martedì 7 febbraio 2012

non è consentito l'accesso agli atti per confermare sospetti su mancata gara

La legge vieta forme di controllo generalizzato anche nei casi in cui sussista un interesse del richiedente.



La richiesta della società è invece rivolta ad una indeterminata serie di atti adottati per una specifica finalità in un ampio arco di tempo e in un certo ambito territoriale.

La struttura oggettiva della richiesta configura una forma di controllo generalizzato e non quella dell'accesso puntuale ad atti determinati prevista dalla legge n. 241.



Non è pertanto sufficiente dimostrare l'interesse del richiedente per rientrare negli ampi ma assai precisi termini segnati dalla legge n. 241 per l'accesso ai documenti amministrativi.


L'interesse dichiarato dall'impresa di trasporto ricorrente in primo grado è diretto ad acquisire una documentazione utile a confermare il sospetto del mancato ricorso a procedure di gara da parte degli enti interessati, allo scopo di consentire all’impresa stessa di tutelare i suoi interessi per essere stata impedita dal competere per l'affidamento nei termini di legge.

Questo tipo di interesse, se è mirato a controllare tutti i possibili casi verificatisi in un determinato arco di tempo, non esclude affatto ed anzi conferma che la richiesta che egli rivolge ha un carattere generalizzato e perciò fuoriesce dalla procedura di accesso configurata dalla legge n. 241 a tutela di specifici e concreti interessi connessi alla conoscenza di atti determinati della Pubblica amministrazione, che a tali interessi siano direttamente conferenti

La disposizione di cui all'articolo 24, comma 3, della legge n. 241/1990 esclude le richieste generalizzate anche se lo scopo dichiarato è quello di scoprire se siano intervenuti atti (meramente ipotetici) in qualche modo lesivi degli interessi legittimi del richiedente e come tali astrattamente suscettibili di essere.
Nel caso in cui il privato abbia la certezza di essere stato leso in un suo interesse protetto da uno specifico atto, del quale tuttavia ignori gli estremi e l’esatto contenuto, la richiesta di accesso gli consente di integrare le sue conoscenze in modo da potersi rendere conto, innanzi tutto, se quella lesione sia legittima o meno, e in questa seconda ipotesi gli consente di acquisire gli elementi utili per procedere in difesa del proprio interesse. Ma è ben diverso il caso in cui il privato affermi di non sapere con certezza neppure se i suoi interessi siano stati lesi, e perciò chieda di accedere ad una serie indeterminata di atti proprio per scoprirlo

Passaggio tratto dalla decisione numero 519 dell’ 1 febbraio 2012  pronunciata dal Consiglio di Stato

Anche la eventuale fondatezza dei sospetti sottostanti la richiesta non influirebbe sul preciso limite che la legge pone alle richieste generalizzate di accesso, quale che ne sia lo scopo. In questo caso è l'oggetto della richiesta ad essere vietato. Lo stesso interesse avrebbe potuto essere fatto valere indirizzando l'accesso a casi determinati, mentre diventa estraneo alla tutela offerta dalla legge n. 241/1990 se assume la forma di una richiesta generalizzata. E' evidente che, se l’esistenza di un interesse legittimasse forme generalizzate di accesso a determinati tipi di atti, verrebbe del tutto svuotato il limite posto dall'art. 24, comma 3. Si legittimerebbero richieste, anche cautelative, volte ad verificare “se” e "quante volte" una determinata Amministrazione abbia eventualmente operato ai danni dei richiedenti, ampliando, in modo illimitato, la legittimazione a richiedere l'accesso e la stessa ratio dell’istituto dell’accesso, come definita dalla legge.
In base alle argomentazioni di cui ai punti precedenti, si deduce anche che un interesse potenzialmente suscettibile di tutela in sede di accesso agli atti, se collegato ad una richiesta generalizzata di atti, perde il richiesto carattere di strumentalità diretta, attuale e concreta e la idoneità a sostenere la richiesta. Si dà quindi luogo ad una particolare forma di carenza di interesse con riferimento al tipo di richiesta che viene avanzata. Anche esaminando la questione sotto questo profilo si giunge quindi alle medesime conclusioni di conferma del provvedimento di diniego dell’accesso impugnato in primo grado.


decisione numero 519 dell’ 1 febbraio 2012  pronunciata dal Consiglio di Stato

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