Resta da valutare come il predetto art. 75 del d.lgs. n. 163/2006 dovesse trovare applicazione, per determinare l’entità della cauzione provvisoria, dalla citata norma rapportata al due per cento “del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione”.
Tale prescrizione – riferita sostanzialmente al valore della commessa, da garantire nell’ipotesi di mancato perfezionamento dell’accordo – nei contratti di appalto è facilmente identificabile con le somme da corrispondere all’appaltatore per l’esecuzione dell’opera o l’effettuazione del servizio; in presenza di richiesta applicazione della medesima norma ad una concessione di servizi, tuttavia, il criterio del prezzo appare sotto svariati profili inadeguato.
Secondo l’Amministrazione appellante, infatti, dovrebbero essere coperti da garanzia tutti i proventi derivanti dalla gestione del bene pubblico, per l’intero arco temporale di durata del rapporto, in conformità alla circolare n. 49/09 (“Linee guida in materia di attivazione ed affidamento in concessione dei servizi per il pubblico negli Istituti di cultura italiani”), circolare che commisura il valore economico convenzionale della concessione alla “somma degli importi di tutte le componenti del regolamento economico dei rapporti contrattuali in questione”. Nella sentenza appellata, viceversa, si accoglie la prospettazione difensiva delle società ricorrenti, secondo cui il valore della concessione sarebbe commisurabile al “totale dei corrispettivi che il concessionario trae per la gestione del servizio”. In rapporto a tale ultima statuizione, l’appellante ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso di primo grado, per non avvenuta contestazione del valore della concessione, “così come determinato dal seggio di gara” e per omessa impugnazione della predetta circolare n. 49/09. Dette eccezioni non appaiono condivisibili: la prima (in parte assorbita dalle considerazioni di merito di seguito esposte), poiché il “petitum” sottoposto all’esame del Collegio concerne in via esclusiva una possibile lettura restrittiva dell’art. 75 del codice degli appalti, secondo cui il valore di riferimento, cui applicare la percentuale prevista per la cauzione provvisoria, riguarderebbe il “prezzo”, inteso come corrispettivo sia per l’appaltatore che per il concessionario (tesi di cui può apparire contestabile la fondatezza, ma non l’ammissibilità); la seconda, poiché la circolare, quale normativa interna, pur potendo fornire linee di indirizzo per l’azione amministrativa, non risulta vincolante per l’interprete, né costituisce presupposto di legittimità – autonomamente impugnabile – dei conformi atti di amministrazione attiva.
Quanto alle modalità di applicazione del citato art. 75 alla fattispecie in esame, appare essenziale ribadire, in primo luogo, che il “prezzo base” su cui va calcolata la cauzione provvisoria deve considerarsi coincidente con il “valore stimato”, di cui all’art. 29, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 163/2006 (cfr. anche, in tal senso, Cons. St., sez. V, 5.8.2011, n. 4712); in secondo luogo, occorre operare una trasposizione della ratio normativa alla concessione di servizi, in cui l’Amministrazione trasferisce a privati la gestione e la valorizzazione di beni pubblici, tramite servizi da rendere non all’Amministrazione stessa (come nell’appalto di servizi), ma all’utenza, con remunerazione da parte di quest’ultima (cfr. al riguardo, per quanto qui interessa, artt. 110 e 115 d.lgs. n. 42/2004).
a cura di Sonia Lazzini
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