lunedì 9 aprile 2012

riconosciuta la responsabilità precontrattuale, il danno è quantificato in 21.000 euro

La domanda risarcitoria può invece trovare accoglimento nei limiti della culpa in contrahendo nei sensi di seguito illustrati.

Ormai in varie occasioni la giurisprudenza ha riconosciuto il ristoro risarcitorio per difetto della buona fede nelle trattative nonostante la scrutinata legittimità dell’atto di autotutela, nella considerazione che proprio la correttezza del ripensamento potrebbe ben evidenziare l’imprudenza della PA nell’aver intrapreso la fase contrattuale poi (motivatamente) abbandonata in mancanza dei necessari presupposti e requisiti, fuorviando così l’incolpevole partecipante o aggiudicatario (sul punto cfr. Tar Lazio n. 6911/06, mentre più in generale sulla rilevanza risarcitoria ex art. 1337 c.c. anche all’interno dell’attività amministrativa di evidenza pubblica sussiste ormai una pacifica convergenza giurisprudenziale dopo Cons. Stato A.P. n. 6/2005).

Nel caso di specie si è sopra visto come il Comune intimato abbia concorso –con una negligente predisposizione della lex specialis in ordine alla omessa ricognizione preventiva del patrimonio civico da dare in gestione- agli errori di formulazione dell’unica offerta presentata, con la conseguente necessità di procedere all’autoannullamento della procedura intrapresa, giunta fino all’aggiudicazione definitiva, conseguendo cioè un titolo che l’avrebbe abilitata alla stipula del contratto.

In un tale contesto va dunque valorizzata la posizione soggettiva della ricorrente sotto il profilo risarcitorio di un danno ex art. 1337 c.c. causato dalla superficiale condotta della PA intimata nella direzione e pianificazione di gara, a sua volta tradottasi in abuso della libertà negoziale (senza necessità di ulteriori indagini sull’elemento soggettivo, anche ai sensi di quanto statuito da Corte di Giustizia, Sezione III, con sentenza del 30.9.2010 in C-314/09).

Ritiene peraltro il collegio di puntualizzare che in materia di responsabilità precontrattuale può esser fatto valere il solo interesse negativo e cioè l’interesse a non intraprendere o proseguire trattative inutili.

Passaggio tratto dalla sentenza numero 198 del 29 marzo 2012 pronunciata dal Tar Abruzzo, l’Aquila

Più precisamente, è risarcibile sia il danno emergente, rappresentato dalla spese inutilmente sostenute, sia il lucro cessante, rappresentato dalle altre occasioni favorevoli perse (ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2680).

La prova di tali danni spetta, in linea con l’inquadramento di tale responsabilità nell’ambito della responsabilità civile, alla parte lesa (Consiglio di Stato, sez. V, 10 novembre 2008, n. 5574).

Nel caso di specie, la ricorrente ha richiamato un esborso per spese inutilmente sostenute in previsione della conclusione del contratto pari ad euro 21.048,01 a cui sono state aggiunte le perdite sofferte dalla ricorrente per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali nel periodo che va dall’aggiudicazione definitiva alla revoca (in considerazione del legittimo affidamento ingenerato in ordine all’imminente impiego di risorse economiche, umane e di mezzi); in particolare, la ditta avrebbe rinunciato alla partecipazione di almeno tredici procedure di gara specificamente individuate, con una sommatoria degli importi a base d’asta pari a 5.297.430,12; in via equitativa si è pertanto quantificato un danno da chance di euro 158.922,90, pari ad un valore del 3% rispetto al monte lavori complessivo. Così per un totale pari ad euro 179.970,91, oltre ad interessi e rivalutazione.

Ritiene peraltro il collegio che solo le spese di partecipazione alla gara risultano adeguatamente comprovate (cfr. documentazione depositata agli atti di causa il 23.11.11, sulla quale nulla ha peraltro specificamente controdedotto il resistente patrocinio), mentre non altrettanto può dirsi per quelle afferenti al presunto mancato guadagno.

Va infatti precisato che se è vero che la qualificazione della responsabilità come precontrattuale non impedisce il ristoro del danno da perdita di "chance", tuttavia, la parte che invoca tale tipo di danno ne deve fornire la prova rigorosa, in quanto le occasioni favorevoli di cui si lamenta la perdita non devono essere astratte, ma avere un minimo di concretezza, che non può essere integrata – come insegna la giurisprudenza - nemmeno dalla produzione di bandi pubblicati per analoghi appalti nel periodo in questione (cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, n. 20/10, Tar Sicilia CT III sez. n. 655/11). Nel caso di specie la ricorrente –come sopra visto- ha desunto il suo presunto danno da perdita di chance limitandosi ad elencare tredici procedure di gare intercorse fra l’aggiudicazione e la revoca (ovviamente senza alcuna domanda di partecipazione), quantificando il chiesto risarcimento nel 3% sulla sommatoria complessiva degli importi di tali gare.

Trattasi all’evidenza di un apporto probatorio del tutto insufficiente a giustificare il riconoscimento della voce risarcitoria in questione. Come sopra anticipato, infatti, il danno da chance da mancata occasione partecipativa è soggetto ad una dimostrazione rinforzata rispetto al danno da chance che scaturisce da una illegittima esclusione, poiché solo in quest’ultimo caso i requisiti di partecipazione alla gara (e lo stesso interesse a prenderne parte) risultano ex se riconosciuti, laddove invece, nell’ipotesi di una selezione asseritamente trascurata per dare attenzione ad altra procedura di appalto poi azzerata dall’amministrazione, occorre dimostrare in primo luogo il possesso delle condizioni di prequalificazione per ogni singola competizione “mancata”, salvo poi parimenti dare conto di una struttura d’impresa non in grado di tollerare simultaneità organizzatorie su più fronti (adempimenti probatori questi ultimi non riscontrati negli atti di causa).

In conclusione, va respinta la domanda di annullamento e/o la domanda di risarcimento in forma specifica, mentre l’istanza risarcitoria va limitata al solo danno emergente precontrattuale ex art. 1337 c.c., quantificato nella misura di euro 21.048,01. La somma così definita dovrà essere aumentata della rivalutazione monetaria e degli interessi legali da calcolarsi fino alla data di notifica della domanda giudiziale e, successivamente, dei soli interessi legali fino al soddisfo.

sentenza numero 198 del 29 marzo 2012 pronunciata dal Tar Abruzzo, l’Aquila

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