Richiesta di risarcimento dei danni morali e materiali cagionati alle ricorrenti in conseguenza della realizzazione di un parco giochi
Per quanto concerne la domanda relativamente <<i danni derivanti da continui rumori, grida, schiamazzi diurni e notturni, con conseguente perdita di quiete e riservatezza della vita nelle abitazioni adiacenti, oltre che con i rischi di intromissione nella proprietà delle ricorrenti medesime>> la stessa deve essere conclusivamente respinta per carenza di prova dei fatti costitutivi dell’illecito civile
l’onere probatorio attiene esclusivamente all’inquinamento acustico proveniente dall’opera realizzata: inquinamento che va specificamente provato sia nella parte relativa alle modalità dell’uso diurno (ove eccedenti la fisiologia di una struttura destinata ad area - giochi, in relazione alle normative specifiche) sia in quella relativa alle asserite frequentazioni notturne.
Passaggio tratto dalla sentenza numero 7497 del 21 settembre 2011 pronunciata dal Tar Lazio, Roma
Nel presente giudizio sono contestati, in buona sostanza, alcuni aspetti che risalgono alle modalità di progettazione e realizzazione (e conseguentemente di gestione) dell’opera in questione, e viene richiesto il risarcimento dei danni in via consequenziale. Il fatto che tali danni attengano anche al diritto fondamentale alla salute non è da sola circostanza idonea a spostare la giurisdizione in capo al giudice ordinario: infatti anche in materia di diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, quali il diritto alla salute (art. 32 cost.) - allorché la loro lesione sia dedotta come effetto di un comportamento materiale espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della p.a. di cui sia denunciata la illegittimità, in materie riservate alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, come quella della gestione del territorio - compete a detti giudici la cognizione esclusiva delle relative controversie (Cassazione civile, sez. un., 5 marzo 2010 , n. 5290).
La difesa del Comune di Ciampino eccepisce anzitutto, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per violazione della pregiudizialità amministrativa e dell’art. 1227 c.c., non essendo stata impugnata la delibera di Giunta comunale n. 80 del 26.6.2002.
Al riguardo va fatta applicazione dei principi stabiliti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 23 marzo 2011, n. 3, la quale ha ritenuto che “entrambi i principi affermati dal d.lgs. n. 104 del 2010 - quello dell'assenza di una stretta pregiudiziale processuale e quello dell'operatività di una connessione sostanziale di tipo causale tra rimedio impugnatorio e azione risarcitoria - fossero ricavabili anche dal quadro normativo vigente prima dell'entrata in vigore del codice”.
In particolare, nella specie occorre rilevare che l’omessa tempestiva impugnazione della delibera di G.C. n. 80/2002 discende dal fatto che il Comune ha dato inizio ai lavori nel gennaio 2003 e che gli inconvenienti lamentati si sono manifestati in seguito, quindi successivamente alla scadenza del termine per la proposizione dell’impugnazione in questione (decorrente per i terzi dall’ultimo giorno di pubblicazione in albo pretorio della delibera medesima): circostanze, queste, che escludono anche l’applicabilità del principio di autoresponsabilità ricavabile dall’art. 1227, comma 2, del codice civile al caso in esame.
Venendo al merito del giudizio, il Collegio ritiene di dover anzitutto disattendere la domanda relativa al profilo di cui al precedente punto 2.2.
Con esso le ricorrenti lamentano i danni derivanti da continui rumori, grida, schiamazzi diurni e notturni, con conseguente perdita di quiete e riservatezza della vita nelle abitazioni adiacenti, oltre che con i rischi di intromissione nella proprietà delle ricorrenti medesime. L’Amministrazione contesta i fatti dedotti in ordine alle frequentazioni del parco e agli orari di apertura dello stesso, affermando che si tratta di parco custodito e controlricorrente, e comunque non aperto giorno e notte. Alla stregua della relazione depositata in esito alla disposta istruttoria documentale, risulta che il giardino pubblico in questione, attrezzato e recintato, è chiuso nelle ore notturne ed ha sostituito un preesistente parcheggio pubblico non recintato che “nelle ore notturne era utilizzato anche quale luogo di incontro da parte di gruppi di ragazzi che frequentemente erano causa di schiamazzi e atti di vandalismo alle vetture in sosta”.
L’Amministrazione comunale ha altresì depositato la nota prot. 2935-7 del 9 febbraio 2010 del Comando Polizia Locale, in cui si afferma che dai “numerosi sopralluoghi” effettuati “non è emerso alcun problema relativamente al profilo di ordine pubblico”.
A fronte di questa contestazione specifica, viene in evidenza - alla stregua dei criteri classici, ora sanciti anche dall’art. 64 del cod. proc. amm. (disposizione processuale di immediata applicazione) - l’onere della prova delle circostanze allegate: esso va posto a carico delle ricorrenti, in quanto si tratta di circostanze che, anche se attengono anche ad aspetti di rilevanza pubblica, sono comunque sostanzialmente nella disponibilità delle ricorrenti (dovendosi far riferimento al criterio di cd. “vicinanza della prova” riconosciuto dalla giurisprudenza civile).
E’ decisivo rilevare, al riguardo, che le ricorrenti non hanno ritualmente chiesto, neppure dopo l’entrata in vigore del c.p.a., l’effettuazione di prove testimoniali (che richiede l’istanza di parte: art. 63, comma 3 c.p.a.), né hanno prodotto rilevazioni fonometriche, o documentazione giornalistica in ordine a fatti notori, né hanno comunque indicato altre fonti di prova all’uopo specificamente rilevanti; mentre la semplice denuncia ai Carabinieri di Ciampino non appare sufficiente a tale fine (anche perché, dal tenore della denuncia e delle risposte al relativo “verbale di ratifica” in data 1 luglio 2004 non è dato di ricavare dati univoci circa le modalità dei fatti denunciati).
Al riguardo, va precisato altresì che il Collegio non intende disconoscere i dati indirettamente ricavabili dalle certificazioni mediche in atti, relative ai disagi ricondotti alla sussistenza di fenomeni di inquinamento acustico. La stessa Amministrazione, del resto, ne riconosce la sussistenza, ma in termini più generali, facendo presente che i fabbricati dei ricorrenti sono situati “a 20 metri dalla rotatoria stradale di Ricorrente 2zza della Pace, importante arteria di collegamento della viabilità principale del paese e a circa 200 metri dall’aeroporto”. Ma in questa sede occorre attenersi all’oggetto specifico della controversia, sul quale va parametrato l’onere probatorio, che quindi attiene esclusivamente all’inquinamento acustico proveniente dall’opera realizzata: inquinamento che va specificamente provato sia nella parte relativa alle modalità dell’uso diurno (ove eccedenti la fisiologia di una struttura destinata ad area - giochi, in relazione alle normative specifiche) sia in quella relativa alle asserite frequentazioni notturne.
Neppure ritiene il Collegio di dover rimettere la parte ricorrente in termini per la produzione di tali prove e/o richieste di assunzione di mezzi di prova. Ciò comporterebbe, ad avviso del Collegio un’alterazione indebita dell’equilibrio del contraddittorio processuale, che deve svolgersi in condizioni di parità (art. 111 Cost.), considerato, in particolare:
- che il profilo dell’onere della prova è stato fatto oggetto di un’apposita deduzione difensiva dell’Amministrazione;
- che le parti ricorrenti avrebbero comunque potuto - soprattutto a seguito dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo - provvedere a soddisfare il relativo onere, anche in considerazione che la causa ha già avuto quattro trattazioni in udienza pubblica.
Per questa parte, la causa va ritenuta già matura per la decisione, e la domanda deve essere conclusivamente respinta per carenza di prova dei fatti costitutivi dell’illecito civile.
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