martedì 9 ottobre 2012

non esiste un modello tassativo e vincolante per la formulazione dei criteri di valuzione offerte

I criteri debbono essere obbligatoriamente indicati nel bando (art. 83 del codice dei contratti) ma non è detto (e non sarebbe neppure concepibile) che debbano essere così precisi e dettagliati da risultare vincolanti, escludendo ogni margine di discrezionalità della commissione.

D’altra parte non esiste un modello tassativo e vincolante per la formulazione dei criteri.


L’unico modello normativo è quello indicato dall’art. 83, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 163/2006. Esso consiste in un elenco (dichiaratamente esemplificativo) delle “voci”, fra le quali dovrà essere distribuito il punteggio complessivo, in modo che a ciascuna voce corrisponda un punteggio massimo. Le voci suggerite dall’art. 83, comma 1, sono : (a) prezzo; (b) qualità; (c) pregio tecnico; (d) caratteristiche estetiche e funzionali; (e) caratteristiche ambientali e contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali; (f) costo di utilizzazione e di manutenzione; e così via.

12.2. E’ compito dell’autorità che emana il bando scegliere, fra i criteri elencati nel comma 1, quelli appropriati alla natura e all’oggetto del contratto, stabilendone poi il “peso” relativo mediante la ripartizione del punteggio. Qualora la ripartizione numerica del punteggio risulti oggettivamente impraticabile (comma 3) sarà comunque doveroso elencare le “voci” in ordine decrescente di importanza. A discrezione dell’autorità procedente, alle voci suggerite dal comma 1 potranno esserne aggiunte altre; inoltre, “ove necessario” (comma 4), le voci dell’elenco potranno essere articolate in sottovoci con ulteriore ripartizione del punteggio.
12.3. In linea di pura massima, dunque, un bando che si limiti ad indicare talune delle “voci” di cui all’art. 83, comma 1, con l’indicazione dei rispettivi punteggi (o, al limite, la mera indicazione dell’ordine di importanza) presenta il contenuto minimo sufficiente per soddisfare le prescrizioni dell’art. 83.
Beninteso, ciò non significa che tanto basti a rendere il bando sufficiente (e legittimo) nel contesto di qualsivoglia fattispecie. Si è visto, infatti, che nella formulazione dei criteri l’autorità è chiamata a compiere una serie di scelte discrezionali: (a) la selezione, fra le voci elencate nel comma 1, di quelle appropriate alla natura e all’oggetto del contratto; (b) l’eventuale aggiunta di altre voci; (c) l’eventuale suddivisione delle voci in sottovoci (“subcriteri”); (d) l’assegnazione ad ogni voce (o criterio) e ad ogni sottovoce (o subcriterio) del relativo punteggio o quanto meno dell’ordine di importanza.
Trattandosi di scelte discrezionali, ciascuna di esse sarà, per definizione, sindacabile. Ma è chiaro, a questo punto, che il vizio ipotizzabile potrà essere solo quello dell’”eccesso di potere” con riferimento alle sue figure classiche: illogicità, incoerenza, incongruità, sperequazione, e via dicendo. E sarà onere del ricorrente dimostrare che il bando presenta questi vizi, in concreto e in rapporto alla natura del contratto, di tal che l’applicazione di quella tabella di punteggi (proprio perché inappropriata, inadeguata, lacunosa, etc.) porterà prevedibilmente ad un risultato falsato


D’altra parte, se è vero che la specificazione dei criteri risponde allo scopo di consentire agli offerenti di formulare le proprie offerte nel modo più conveniente, è anche vero che tale esigenza non si pone nello stesso modo in tutti gli appalti. Così, chi deve offrire un’autovettura è interessato a sapere se il committente darà più peso alla robustezza piuttosto che alla velocità, alla comodità piuttosto che all’estetica. Ma nel caso in esame il bando era corredato di un capitolato tecnico di un centinaio di pagine (allegati inclusi) sicché non era ragionevolmente possibile dire che i concorrenti non fossero in condizione di sapere che cosa esattamente si volesse da loro (e infatti Controinteressata ha presentato l’offerta senza problemi risultando seconda classificata fra diversi concorrenti)

a cura di Sonia Lazzini

 decisione numero 5111 del 27 settembre  2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

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