venerdì 8 aprile 2011

le leggi regionali devono rispettare i principi di tutela della concorrenza e di uguaglianza

La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 114 del 7 aprile 2011 sancisce che:

<Ora, non vi è dubbio che le disposizioni contenute nel Codice dei contratti pubblici – per la parte in cui si correlano alle disposizioni del titolo V della parte seconda della Costituzione e, in particolare, all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), in tema di tutela della concorrenza e di ordinamento civile – devono essere ascritte, per il loro stesso contenuto d’ordine generale, all’area delle norme fondamentali di riforme economico-sociali, nonché delle norme con le quali lo Stato ha dato attuazione agli obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea.

È significativo, a questo riguardo, che con orientamento consolidato questa Corte ha affermato che «deve essere riconosciuto ai principi desumibili dalle disposizioni del Codice degli appalti la natura di norme fondamentali di riforme economico-sociali della Repubblica, come tali costituenti legittimamente limite alla potestà legislativa primaria» delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. E ciò «segnatamente per quelle norme del predetto Codice che attengono, da un lato, alla scelta del contraente (alle procedure di affidamento) e, dall’altro, al perfezionamento del vincolo negoziale e alla correlata sua esecuzione» (ex multis, sentenza n. 45 del 2010). >>

Pertanto << In questa prospettiva, come ha rilevato questa Corte, vengono in considerazione, in primo luogo, i limiti derivanti dal rispetto dei principi della tutela della concorrenza, strumentali ad assicurare le libertà comunitarie, e dunque le disposizioni contenute nel Codice dei contratti pubblici che costituiscono diretta attuazione delle prescrizioni poste a livello europeo. In tale ambito, la disciplina regionale non può avere un contenuto difforme da quella prevista, in attuazione delle norme comunitarie, dal legislatore nazionale e, quindi, non può alterare negativamente il livello di tutela assicurato dalla normativa statale.

In secondo luogo, il legislatore regionale deve rispettare i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, tra i quali sono ricompresi anche quelli afferenti la disciplina di istituti e rapporti privatistici relativi, soprattutto, alle fasi di conclusione ed esecuzione del contratto di appalto, che devono essere uniformi sull’intero territorio nazionale, in ragione della esigenza di assicurare il rispetto del principio di uguaglianza. A ciò è da aggiungere che nelle suindicate fasi si collocano anche istituti che rispondono ad interessi unitari e che − implicando valutazioni e riflessi finanziari, che non tollerano discipline differenziate nel territorio dello Stato − possono ritenersi espressione del limite rappresentato dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali>>

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