La fattispecie di responsabilità emersa dalla riforma del 2009 ha natura extracontrattuale, come si evince dalla testuale previsione della necessaria presenza dell’elemento soggettivo, doloso o colposo, per la configurazione positiva dello stessa.
Ne discende che il privato dovrà provare il danno con riferimento sia al danno emergente sia al lucro cessante, così come dovrà provare l’imputabilità del danno alla p.a. a titolo di dolo o colpa, non desumibili, secondo la più seguita giurisprudenza, dal mero dato obiettivo dell’illegittimità dell’azione amministrativa e dunque sulla base del mero superamento dei termini procedimentali, ma da accertarsi in concreto.
Il privato dovrà allora dimostrare che il superamento del termine è avvenuto in violazione delle regole proprie dell’azione amministrativa, e puntualmente dei principi costituzionali d’imparzialità e di buon andamento, delle norme di legge ordinarie imponenti celerità, efficienza, efficacia e trasparenza, dei principi generali di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza.
La cronologia che precede impone di ritenere del tutto ingiustificato il ritardo oggettivamente evidenziato; sono del tutto evidenti i “vuoti” procedimentali che costituiscono la ragione principale del ritardo
Passaggio tratto dalla sentenza numero 548 del 21 novembre 2011 pronunciata dal Tar Abruzzo, L’Aquila
Non sembra inopportuno a questo punto richiamare la fattispecie, per molti versi e certamente sul punto analoga, dell’obbligo del rispetto dei tempi del processo, conclamato nel principio apicale di ragionevole durata, la cui violazione, a prescindere dalla fondatezza della pretesa giudiziariamente azionata, è causa di responsabilità risarcitoria per lo Stato sul rilievo, comune alla fattispecie all’esame, che il mancato o ritardato esito del procedimento intrapreso costituisce, di per sé, una negativa incidenza sul patrimonio (inteso come fascio di relazioni) facenti capo al soggetto di diritti, la cui inviolabilità, in assenza di cause legali di giustificazioni, va in ogni caso garantita.
Nel caso di specie, il tempo previsto per la conclusione del procedimento costituisce lo spazio di possibile franchigia per l’Amministrazione per restare indenne rispetto all’obbligo di non violazione, mentre il suo superamento colpevole (ossia non altrimenti giustificato secondo l’ordinamento) la espone alle conseguenze risarcitorie derivanti dalla lesione di una situazione soggettiva giuridicamente tutelata.
Il mancato rispetto dei tempi del procedimento in caso di mero ritardo qualifica il danno cagionato come ingiusto e legittima ad agire per il risarcimento, nel caso di specie qualificato, anche nel quantum (secondo i principi indicati nell’Adunanza plenaria n.3/2011), dalla tempestiva impugnazione del silenzio.
(…)
Produzione del danno e nesso causale.
Altrettanto evidente è la rilevanza causale della mancata emanazione dell’atto in questione sul danno lamentato dai ricorrenti, che attendono da anni la riqualificazione urbanistica dei suoli di proprietà.
Orbene, pacifico essendo, come sopra detto, che i ricorrenti non hanno sinora ottenuto il bene della vita cui aspirano (la definizione del procedimento di riclassificazione dei suoli di proprietà), ed essendo per altro verso altrettanto pacifico che i ricorrenti aspirano legittimamente (e fondatamente, anche sulla base anche di quanto attestato dalla stessa Provincia) ad una qualche utilizzazione economica della proprietà finora preclusa dalla mancata riclassificazione, è ben possibile imputare, allo stato, proprio all’Amministrazione provinciale la persistente mancata definizione della complessiva vicenda amministrativa.
L’atto emanato (oggetto del separato ricorso n.140/2011 R.G. e di cui alla sentenza n. 499/2011), infatti, pur imponendo prescrizioni di tipo formale e procedimentale (necessità di rimettere la concreta disciplina a successivi atti attuativi e rilievi sulla scelta dello strumento di variante in concreto prescelto), oltre che sostanziale (quanto alla prescritta inedificabilità di alcune parti e relativamente alla diversa zonizzazione individuata), non ha tuttavia affatto né escluso il diritto alla diversa conformazione dei fondi, nel senso dell’attribuzione agli stessi di una qualche capacità edificatoria, né affermato la necessità di imporre ulteriori vincoli comportanti la persistente complessiva non utilizzabilità dei fondi stessi e da alcun atto del procedimento emergono tali eventualità; d’altra parte, giova aggiungere, ove pure l’avesse imposto, ovvero tale esito dovesse essere in ipotesi dovuto, in sede di definizione del procedimento, i ricorrenti ben avrebbero potuto ottenere un utile economicamente valutabile per effetto della necessaria indennizzabilità dei vincoli eventualmente reiterati.
Il che dimostra, ancora una volta, che è proprio la mancata definizione del procedimento di riconformazione la causa del danno lamentato dai ricorrenti.
Senonché, l’atto di accertamento di non contrasto emanato conferma che i ricorrenti hanno fondata aspettativa di riqualificare i suoli in senso maggiormente satisfattivo, ai fini della loro possibile utilizzazione in proprio (con iniziative economiche conformi, ben vero, alle nuove destinazioni imposte) ovvero ai fini della maggiore remuneratività degli stessi ove posti sul mercato immobiliare.
Il protrarsi indebito del procedimento (che, giova aggiungere, è tuttora bloccato per effetto della disposta riedizione del procedimento di pertinenza della Provincia per effetto di quanto statuito dalla sentenza TAR Abruzzo – L’Aquila, n.499/2011), che comporta la mancata definizione dello stesso danneggia dunque per ciò stesso i ricorrenti, essendo per quanto sopra detto acclarato che le potenzialità di sfruttamento dei suoli sono allo stato sacrificate dal ritardo nell’adozione degli atti di pertinenza dell’Amministrazione provinciale.
In tale prospettiva, solo in un certo senso, come detto, il danno è conseguente al mero ritardo, posto che non è esclusa una componente di effettivo ritardato conseguimento del bene delle vita allo stato del procedimento riconosciuto sicuramente spettante almeno per una certa parte.
III.4) Colpa dell’Amministrazione.
Del pari accertata deve ritenersi la colpa dell’Amministrazione, evidente non solo nella sopra esaminata cronologia degli atti ma anche, senza neppure entrare nel merito delle questioni sollevate dalla Provincia (e di cui alla sentenza n.499/2011 resa sul ricorso R.G. n.140/2011), dalla ulteriore circostanza, rilevante nella fattispecie, che l’Amministrazione provinciale e i suoi apparati tecnici erano perfettamente avvertiti della inerenza della vicenda procedimentale in esame ad un procedimento giurisdizionale in atto (già declaratorio dell’illegittimità del silenzio dell’Amministrazione comunale e perciò comportante la nomina di un Commissario ad acta), il che evidentemente connota il ritardo e la complessiva gestione della procedura di un grado di maggior gravità della responsabilità soggettiva dell’Ente provincia.
Giova aggiungere che la natura sostanzialmente vincolata (di accertamento costitutivo) dell’atto rimesso alla Provincia (il rilascio dell’attestato di non contrasto, ovvero la verifica, non discrezionale, ma basata sul solo parametro costituito dal vigente P.T.C.P.; cfr. ex pluris Cons. di Stato, Sez.IV. n.1493/2000 e TAR Abruzzo – L’AQUILA, n.499/2011) avrebbe imposto, ove dalla documentazione inviata fosse emerso il contrasto ovvero, per converso, non fosse evidente il non contrasto, l’emanazione di un atto espresso (e non meramente interlocutorio) negativo, che avrebbe se del caso innescato un sindacato giurisdizionale ovvero, se condiviso, una riedizione procedimentale intesa a superare l’indicazione contraria.
Il prolungamento procedimentale ha, dunque, solo ritardato l’emanazione dell’atto senza eliminare peraltro i contrasti (cfr. ricorso n.140/2011 e sentenza n.499/2011).
Non sembra superfluo evidenziare che la Provincia è individuata dalla L.R. n.11/1999, art. 44, comma 1, lett.b), come Autorità attributaria del potere sostituivo in caso di mancata definizione del procedimento da parte del Comune, nello stesso termine di un anno già imposto al Comune.
Il che rende vieppiù evidente la incongruità dei tempi che l’Amministrazione provinciale si è invece data per la definizione del procedimento di rilascio dell’attestazione di non contrasto ex art. 10 L.R. n.18/1983.
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