venerdì 12 aprile 2013

risarcimento del danno ex art 2043_negli appalti rivoluzione su imputabilità_non occore dimostrare la colpa

occorre ricondurre la vicenda prospettata nell’ambito della disciplina dell’illecito aquiliano sia pure con le peculiarità di regime che discendono dall’influsso del diritto dell’Unione europea già a far data dalla previsione di un rimedio risarcitorio disposto dall'art. 2, n. 1, lett. c), dell'originaria direttiva 89/665/CEE.

Al riguardo, occorre precisare che il richiamo alla natura extracontrattuale dell’illecito a carico dell’amministrazione appare come descrittivo di un rimedio che si colloca al di fuori della disciplina della responsabilità contrattuale, ma presenta caratteristiche proprie che designano uno strumento di tutela per equivalente del danno prodotto dalla stazione appaltante al concorrente illegittimamente pretermesso nell’aggiudicazione della gara. Da ciò deriva che lo strumento ideato dal legislatore comunitario presenta connotati che lo differenziano dal paradigma normativo descritto dall’art. 2043 c.c., specie in termini di criterio di imputabilità dell’illecito.
Questa stessa Sezione con una recentissima pronuncia (Cons. St., sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686) ha già scandagliato l’irrilevanza dell’elemento nella colpa, sulla scia della giurisprudenza della Corte di Giustizia (da ultimo, Corte di Giustizia del 30 settembre 2010, Graz Stadt) nell’individuazione della responsabilità dell’amministrazione in materia di affidamento di appalti pubblici rammentando come in ragione di quanto previsto dall’art. 2, d.lgs. 163/2006, ma in fondo anche da quanto statuito, in generale, dall’art. 1 l. 241/90, questo peculiare regime di responsabilità valga sia per gli appalti di rilievo comunitario che per gli altri appalti pubblici.
L’esigenza che il diritto dell’Unione europea ispirato alla massima concorrenza nel settore degli appalti pubblici trovi cogente attuazione ha spinto il legislatore dell’Unione ad introdurre un rimedio che massimizza in sede giurisdizionale l’effettività del rispetto delle norme e dei principi di derivazione comunitaria, eliminando ogni possibilità che l’amministrazione possa sottrarsi al ristoro patrimoniale, opponendo eventuali l’esistenza di eventuali esimenti fondate sull’assenza di un comportamento colpevole tenuto dall'Amministrazione aggiudicatrice.
Pertanto, come chiarito già dalla citata pronuncia n. 5686/2012: “L'ordinamento comunitario dimostra che ciò che rileva é l'ingiustizia del danno e non l'elemento della colpevolezza; ciò determina ipso facto la creazione di un diritto amministrativo comune a tutti gli Stati membri nel quale i principi che si elaborano a livello comunitario, in applicazione dei Trattati, trovano humus negli ordinamenti interni, e costituiscono una sorta di sussunzione unificante di regole riscontrabili in tali ordinamenti.
In questo processo di astrazione è inevitabile che i principi di diritto interno vengano sostituiti da principi caratterizzati da più larga acquisizione, poiché il ravvicinamento e l'armonizzazione normativa premia il principio maggiormente condiviso, come è quello della responsabilità piena della p.a. senza aree di franchigia.
Peraltro, l'assenza, nella disciplina comunitaria degli appalti, di qualsivoglia riferimento ad un'indagine in ordine all'elemento soggettivo della responsabilità, lungi dall'essere una dimenticanza, si spiega ponendo mente al fatto che, di norma, la via del risarcimento per equivalente viene percorsa qualora risulti preclusa quella della tutela in forma specifica; la reintegrazione in forma specifica rappresenta, peraltro, in ambito amministrativo l'obiettivo tendenzialmente primario da perseguire e il risarcimento per equivalente costituisce invece una misura residuale, di norma subordinata all'impossibilità parziale o totale di giungere alla correzione del potere amministrativo, come dimostra, d'altra parte, anche la vicenda giurisprudenziale e normativa relativa alla dichiarazione di inefficacia del contratto d'appalto, come da ultimo risolta per effetto del d.lgs. n. 53-2010, le cui previsioni sono confluite nel Codice del processo amministrativo agli artt. 121 e ss.
In tal modo, dunque, il ricorrente che non ottiene direttamente il bene della vita a cui aspira, ossia la riedizione della gara o l'aggiudicazione definiva può aspirare alla monetizzazione del pregiudizio subito; se, tuttavia, anche tale ultima via di ristoro venisse resa impraticabile o assolutamente impervia, il privato rischierebbe di restare sprovvisto di qualsiasi forma di tutela.
Quanto prefigurato è esattamente ciò che accade qualora una normativa nazionale subordini il risarcimento del danno al positivo riscontro della colpa della stazione appaltante”
a cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla decisone numero 1833  del 27 marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato

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