In primo luogo va esclusa la risarcibilità delle spese sostenute per la partecipazione alla gara.
Come ormai più volte statuito da questo Consiglio, al di fuori delle ipotesi di responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione - ad esempio in presenza di una revoca della gara o di illegittima esclusione dalla stessa - nelle quali viene risarcito l’interesse c.d. negativo, la voce di costo in questione sarebbe comunque stata sostenuta dall’impresa anche in caso di aggiudicazione del servizio, per cui la stessa deve ritenersi incorporata nella differenza tra ricavi e costi all’esito del quale si ottiene utile ritraibile dal servizio medesimo (ex plurimis: sez. VI, 18/3/2011, n. 1681).
Il quale utile, in mancanza di ulteriori allegazioni da parte dell’odierna appellante, costituisce l’unica posta risarcitoria astrattamente configurabile nella presente fattispecie, venendo in essa in rilievo un danno da mancata aggiudicazione, rapportabile al c.d. interesse positivo, ovvero al risultato economico che l’impresa avrebbe realizzato grazie allo svolgimento del servizio, non conseguito a causa dell’illegittimità consumatasi in suo danno nella procedura di affidamento.
Nondimeno, non può fondatamente essere invocato a questo riguardo il criterio del 10% dell’offerta previsto dall’art. 345 l. 2248/1865, all. F.
Anche a questo riguardo il più recente indirizzo della giurisprudenza amministrativa, ormai consolidatosi, ha chiarito che il suddetto criterio di commisurazione, previsto per il diverso caso del recesso dal contratto da parte dell’amministrazione, stante il suo carattere forfettario e meramente presuntivo, risulta in generale sovrastimato rispetto alla realtà del mercato dei servizi aggiudicati dalle pubbliche amministrazioni, nei quali si attua un confronto competitivo tra più offerenti il quale inevitabilmente conduce ad una tendenziale riduzione dei margini di profitto. Secondo questo orientamento, quindi, dall’automatismo insito nell’applicazione del ridetto criterio deriverebbe uno sviamento della funzione “compensativa” del risarcimento per equivalente, cioè la reintegrazione della sfera giuridica del danneggiato, consentendo a questo una indebita locupletazione dal fatto illecito altrui (cfr. Sez. V, 4/3/2011, n. 1385).
Considerazioni analoghe possono essere svolte a proposito del criterio di quantificazione del 5%, proposto dall’appellante in via gradata.
Anche in questo caso si tratta di un parametro presuntivo medio che astrae completamente dalla specifica realtà aziendale e che risulta del tutto sfornito di prova.
Sul punto giova osservare che il suddetto criterio avrebbe potuto essere corroborato attraverso l’offerta di elementi di prova (essenzialmente ritraibili dall’argomentata ostensione dei bilanci riferiti agli anni corrispondenti alla durata del servizio oggetto di gara) dai quali ricavare la redditività media dell’attività oggetto di appalto o di attività analoghe per tipo di prestazioni, processi di produzione e andamento dei costi.
Ciò non è stato in alcun modo fatto, per cui, chiarita la valenza meramente presuntiva degli anzidetti criteri forfetari, e precisata l’assenza nel caso di specie di elementi di gravità e precisione ai sensi dell’art. 2729 c.c., appare palese il mancato assolvimento dell’onere probatorio imposto al deducente dal disposto dell’art. 2697 c.c., che secondo la pacifica giurisprudenza amministrativa è integralmente applicabile alla domanda risarcitoria azionata nel processo amministrativo, nell’ambito della quale la parte privata opera su un piano di perfetta parità con l’amministrazione (trattandosi, in tale fase, di fatti ed elementi, anche indiziari, ordinariamente nella disponibilità della parte che agisce), sicché non è giustificato l’impiego, da parte del giudice, dei poteri di supplenza alle attività probatorie della parte, tipici del modello acquisitivo del giudizio impugnatorio.
In ragione della reciproca soccombenza le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti costituite in questo giudizio d’appello, mentre, per quanto concerne le appellate non costituite, la medesima statuizione va supportata avuto riguardo alla incolpevole posizione delle parti rispetto alle determinazioni assunte dalla stazione appaltante in sede di gara.
decisione numero 2258 del 18 aprile 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato
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