Le somme così determinate sono insuscettibili di riduzione ai sensi dell’art. 1227 del codice civile, richiamato dall’art. 124, comma 1, del codice del processo amministrativo,
atteso che la mancata proposizione della domanda di aggiudicazione ed il rifiuto di subentrare nell’esecuzione del contratto stipulato con l’ATI controinteressata, di cui alla intercorsa corrispondenza del 14 luglio 2010, appare giustificato dalla natura della prestazione dedotta in contratto e dallo stato di avanzamento dei lavori, quasi integralmente eseguiti al tempo in cui l’amministrazione comunale si era determinata a chiedere il subentro (cfr. doc. n. 8 ricorrente).
Dall’esame del conto economico (doc. 9 di parte ricorrente) emerge che dall’esecuzione del contratto oggetto della gara le parti ricorrenti si ripromettevano di conseguire un utile pari a € 124.962,00.
Tuttavia, il risarcimento del danno per mancata percezione dell’utile non può essere liquidato nella misura specificamente indicata nel suddetto documento.
Infatti, per costante giurisprudenza, l’entità del danno risarcibile deve essere ridotta equitativamente se l’operatore economico non fornisce in giudizio la prova dell’assenza dell’aliunde perceptum.
In altri termini, la vocazione imprenditoriale degli operatori che partecipano alle gare di appalto pubbliche induce a presumere che gli stessi, pur non avendo conseguito l’aggiudicazione anelata, abbiano impiegato le proprie risorse nell’esecuzione di altre attività lucrative, sicchè l’impresa che non prova di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze per altri servizi, non può pretendere che il lucro cessante da mancata aggiudicazione venga risarcito per l’intero.
Procedendo ad una liquidazione di natura equitativa, si deve applicare, alla somma sopra indicata come mancato utile risarcibile, una percentuale di riduzione del 20%. Per cui l’importo riconoscibile come lucro cessante deve essere ridotto a 99.969,60 euro.
Tratto dalla sentenza numero 564 del 5 giugno 2012 pronunciata dal Tar Sardegna, Cagliari
16. - Deve, inoltre, essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno curriculare quale ulteriore profilo del lucro cessante.
In linea di principio, la giurisprudenza ammette che tale voce di danno sia risarcibile, posto che il mancato arricchimento del curriculum professionale dell’impresa danneggiata dal provvedimento illecito pregiudica la sua capacità di competere nel mercato e diminuisce le chances di aggiudicarsi ulteriori affidamenti (cfr. Tar Sardegna, Sezione I, 17 giugno 2011, n. 609; C.d.S. n. 2850/2011 cit.; Tar Napoli Campania, 25 maggio n. 1279).
Poiché le odierne ricorrenti avrebbero sicuramente conseguito l’aggiudicazione se l’amministrazione appaltante avesse agito correttamente, e considerata la peculiarità dell’intervento oggetto della concessione, la mancata possibilità di inserire la sua esecuzione nel proprio curriculum va risarcita nella misura del 10% della somma liquidata per mancata percezione dell’utile.
Le somme così determinate sono insuscettibili di riduzione ai sensi dell’art. 1227 del codice civile, richiamato dall’art. 124, comma 1, del codice del processo amministrativo, atteso che la mancata proposizione della domanda di aggiudicazione ed il rifiuto di subentrare nell’esecuzione del contratto stipulato con l’ATI controinteressata, di cui alla intercorsa corrispondenza del 14 luglio 2010, appare giustificato dalla natura della prestazione dedotta in contratto e dallo stato di avanzamento dei lavori, quasi integralmente eseguiti al tempo in cui l’amministrazione comunale si era determinata a chiedere il subentro (cfr. doc. n. 8 ricorrente).
18. - La cifra liquidata a titolo di lucro cessante costituisce un debito di valore soggetto a rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT, da computarsi dalla data della stipula del contratto da parte dell’impresa che è rimasta illegittima aggiudicataria fino alla data di deposito della presente sentenza. Sulla somma rivalutata saranno dovuti gli interessi legali dalla data di deposito della sentenza fino all’effettivo soddisfo (cfr. T.A.R. Napoli Campania sez. VIII, 9 febbraio 2012, n. 689).
19. - Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto nei limiti sopra specificati. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
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