La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la stazione appaltante abbia illegittimamente utilizzato l’istituto ex art. 46 del d. lgs. n. 163 del 2006, al fine di richiedere ai professionisti associati di specificare il possesso, da parte di ciascuno di essi, dei rispettivi requisiti, già dichiarati cumulativamente.
Tale modus operandi della stazione appaltante, invero, non appare in violazione di norme, atteso che è volta ad un chiarimento di documentazione già tempestivamente prodotta in sede di partecipazione alla gara.
L’art. 46 del d. lgs. n. 163 del 2006 espressamente attribuisce all’amministrazione appaltante la facoltà di invitare le imprese a chiarire certificati, documenti, dichiarazioni presentati.
Tale facoltà, espressione di un corretto esercizio del c.d. “dovere di soccorso” è consentito ove sia esercitato secondo i principi generali della buona fede e della ragionevolezza, raccordato all’esigenza di carattere generale delle pubbliche gare di consentire la massima partecipazione, che potrebbe essere compromessa da carenze di ordine meramente formale.
Naturalmente, la richiesta di completamento della documentazione o delle dichiarazioni presentate o di trasmissione dei necessari chiarimenti è rimessa al prudente apprezzamento dell’amministrazione, senza che, in assenza di regole tassative e di preclusioni imposte, l’esercizio di tale facoltà possa configurare una violazione della par condicio dei concorrenti e non vi sia una modificazione del contenuto della documentazione prodotta (cfr. Cons. stato, sez. I, 18 marzo 2009, n. 701; sez. III, 31 dicembre 2010, n. 39288; sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 6281).
a cura di Sonia Lazzini
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