sabato 16 luglio 2011

Il Consiglio di Stato ritiene che l’obbligo previsto dall'art. 38 comma 1, lett. c) del d. lgs. 12 aprile 2006 n. 163, operi anche con riferimento ai titolari di poteri di rappresentanza delle imprese incorporate per fusione

anche per gli amministratori di società fuse per incorporazione in una società (incorporante) partecipante ad una gara deve essere presentata la dichiarazione attestante il requisito della moralità professionale previsto dall’art. 38, comma 1, lett. c) del d. lgs. n. 163 del 2006.


Infatti la fusione tra società, nella ipotesi di fusione impropria o per incorporazione, non comporta, anche a seguito della riforma del diritto societario (d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6), la completa estinzione della società incorporata ma determina l'integrazione della stessa nella società incorporante con una evoluzione della forma giuridica del soggetto incorporato che conserva comunque una propria riconoscibilità pur in un nuovo assetto organizzativo nel quale si determina una riunificazione soggettiva delle compagini sociali ed una riunificazione oggettiva dei patrimoni.


E, in ogni caso, si determina una prosecuzione nella società incorporante di tutti in rapporti attivi e passivi della società incorporata. Infatti il primo comma dell’art 2504-bis del c.c., prevede che “La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”.

Passaggio tratto dalla decisione numero 4323 del 15 luglio 2011 pronunciata dal Consigli di Stato


Diversamente, come correttamente affermato nella appellata sentenza, la mera e formale confluenza di un'azienda priva di requisiti di moralità, ma ampiamente dotata degli altri requisiti di partecipazione, in un'azienda non dotata dei requisiti di partecipazione ma dotata dei requisiti di moralità, consentirebbe alla prima di continuare agevolmente a concorrere alle procedure di appalto, con la conseguente facile elusione delle disposizioni poste a garanzia della moralità professionale dei partecipanti alle gare pubbliche dall'art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006.

Si deve aggiungere che, come pure giustamente affermato dal TAR, il Codice degli appalti pubblici all’art. 51 contempla espressamente la verifica della presenza dei prescritti requisiti in capo al soggetto concorrente, ove questo rimanga coinvolto in procedimento di cessione o trasformazione, per fusione o scissione, risultando cessionario o incorporante e, quindi, per coerenza sistematica, “non può essere negata la corrispondente rilevanza della successione universale della mandante Ricorrente 2 S.p.a. nelle situazioni delle due incorporate, non solo per i rapporti di dare ed avere, ma anche per le responsabilità relative alla corretta conduzione degli affari aziendali”.

5.8- Né si può giungere a conclusioni diverse facendo riferimento alla diversa fattispecie, riguardante la cessione di un ramo d’azienda, trattata nella recente sentenza di questo Consiglio (Sezione V, n. 8044 del 2011) richiamata dall’appellante.

Al riguardo, in primo luogo, occorre ricordare che parte della giurisprudenza ritiene che l’autocertificazione riguardante i requisiti di moralità per la partecipazione alla gare deve essere presentata anche per gli amministratori e i direttori tecnici di un’impresa (estranea alla gara) dalla quale la partecipante abbia acquisito un ramo d’azienda (C.G.A. per la Regione Siciliana n. 8 del 5 gennaio 2011).

In ogni caso, anche dal punto di vista sostanziale, la situazione che si determina con la cessione del ramo d’azienda, nella quale si verifica un trasferimento di un novero, anche ampio, di rapporti giuridici ad un altro soggetto, ma senza che il cedente (che continua a vivere come autonomo soggetto giuridico) resti del tutto incorporato in altro soggetto, è diversa (almeno in parte) da quella che si verifica nel caso di fusione per incorporazione.

Nella fusione per incorporazione infatti, come si è detto, la società incorporata entra a tutti gli effetti a far parte della società incorporante, che, in conseguenza, ne acquisisce i connessi oneri ed i connessi benefici, mentre nella cessione del ramo d’azienda le due società (cedente e cessionaria) conservano la loro distinta identità anche dopo l’atto di cessione.

5.9- Sottolinea peraltro l’appellante che nessuno degli amministratori delle società oggetto di fusione ha una qualche macchia nella propria fedina penale e che, nella fattispecie, anche per la mancanza di una espressa previsione di estendere, a pena di esclusione, anche agli amministratori delle società fuse o incorporate nel triennio antecedente le dichiarazioni ex art. 38, non può non essere condiviso, l’orientamento sostanzialista di parte della giurisprudenza che ammette, in taluni casi, l’integrazione della documentazione mancante.

Questa Sezione ha tuttavia già di recente precisato, in proposito, che le dichiarazioni previste dall’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 sono richieste fin dalla fase di presentazione dell’offerta al fine di consentire alla stazione appaltante una immediata e tempestiva verifica dell’affidabilità e serietà dell’aspirante contraente, tanto più che la verifica della veridicità di tali dichiarazioni è prevista soltanto a campione ed a valle del procedimento.

Ed è irrilevante la mancata previsione di un’espressa clausola di esclusione, per le ipotesi di documentazione mancante, poiché è lo stesso art. 38 del codice dei contratti a disporre l’esclusione dalle gare per i soggetti che (comma 2) non abbiano attestato il possesso dei richiesti requisiti con la prescritta dichiarazione sostitutiva (resa con le modalità di cui al DPR n. 445/2000).

Il tenore testuale della disposizione che prevede l’esclusione dalla partecipazione alla gara per le imprese che non presentano la dichiarazione sostitutiva delle apposite certificazioni, nonché la lettura sistematica e teleologica della medesima, non consentono quindi di ritenere che, alla mancata presentazione di una delle dichiarazioni prescritte, l’impresa partecipante possa rimediare con la successiva integrazione (Consiglio di Stato, Sezione III n. 1371 del 3 marzo 2011).

Si deve pertanto, sul punto, concludere che non può avere alcun rilievo, nemmeno per il principio del favor partecipationis, la circostanza che gli amministratori in questione avessero in concreto, come affermato dalla appellante, tutti i requisiti di moralità richiesti perché, come si è detto, era necessario che tali requisiti dovessero, secondo i principi generali, essere dimostrati entro il termine per la partecipazione alla gara.

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