive e, dunque, anche quella di partecipare – ai fini predetti - a gare di appalto, quanto meno nei settori di specifica competenza, quali ad esempio quelli relativi al soccorso di infermi ed al trasporto di invalidi.
La circostanza che la norma faccia riferimento ad attività imprenditoriali “marginali”, non è di per sé preclusiva, occorrendo nel caso concreto dimostrare che la partecipazione dell’associazione all’appalto non rivesta il carattere di marginalità (cfr. Cons. St., sez. VI, n. 4236 del 30 giugno 2009)
A cura di Sonia Lazzini
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