L’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, come noto, detta i presupposti che, in via alternativa, possono legittimare l’esercizio del potere di revoca da parte dell’Autorità amministrativa competente, vale a dire: sopravvenuti motivi di pubblico interesse; mutamento della situazione di fatto; nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
L’ordinamento, quindi, ammette la revoca di provvedimenti amministrativi diventati inopportuni in base a nuove circostanze sopravvenute ed anche per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (Cons. Stato, sez. V, 18 gennaio 2011, n. 283).
Nella fattispecie, L’ATER ha ritenuto di dover revocare gli atti della gara in questione, facendo espressa applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 che, come si legge nello stesso atto, consente l’esercizio del potere di revoca di atti amministrativi per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, nel caso di mutamento della situazione di fatto che ha dato origine al provvedimento da revocare ed a seguito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
Le circostanze sopravvenute, diversamente da quanto dedotto dal RTI ricorrente, sono state puntualmente e minuziosamente elencate nel provvedimento di revoca e, sulla base della nuova situazione, diversamente valutato è risultato l’interesse pubblico originariamente considerato.
Esse, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente RTI, non appaiono né generiche né determinate dall’arbitrio dell’Amministrazione, che volontariamente ha deciso di utilizzare le somme destinate alla gara per far fronte ad altri impegni.
Invero, che l’ATER abbia dovuto impegnare cospicue somme di Bilancio per far fronte agli interventi già appaltati in ragione della mancata erogazione da parte della Regione Lazio delle somme dovute per gli appalti aggiudicati, ovvero che a carico dell’Azienda siano in corso dei pignoramenti e, quindi, in sostanza a causa del mancato rispetto degli impegni assunti da parte della Regione stessa e, non da ultimo, la recente disposizione che ha istituito l’imposta municipale (IMU), che comporterà, per l’Azienda intimata, la necessità di prevedere adeguate risorse in Bilancio, sono tutte ragioni che, di fatto, hanno comportato una diversa valutazione dell’interesse pubblico, determinando un ridimensionamento della programmazione dell’attività di manutenzione del patrimonio immobiliare.
La revoca, quindi, si è resa necessaria stante le specifiche ragioni che l’hanno determinata. Sono state infatti chiaramente indicate (e non risultano manifestamente irragionevoli) le ragioni di pubblico interesse (attuale e concreto) che hanno determinato l’adozione dell’atto di autotutela e che risultano prevalenti rispetto agli altri interessi militanti in favore della conservazione degli atti oggetto della revoca.
Del resto, la giurisprudenza ha chiarito che, in materia di contratti della P.A., il potere di non procedere all’aggiudicazione (definitiva o provvisoria) di una gara ben può trovare fondamento, in via generale, in specifiche ragioni di pubblico interesse (Cons. Stato, Sez. III, 15 novembre 2011, n. 6039; Sez. VI, 17 marzo 2010, n. 1554)
passaggio tratto dalla sentenza numero 6024 del 2 luglio 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma
Né può giungersi a diversa conclusione in relazione alla circostanza che l’amministrazione nell’atto di revoca non ha indicato anche l’ammontare dell’indennizzo da liquidare alla parte, così come previsto dai commi 1 bis e 1 ter dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990.
Per giurisprudenza costante, infatti, l’eventuale mancata previsione dell’indennizzo non ha efficacia viziante o invalidante dell’atto di revoca ma legittima solo il privato ad azionare la relativa pretesa patrimoniale, anche davanti al giudice amministrativo (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 1554 del 17 marzo 2010).
L’avversata revoca risulta dunque legittima poiché adottata proprio nella discrezionale (e nella specie legittima) esplicazione di quel potere di rivisitazione per ragioni di opportunità del proprio operato specificamente conseguente ad una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario.
La acclarata legittimità della revoca importa dunque la infondatezza dell’atto di motivi aggiunti in esame, nella parte in cui di detta revoca viene chiesto l'annullamento, ma anche (conseguentemente) della parte in cui con esso viene chiesto il risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale nei limiti sia delle spese inutilmente sopportate per la partecipazione alla gara, sia della c.d. perdita di chance, da valutare secondo il criterio equitativo di cui all’art. 1226 c.c.
Osserva il Collegio che, come noto, pur potendosi ritenere configurabile una responsabilità precontrattuale per la revoca della gara (Ad. Pl., 5 settembre 2005, n. 6; da ultimo, TAR Puglia, Bari, sez. I, 12 gennaio 2011, n. 20 e TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 5 aprile 2012, n, 1646) qualora si possa obiettivamente riscontrare il mancato rispetto dei generali canoni di correttezza in contraendo, tuttavia, purché sussista una tale responsabilità per “culpa in contraendo” a carico della Pubblica amministrazione occorre, da un lato, che il comportamento tenuto dalla P.A. risulti contrastante con le regole di correttezza e buona fede di cui all’art. 1337 cod. civ.; dall’altro, che lo stesso comportamento abbia ingenerato un danno del quale viene chiesto il ristoro.
Ora, nella specie, ad avviso del Collegio, nessun affidamento può essere stato ingenerato nel ricorrente durante le fasi di gara, se solo si considera che lo stesso ne era stato, ancorché illegittimamente, escluso.
Neanche è ravvisabile un comportamento negligente o una mancanza di vigilanza e di coordinamento sugli impegni economici da parte dell’ATER, poiché le inadempienza che hanno comportato l’impossibilità di giungere alla conclusione della procedura di gara sono derivate dalle inadempienze della Regione Lazio, nonché dalla introduzione di nuove imposte.
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