il bando non poteva plausibilmente essere considerato, ex ante, di portata sostanzialmente e sicuramente “escludente” nei riguardi della società interessata
secondo la Adunanza Plenaria, le uniche eccezioni in base alle quali sia possibile riconoscere la legittimazione a impugnare una procedura di affidamento anche da parte di un soggetto che non ha partecipato a tale procedimento, sono esclusivamente le seguenti: a) il soggetto che non ha partecipato alla gara contesta in radice la scelta di indizione della procedura; b) l'operatore economico di settore contesta un affidamento diretto o senza gara; c) l'operatore manifesta la intenzione di impugnare una clausola del bando escludente in relazione alla illegittima previsione di determinati requisiti di qualificazione (in termini vedi anche CdS, III, n. 5261/2011).
Ebbene, la ricorrente, com’è pacifico in punto di fatto, non ha presentato domanda di partecipazione alla gara di cui trattasi e non rientra in alcuna delle tre ipotesi sopra descritte. Sicuramente non rientra nelle prime due, ma nemmeno nella terza di esse, dal momento che il bando non poteva plausibilmente essere considerato, ex ante, di portata sostanzialmente e sicuramente “escludente” nei riguardi della società interessata.
In proposito, occorre del resto ribadire, in armonia con il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa¸ come la regola per cui le clausole dei bandi di gara che prevedono requisiti e modalità di partecipazione sono immediatamente lesive e devono essere impugnate immediatamente dai soggetti interessati, senza attendere l'adozione di appositi provvedimenti di esclusione del concorrente, presuppone che le disposizioni del bando siano assolutamente chiare ed univoche nel loro contenuto precettivo e non richiedano alcuna significativa attività interpretativa né da parte dei destinatari del bando, né degli organi dell'amministrazione che ne debbano fare applicazione.(Consiglio Stato , sez. V, 07 novembre 2007, n. 5776). Nella specie le clausole censurate non precludevano la partecipazione alla gara della società ricorrente. Esse pertanto non erano produttive, di per sè, di alcun pregiudizio certo ed immediato, ma avrebbero determinato, al più, con la loro applicazione, ove sfavorevole alla ricorrente, se questa avesse partecipato alla gara, soltanto un pregiudizio eventuale, futuro e incerto, per il caso appunto di mancata aggiudicazione.
Né si trattava di clausole subito impugnabili perché volte ad imporre all'interessata ai fini della partecipazione condizioni manifestamente incomprensibili o irrazionali o implicanti oneri partecipativi del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della gara o della procedura concorsuale. Che di ciò non si trattasse, d’altra parte, emerge all’evidenza oltre che dalla piana lettura degli atti di gara e dalle analitiche difese dell’Amministrazione, dalla stessa circostanza, cui si è già sopra fatto cenno, che la gara stessa , secondo quanto è stato (sebbene genericamente) rappresentato in pubblica udienza, pare essersi comunque utilmente conclusa per la stazione appaltante con l’affidamento dell’appalto.
In questa prospettiva, trova quindi conferma, nel caso di cui trattasi, il tradizionale orientamento per cui il bando di gara, o la lettera di invito, sono normalmente impugnabili con l'atto applicativo, conclusivo del procedimento concorsuale, in assenza di clausole impeditive dell'ammissione del potenziale concorrente alla selezione. In assenza di tali clausole, subito lesive in quanto immediatamente conformanti in termini negativi la posizione del soggetto interessato (e per il quale, dunque, in una situazione del genere, la partecipazione alla gara sarebbe inutile e non potrebbe che portare ad esiti espulsivi o negativi assolutamente prevedibili ed applicativi), il ricorso alla tutela giurisdizionale deve essere rinviato (anche per ciò che attiene alla contestazione della lex specialis) all’impugnativa dell’atto conclusivo della procedura ed applicativo del bando stesso.
Nello specifico, certamente non erano immediatamente lesive (a tal punto da rendere inutile ogni possibilità di partecipazione) le modalità di determinazione dei criteri di selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (che la lex specialis peraltro analiticamente specifica) o l’asserita commistione di elementi valutativi dell’offerta sul piano qualitativo con elementi riguardanti le capacità soggettive dei concorrenti (in proposito, nei termini della non immediata impugnabilità del bando per casi del genere, vedi del resto CdS, VI, n. 3740/2010) o, ancora, le connotazione del progetto e la ripartizione di punti tra elementi qualitativi e quantitativi dell’offerta (sul punto peraltro l’Amministrazione replica con assunti prima facie affatto peregrini), ovvero ancora la determinazione delle modalità dell’offerta con presentazione di ribassi distinti per lavori e per servizi (avendo peraltro in proposito chiarito, la P.A. in sede difensiva, la confluenza, alla stregua di specifiche disposizioni di bando, dei due ribassi in un unico dato numerico)
In definitiva l’Amministrazione, a fronte di un appalto, come quello di cui trattasi, comportante prestazioni richiedenti celerità ed affidabilità di interventi, si è sicuramente premunita con predisposizioni di regole e requisiti partecipativi rigorosi, e tuttavia, tali elementi, in quanto non automaticamente preclusivi di partecipazione per l’odierna ricorrente, avrebbero bensì potuto essere censurati da quest’ultima, ma solo all’esito di una partecipazione alla gara stessa che si fosse conclusa sfavorevolmente per la medesima società istante.
Alla stregua delle esposte considerazioni, il proposto ricorso deve essere dunque dichiarato inammissibile, per difetto di lesività immediata dell’atto impugnato, mentre le spese di giudizio, che seguono la soccombenza, sono liquidate nel dispositivo
a cura di Sonia Lazzini
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