Ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’amministrazione, non rileva, poi, l’elemento psicologico, oltre a quello oggettivo (costituito – come visto – dalla condotta illegittima e dalla lesione del bene della vita da essa arrecata).
In questo senso, la Corte di giustizia UE (sez. III) ha reputato incompatibile con l’ordinamento comunitario la normativa nazionale, “la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un'amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l'applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all'amministrazione suddetta, nonché sull'impossibilità per quest'ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata” (sent. 30 settembre 2010, C-314/09).
Essa ha, dunque, configurato in modo marcatamente oggettivo la responsabilità dell’amministrazione nel particolare settore degli appalti pubblici, connotato dalla funzione ‘riparatorio-compensativa’ della tutela risarcitoria per equivalente, con cui surrogare integralmente, in presenza dei medesimi e soli presupposti di illegittimità, quella in forma specifica, rivolta al conseguimento del bene della vita ambito (aggiudicazione), nonché connotato dalla sostanziale completezza, autoconclusività e puntualità della relativa disciplina, la cui inosservanza risulta, di per sé, presuntiva di colpa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 483/2012).
9. Ciò posto, è ora possibile passare a stabilire il quantum del danno lamentato da parte ricorrente.
9.1. Il risarcimento a titolo di lucro cessante, ossia di mancato utile d’impresa, è richiesto dalla ditta Gianfrancesco Ricorrente e dalla Ricorrente 2 Costruzioni nella misura del 10% dell’offerta (pari a un importo quantificato in € 49.955,52), in conformità al criterio di cui all’art. 345 della l. n. 2248/1865, all. F.
Tale voce di danno, quantificabile col menzionato parametro presuntivo del mancato guadagno, deve trovare, però, adeguato riscontro probatorio in ordine alla impossibilità per l’impresa ricorrente di utilizzare i mezzi e la manodopera lasciati disponibili per altri lavori, ben potendosi inferire, in assenza di una simile prova, che l’impresa stessa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per l’esecuzione di altri appalti, riducendo in parte la propria perdita di utilità (principio dell’aliunde perceptum: cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 6666/2003; TAR Sicilia, Palermo, sez. II, n. 239/2004).
Nella specie, tale prova non risulta fornita. Con la conseguenza che il risarcimento deve essere ridotto in via equitativa del 50%, per così ragguagliarsi al 5% dell’importo offerto in gara (€ 492.288,14 x 5% = 24.614,41) (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 5860/2004; sez. IV, n. 6059/2006; n. 6456/2006; sez. VI, n. 6608/2006; n. 1114/2007; sez. IV, n. 4722/2007; sez. V, n. 1666/2008; sez. VI, n. 2751/2008; n. 115/2012; TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, n. 90/2008; TAR Campania, Salerno, sez. I, n. 203/2008; TAR Lazio, Latina, sez. I, n. 355/2008; TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 6820/2008; TAR Sardegna, sez. I, n. 1721/2008; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, n. 980/2010).
Tratto dalla sentenza numero 3104 del 29 giugno 2012 pronunciata dal Tar Campania, Napoli
9.2. Non è da reputarsi risarcibile il danno emergente, corrispondente ai costi di partecipazione alla gara e quantificato dai ricorrenti nella misura di € 9.991,10.
Detti costi si colorano, infatti, come danno emergente solo nei casi di illegittima esclusione (dove viene in considerazione la pretesa del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili), e non nei casi di danno per mancata aggiudicazione o per perdita della possibilità di aggiudicazione, in quanto la partecipazione alle gare d'appalto comporta per i partecipanti spese che, ordinariamente, restano a carico delle imprese medesime sia in ipotesi di aggiudicazione sia in ipotesi di mancata aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 1180/2009; n. 1681/2011; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, n. 689/2012).
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