venerdì 24 maggio 2013

il difetto del requisito della regolarità contributiva comporta legittima esclusione e inammissibilità ricorso

il requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 163 del 2006 (insussistenza, a carico dell’impresa concorrente, di “…violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali …”) implica che l’impresa sia in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e dell’esecuzione del contratto,

sicché il requisito deve essere posseduto già a partire dalla partecipazione alla gara – restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva – e va conservato per tutto il tempo in cui l’impresa mantiene rapporti con l’ente appaltante fino all’estinzione del contratto,

con l’ulteriore precisazione che, poiché il d.u.r.c. si presenta come dichiarazione di scienza da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica Amministrazione nonché fidefacienti fino a querela di falso, in capo alle stazioni appaltanti non residuano margini di valutazione o di apprezzamento in ordine ai dati ed alle circostanze in esso riportati, e non incombe, quindi, l’obbligo di svolgere un’apposita istruttoria per verificare l’effettiva entità e gravità delle irregolarità contributive; in particolare, è stato chiarito che anche nel testo vigente anteriormente al decreto-legge n. 70 del 2011 la nozione di “violazione grave” (contenuta nell’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163/2006) non è rimessa alla valutazione caso per caso della stazione appaltante, ma si desume dalla disciplina previdenziale, di modo che la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica Amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni (d.u.r.c.) si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto (v. Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012 n. 8). Nella fattispecie, quindi, non avendo la ditta ricorrente contestato (v. art. 64, comma 2, cod.proc.amm.) la circostanza della pendenza di debiti insoluti presso l’INPS di Forlì alla data del 28 giugno 2011 – secondo quanto risulta dal d.u.r.c. depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato –, si presenta tale fatto in sé automaticamente ostativo all’aggiudicazione della gara alla ditta, e quindi preclusiva di qualsiasi utilità per la stessa risulta l’eventuale sua riammissione alla selezione; né, per gli stessi motivi, si può configurare un qualche pregiudizio patrimoniale ristorabile in sede risarcitoria.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di interesse

a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla sentenza   numero 301 del 22 aprile   2013  pronunciata dal Tar Emilia Romagna, Bologna

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