E’ noto come l’art. 30 c.p.a., pur negando la pregiudizialità del rimedio impugnatorio, e dunque ammettendo che l’azione di condanna al risarcimento del danno sia proposta anche in via autonoma, ha statuito (al 3° comma, secondo periodo) che l’omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti può condurre alla negazione del risarcimento attraverso la valutazione del comportamento complessivo delle parti alla stregua del canone dell’ordinaria diligenza.
Da qui la rilevanza –secondo quanto sottolineato dalla Adunanza Plenaria con la decisione n.3/2011- della “omessa o tardiva impugnazione come fatto che preclude la risarcibilità dei danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifico predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi”.
Il riferimento fatto dal legislatore “agli strumenti di tutela”, stante l’ampiezza del termine impiegato, consente di ricomprendere tra le possibili cause di esclusione del risarcimento non solo la mancata impugnazione, ma anche una impugnazione fuori termine; oltre che la omessa attivazione di altri rimedi potenzialmente idonei ad evitare il danno quali il ricorso amministrativo o l’iniziativa volta a provocare l’esercizio del potere di autotutela.
Non si può certo nascondere che la norma in questione, ove applicata in modo indiscriminato, rischia di reintrodurre in via surrettizia la pregiudiziale di annullamento ormai abbandonata, e di vanificare l’autonomia della azione risarcitoria. Ma ciò non accade ove la previsione normativa di cui all’art.30, 3° comma, secondo periodo, c.p.a. sia applicata i presenza delle condizioni seguenti:
-che esista un nesso di consequenzialità diretta tra la omissione dello strumento di tutela e la insorgenza del danno;
-che l’annullamento dell’atto lesivo, ove tempestivamente perseguito, fosse idoneo a soddisfare compiutamente l’interesse fatto valere dal ricorrente.
Orbene, entrambe le anzidette condizioni ricorrono nella fattispecie in esame.
La tempestiva proposizione del ricorso giurisdizionale avrebbe condotto, in caso di suo accoglimento, alla rimozione dell’intero procedimento di gara, dal momento che i vizi dedotti attenevano alla mancata specificazione dei criteri di valutazione delle offerte; esiste cioè una evidente consequenzialità tra il comportamento negligente del Consorzio, che con la proposizione tardiva del ricorso ha impedito la rinnovazione della gara, e la perdita di chance.
D’altra parte l’accoglimento del ricorso avrebbe consentito al ricorrente di prendere parte alla rinnovazione della gara mantenendo intatte le chances di vittoria, e senza subire alcun pregiudizio.
Per concludere sul punto, il comportamento negligente tenuto dal Consorzio preclude allo stesso il diritto al risarcimento del danno.
Consiglio di Stato con la decisione numero 6804 del 23 dicembre 2011
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